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Giorgio Napolitano, Roberta Pinotti e il fantasma di Gheddafi. [Stefania Elena Carnemolla]

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30 Ottobre 2014 - 12.31


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di Stefania Elena Carnemolla [b]Renzi critico con la missione in Libia, eppure ha giurato nelle mani di chi l’autorizzò e suo ministro della Difesa è colei che la votò. Perché non si dimette?[/b]

Dalla Leopolda, fiera della new age renziana, dal palco con scenografia molto ritrovo da chiacchericcio, l’abusivo di Palazzo Chigi, commentando la manifestazione della Lega Nord contro gli immigrati, ha spiegato:

Se ci sono sbarchi è perché la Libia è saltata, dopo un intervento militare fatto con la logica della tecnocrazia e non della politica. La nostra Marina ha salvato ottantamila vite umane ma questa non è la scusa per rivedere l’approccio usato in Libia.

Chissà come si sarà sentita, seduta a un tavolo della grande sala stile bingo, Roberta Pinotti, ministro alla Difesa del governo Renzi, lei che dopo la notizia delle famose “fosse comuni” con i martiri di Libia invocò l’offensiva militare contro Gheddafi. Era ministro alla Difesa Ignazio La Russa:

Mi agitano molto. Sono immagini che ricordano i momenti più bui della storia dei popoli. Pochi giorni fa abbiamo ricordato le foibe ed è orribile che ancora oggi si verifichino episodi del genere.

Fosse comuni, quand’erano semplici fosse rivestite di cemento e per singolo cadavere di un cimitero libico sulla spiaggia davanti al mare di Tripoli. Un cimitero che si trovava là da tempo, ultima dimora, in particolare, di migranti annegati e lì sepolti. Un video con immagini risalenti a chissà quando, con gente del luogo che armeggiava rilassata fra pale e sacchi di cemento, che scavava qualche fossa, là, davanti al mare di Libia, niente cadaveri in giro, ecco la prova dello sterminio, si disse. Tutti caddero nella trappola. Sulla bufala delle fosse comuni fu imbastito un attacco contro un paese sovrano. Dov’erano i cadaveri? Le scene di disperazione? Le cataste di carcasse umane?

Roberta Pinotti era senatrice. Intervenendo il 23 marzo 2011 al Senato, per poco non svenne al ricordo delle fantomatiche “fosse comuni”:

[…] la missione in Libia è stata decisa tardi ed è cominciata male, ma è interesse di tutto il paese che riesca. Venerdì scorso le commissioni congiunte esteri e difesa di Camera e Senato hanno visto il gruppo del Partito Democratico votare il via libera perché venisse data attuazione alla risoluzione n. 1973 dell’Onu. La risoluzione dice che è necessario fare tutto il possibile per fermare i massacri dei civili […] Ricordiamo le immagini delle fosse comuni sulle spiagge.

E ancora, presa da fervore patriottico:

Oggi il Partito Democratico conferma con serietà, senso di responsabilità e senza furbizia e ambiguità la posizione di voto che ha espresso in commissione, che riconosceva nella risoluzione Onu quello che oggi deve fare la comunità internazionale, nello stesso spirito di quella mirabile sintesi che il presidente Napolitano ha fatto dicendo che cosa è necessario fare. Egli ha ricordato che un paese come il nostro e un continente come l’Europa non possano essere sordi alle richieste di democrazia e libertà che salgono dai popoli del risorgimento arabo.

Per poi incitare alla guerra con linguaggio alla Filippo Tommaso Marinetti:

Fa male a tutti noi sentire rombare i motori dei caccia, vedere il fumo delle bombe sganciate. Quindi, c’è della sofferenza nell’assumere queste decisioni, e sarebbe sbagliato non sottolinearlo. Ma è un assenso che comunque diamo con determinazione, senza tentennamenti.

Ecco un altro fiore all’occhiello del governo Renzi, il cui ministro alla Difesa è colei che invocò l’attacco militare contro la Libia, ora criticato da chi ha giurato, con un colpo di palazzo, nelle mani di un presidente della Repubblica che ai tempi avallò l’operazione. Coerenza vo’ cercando!

Nel frattempo, Renzi, potrebbe chiedere la testa dell’Ammiraglio di Squadra Rinaldo Veri, che il 10 marzo 2011 assunse l’incarico di Comandante Marittimo della NATO a Napoli e che dal 23 marzo al 31 ottobre, durante la crisi libica, fu comandante delle forze marittime della NATO nell’operazione Unified Protector. Oggi Rinaldo Veri è presidente del Centro Alti Studi per la Difesa, dove s’annidano, insospettabili, ufficiali dell’Esercito Italiano in odor di massoneria.

Libia, brutto affare, perché non è che l’Italia ai tempi si sia comportata granché bene (i crimini commessi in Libia dalla NATO e alleati sono ormai letteratura). Erano i giorni in cui gli studi televisivi pullulavano di ministri, strateghi da salotto, opinionisti d’accatto, con le giornaliste in collegamento dalle basi aeree in preda a orgasmo solo a sentire il rombo di quegli aerei così maschi pronti a decollare verso la Libia dell’odiato Gheddafi, di quel Gheddafi tempo prima accolto con tutti gli onori al Quirinale.

Era il 10 giugno 2009, Giorgio Napolitano, che tempo dopo avrebbe riunito il Consiglio Supremo di Difesa contro Gheddafi, dopo la visita del leader libico comunicò la sua soddisfazione per l’incontro:

Sono stato molto lieto di accogliere al Quirinale in visita ufficiale il Leader della Rivoluzione, Colonnello Moammar El Gheddafi. Si tratta della prima visita del Leader libico in Italia e in modo particolare in Quirinale, nella sede della Presidenza della Repubblica.

Questa visita cade all’indomani della firma del Trattato di Amicizia sottoscritto a Bengasi che ha chiuso “definitivamente il doloroso capitolo del passato”, ed espresso la “ferma volontà delle Parti di costruire una nuova fase” del rapporto bilaterale. Noi vogliamo che, come è scritto nel Trattato di Bengasi, questo nuovo rapporto sia caratterizzato da un forte e ampio partenariato politico, economico e in tutti i settori della collaborazione tra i due Paesi.

Le intese che i due Governi firmeranno oggi a Villa Madama contribuiranno certamente a dare il via a questa nuova fase, gettando le basi di un più intenso, molteplice partenariato tra l’Italia e la Gran Giamahiria.

L’approfondito, serio e cordiale colloquio che abbiamo avuto con il leader libico e che continuerà anche successivamente, ha costituito l’occasione per uno scambio di vedute molto interessante sulle principali tematiche dell’attualità internazionale, ed in particolare sulle prospettive dell’Africa.

Abbiamo potuto meglio conoscere e apprezzare la visione e le motivazioni che guidano l’impegno, anche personale, del Colonnello Gheddafi per la costruzione di un’Africa integrata, per il consolidamento dell’Unione Africana nata negli anni scorsi. E se da parte libica si esprime soddisfazione per quello che già siamo riusciti a costruire, e vogliamo ancora costruire, in Europa, a nostra volta io desidero esprimere grande soddisfazione per l’impegno che si è preso a costruire egualmente una Unione, un processo di integrazione, nel continente africano.

L’Italia è impegnata da sempre a rendere il Mediterraneo un’area di pace, di stabilità e di benessere, intensificando le relazioni politiche e diplomatiche con tutti i paesi della sponda sud del Mediterraneo e contribuendo allo sviluppo della politica euromediterranea. Siamo per un più forte sviluppo dei rapporti tra Unione Europea e Unione Africana e anche, specificamente, per uno sbocco positivo del negoziato su un accordo quadro tra Unione Europea e Libia.

Rimaniamo convinti dell’assoluta necessità di una soluzione per la crisi mediorientale basata sul riconoscimento delle ragioni delle due parti, della parte palestinese e della parte israeliana, nella prospettiva di una intesa basata sulla formula “due Stati, due popoli”.

Il colloquio ci ha permesso di constatare la comunanza di vedute per lo sforzo da compiere al fine di risolvere gravi situazioni di crisi in Africa, in modo particolare lo sforzo congiunto che Italia e Libia possano portare avanti per dare soluzioni in tutti i suoi aspetti alla grave condizione della Somalia.

Vorrei dire di aver ascoltato dal Leader libico sui temi più spinosi aperti nel continente africano, parole di grande moderazione e responsabilità. In questo spirito l’Italia si predispone a ospitare e a guidare a L’Aquila nel prossimo mese di luglio l’importante incontro, anzi l’importante serie di incontri del G8, e si predispone a dare il suo contributo sempre attivo in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Grazie.

Nel 2011 Napolitano si assocerà all’attacco contro Gheddafi, invocando sin dal marzo di quell’anno l’intervento NATO, con ciò contribuendo alla destabilizzazione della Libia, con le conseguenze dell’oggi. Un intervento sollecitato e richiesto a gran voce dagli Stati Uniti, per bocca anche di Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti, che incontrerà Napolitano il 22 marzo, con notizia dell’incontro diffusa a mezzo nota:

[…] relativamente alla crisi libica Nancy Pelosi ha messo in evidenza la funzione cruciale che spetta all’Italia nell’attuazione della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: posizione risultata pienamente condivisa dal membro del Congresso John Mica, rappresentante della maggioranza repubblicana, e dagli altri componenti della delegazione. Il Presidente Napolitano ha ribadito l’esigenza imprescindibile sostenuta dall’Italia, in piena sintonia con Stati Uniti, Regno Unito ed altri alleati, di un comando unificato, osservando che la NATO rappresenta la soluzione di gran lunga più appropriata. Il Capo dello Stato, nell’auspicare il massimo di chiarezza, coerenza ed efficacia nello sviluppo dell’azione decisa verso la Libia, ha richiamato le conclusioni del Consiglio Supremo di Difesa dello scorso 9 marzo, ricordando che l’intervento in corso, al quale l’Italia partecipa a pieno titolo, si fonda sulle prescrizioni del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite volte a garantire risposte anche militari ad ogni violazione o minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.

Quell’azione militare non ha portato né alla pace, né alla sicurezza, creando piuttosto instabilità e macchiandosi contestualmente di crimini contro civili.

Mentre Renzi dalla Leopolda storceva il naso contro quella missione, il 23 ottobre Napolitano, caloroso, s’era bello e congratulato con Aghila Salah Issa, presidente della Camera dei Rappresentanti dello Stato di Libia, per il terzo anniversario della liberazione del paese da quel Gheddafi che solo tempo prima egli aveva celebrato al Quirinale fra picchetti d’onore e stucchi dorati:

Nell’occasione della ricorrenza del terzo anniversario della Liberazione del suo Paese desidero farle pervenire, a nome mio personale e dell’Italia tutta, i più sentiti e fervidi auspici per la pace, la stabilità e la riconciliazione della Libia. Il suo Paese attraversa un momento di estrema tensione e difficoltà, e al tempo stesso cruciale della sua storia. Si tratta di un complesso percorso di transizione verso la democrazia rispetto al quale l’Italia continuerà ad essere al fianco della Libia. È essenziale che tutte le forze politiche operino con il massimo impegno, con coerenza e senza riserve in favore di soluzioni inclusive. Solo così il suo Paese potrà cogliere le sue enormi potenzialità di crescita economica, ma anche affermarsi quale crocevia e punto di incontro di popoli, civiltà e culture diverse tra Europa e Africa. La stabilità della Libia, il contrasto ad ogni forma di traffico illecito – a cominciare dall’esecrabile traffico degli esseri umani – e la lotta al terrorismo sono essenziali per il progresso di tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Parole vuote, stucchevoli. Al di là della retorica di palazzo, c’è una verità ancora negata e cioè che c’è anche l’Italia dietro l’inferno libico e fino a quando non si dirà che l’Italia ha contribuito, con l’avallo del suo capo dello Stato, che è anche capo delle Forze Armate, a distruggerne l’equilibrio con la complicità di gran parte del Parlamento, l’Italia continuerà a raccontare a se stessa una favola frutto di coscienze sporche.

(29 ottobre 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]

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