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di Giovanni Vigna.
Le notizie che la Rai
trasmette in merito a ciò che succede in Palestina sono obiettive, esaustive e
complete? Qualcuno in Italia è convinto che la cosiddetta “questione
palestinese†sia stata e sia tuttora trattata e raccontata con parzialità dalla
televisione pubblica, accusata di trascurare “la completezza dei fatti e il
pluralismo di vociâ€. Così, un gruppo di associazioni, attivisti e cittadini ha
deciso di denunciare le carenze del servizio pubblico televisivo rispetto alle
drammatiche vicende che coinvolgono i palestinesi, attraverso la promozione di
una petizione sostenuta, tra gli altri, anche dal famoso regista Ken Loach e
dall’attore e scrittore Moni Ovadia. Il testo che illustra il significato della
raccolta di firme, intitolata “Spazio in Rai all’informazione sulla Palestinaâ€,
può essere letto all’indirizzo http://firmiamo.it/spazio-in-rai-all-informazione-sulla-palestina.
trasmette in merito a ciò che succede in Palestina sono obiettive, esaustive e
complete? Qualcuno in Italia è convinto che la cosiddetta “questione
palestinese†sia stata e sia tuttora trattata e raccontata con parzialità dalla
televisione pubblica, accusata di trascurare “la completezza dei fatti e il
pluralismo di vociâ€. Così, un gruppo di associazioni, attivisti e cittadini ha
deciso di denunciare le carenze del servizio pubblico televisivo rispetto alle
drammatiche vicende che coinvolgono i palestinesi, attraverso la promozione di
una petizione sostenuta, tra gli altri, anche dal famoso regista Ken Loach e
dall’attore e scrittore Moni Ovadia. Il testo che illustra il significato della
raccolta di firme, intitolata “Spazio in Rai all’informazione sulla Palestinaâ€,
può essere letto all’indirizzo http://firmiamo.it/spazio-in-rai-all-informazione-sulla-palestina.
Bassam Saleh, presidente dell’Associazione Amici dei
Prigionieri Palestinesi, uno dei promotori della petizione, spiega com’è nata
l’idea di lanciare una raccolta di firme a sostegno di un’informazione più
completa riguardo alla Palestina. «Da anni – spiega Saleh – i gruppi solidali
con i palestinesi notano la parzialità delle informazioni sulla Palestina in
particolare e sul Medio Oriente in generale. Già ai tempi della prima Intifada
le notizie sono state scarse e manipolate. L’apice si è avuto durante
l’aggressione del dicembre 2008/gennaio 2009 contro Gaza (operazione Piombo
Fuso, ndr)».
Prigionieri Palestinesi, uno dei promotori della petizione, spiega com’è nata
l’idea di lanciare una raccolta di firme a sostegno di un’informazione più
completa riguardo alla Palestina. «Da anni – spiega Saleh – i gruppi solidali
con i palestinesi notano la parzialità delle informazioni sulla Palestina in
particolare e sul Medio Oriente in generale. Già ai tempi della prima Intifada
le notizie sono state scarse e manipolate. L’apice si è avuto durante
l’aggressione del dicembre 2008/gennaio 2009 contro Gaza (operazione Piombo
Fuso, ndr)».
L’informazione, ricorda Saleh, si è focalizzata sui bombardamenti
e sulla “precisione chirurgica” del sistema di attacco israeliano. Raramente
si è parlato delle vittime, visto che i corrispondenti delle testate
giornalistiche erano altrove. Nessuno parlava dell’occupazione israeliana della
Palestina.
e sulla “precisione chirurgica” del sistema di attacco israeliano. Raramente
si è parlato delle vittime, visto che i corrispondenti delle testate
giornalistiche erano altrove. Nessuno parlava dell’occupazione israeliana della
Palestina.
Si preferiva concentrare l’attenzione sui danni provocati dai cosiddetti
“razzi” palestinesi. «I mass media italiani intervistavano
giornalisti, scrittori, esperti esclusivamente di parte israeliana, mai un
giornalista, uno scrittore o un poeta palestinese, mai una madre che aveva
perso i suoi figli sotto i bombardamenti israeliani. Al contrario, per la
caduta di un missile vicino a una casa israeliana si raccontava nel dettaglio
la storia e la vita di chi abitava in quella casa, per suscitare un senso di
simpatia e vicinanza e giustificare le ritorsioni degli israeliani» spiega
Bassam, secondo il quale si parla sempre delle vittime di una parte e raramente
di quelle dell’altra. Due pesi e due misure.
“razzi” palestinesi. «I mass media italiani intervistavano
giornalisti, scrittori, esperti esclusivamente di parte israeliana, mai un
giornalista, uno scrittore o un poeta palestinese, mai una madre che aveva
perso i suoi figli sotto i bombardamenti israeliani. Al contrario, per la
caduta di un missile vicino a una casa israeliana si raccontava nel dettaglio
la storia e la vita di chi abitava in quella casa, per suscitare un senso di
simpatia e vicinanza e giustificare le ritorsioni degli israeliani» spiega
Bassam, secondo il quale si parla sempre delle vittime di una parte e raramente
di quelle dell’altra. Due pesi e due misure.
«Crediamo – sottolinea
Saleh – che questo dipenda da una precisa volontà politica di presentare la
situazione in modo distorto, data la vicinanza del governo italiano (sia quello
attuale che quelli precedenti) allo Stato di Israele. Questa situazione ha
fatto sì che i gruppi solidali con la Palestina iniziassero le loro proteste,
con comunicati e sit-in davanti alla sede Rai. E cosi è nata l’idea di una
petizione con raccolta di firme per chiedere alla Rai, e a tutti i mezzi
d’informazione, maggiore attenzione e obiettività sulla questione palestinese».
Saleh – che questo dipenda da una precisa volontà politica di presentare la
situazione in modo distorto, data la vicinanza del governo italiano (sia quello
attuale che quelli precedenti) allo Stato di Israele. Questa situazione ha
fatto sì che i gruppi solidali con la Palestina iniziassero le loro proteste,
con comunicati e sit-in davanti alla sede Rai. E cosi è nata l’idea di una
petizione con raccolta di firme per chiedere alla Rai, e a tutti i mezzi
d’informazione, maggiore attenzione e obiettività sulla questione palestinese».
Saleh è convinto che la televisione di Stato dovrebbe
dedicare maggiore spazio e fornire un’informazione più corretta sulle questioni
che riguardano i palestinesi, in
considerazione del fatto che essa fornisce un servizio pubblico. «È nostro
diritto essere informati in modo obiettivo e reale – argomenta il presidente
dell’Associazione Amici dei Prigionieri Palestinesi – si tratta di un atto di
lealtà verso i cittadini, per questo chiediamo un’informazione corretta sulle
questioni che ci riguardano direttamente in quanto cittadini consapevoli, visto
che i conflitti nel Mediterraneo ci toccano da vicino, e il Medio Oriente non è
poi così lontano. Un’informazione corretta sensibilizzerebbe l’opinione
pubblica a reagire contro le guerre e a lottare per ottenere il rispetto del
diritto internazionale e la pace».
dedicare maggiore spazio e fornire un’informazione più corretta sulle questioni
che riguardano i palestinesi, in
considerazione del fatto che essa fornisce un servizio pubblico. «È nostro
diritto essere informati in modo obiettivo e reale – argomenta il presidente
dell’Associazione Amici dei Prigionieri Palestinesi – si tratta di un atto di
lealtà verso i cittadini, per questo chiediamo un’informazione corretta sulle
questioni che ci riguardano direttamente in quanto cittadini consapevoli, visto
che i conflitti nel Mediterraneo ci toccano da vicino, e il Medio Oriente non è
poi così lontano. Un’informazione corretta sensibilizzerebbe l’opinione
pubblica a reagire contro le guerre e a lottare per ottenere il rispetto del
diritto internazionale e la pace».
Il conflitto tra
israeliani e palestinesi, rammenta Saleh, merita una particolare attenzione
perché dura da decenni, investe la questione dei diritti negati ai palestinesi,
pone il problema della giustizia rispetto a un sistema di apartheid e stimola
il dibattito sulla necessità di condannare un’occupazione militare, forse
l’ultima nella storia dell’umanità , ai danni dei palestinesi, che si protrae da
oltre sessant”anni. «In quella parte del mondo vengono violati i diritti umani
e la convenzione di Ginevra, sia per il territorio sia per gli occupati –
osserva Saleh – avete mai visto sulla Rai un reportage sui prigionieri
palestinesi e sulle condizioni in cui vivono in prigione? E ancora, un servizio
sul motivo per il quale vengono arrestati e detenuti in modo preventivo, senza
capi d’accusa e senza processo, per lunghi mesi? Noi crediamo che sia importante
far conoscere la vita di un popolo sotto occupazione, perché ciò ci aiuta a
sensibilizzare la gente verso le cause giuste e crea un”opinione pubblica in
grado di fare pressione per trovare una soluzione politica a questo spinoso
conflitto».
israeliani e palestinesi, rammenta Saleh, merita una particolare attenzione
perché dura da decenni, investe la questione dei diritti negati ai palestinesi,
pone il problema della giustizia rispetto a un sistema di apartheid e stimola
il dibattito sulla necessità di condannare un’occupazione militare, forse
l’ultima nella storia dell’umanità , ai danni dei palestinesi, che si protrae da
oltre sessant”anni. «In quella parte del mondo vengono violati i diritti umani
e la convenzione di Ginevra, sia per il territorio sia per gli occupati –
osserva Saleh – avete mai visto sulla Rai un reportage sui prigionieri
palestinesi e sulle condizioni in cui vivono in prigione? E ancora, un servizio
sul motivo per il quale vengono arrestati e detenuti in modo preventivo, senza
capi d’accusa e senza processo, per lunghi mesi? Noi crediamo che sia importante
far conoscere la vita di un popolo sotto occupazione, perché ciò ci aiuta a
sensibilizzare la gente verso le cause giuste e crea un”opinione pubblica in
grado di fare pressione per trovare una soluzione politica a questo spinoso
conflitto».
Domandiamo a Saleh come
si comportano le televisioni negli
altri paesi occidentali rispetto alla “questione palestineseâ€: «Non so come vengano trattati i palestinesi
nelle tv degli altri paesi occidentali, ma penso che ci siano simpatie
differenti da un paese all’altro, e vedo nei canali dell’America latina un
grande esempio di informazione corretta e leale».
si comportano le televisioni negli
altri paesi occidentali rispetto alla “questione palestineseâ€: «Non so come vengano trattati i palestinesi
nelle tv degli altri paesi occidentali, ma penso che ci siano simpatie
differenti da un paese all’altro, e vedo nei canali dell’America latina un
grande esempio di informazione corretta e leale».
Finora la petizione ha
raccolto migliaia di firme: «È vero che le cifre sono importanti ma ciò che
conta di più è che la raccolta di firme ha creato un movimento di opinione e ha
messo in discussione la questione della correttezza nell”informazione. Ne sono
un esempio il vostro interessamento e questa intervista, che spero possa
diffondere maggiormente la petizione e la discussione sull”argomento. Saremo
soddisfatti quando finirà la manipolazione dell’informazione a favore dei
potenti».
raccolto migliaia di firme: «È vero che le cifre sono importanti ma ciò che
conta di più è che la raccolta di firme ha creato un movimento di opinione e ha
messo in discussione la questione della correttezza nell”informazione. Ne sono
un esempio il vostro interessamento e questa intervista, che spero possa
diffondere maggiormente la petizione e la discussione sull”argomento. Saremo
soddisfatti quando finirà la manipolazione dell’informazione a favore dei
potenti».
Se la Rai non informa
correttamente i cittadini, gli italiani hanno la possibilità di reperire
altrove notizie sulla Palestina? «Gli italiani, nonostante non vengano adeguatamente
informati e aiutati a capire dal servizio pubblico Rai e dai principali
quotidiani, sono molto sensibili alla questione palestinese e si autoinformano
grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, tramite diversi canali (siti internet,
pagine Facebook, blog dell”informazione alternativa) e contatti diretti con le
varie associazioni e con i gruppi palestinesi nei Territori Occupati e a Gaza. Ciò
ha consentito la circolazione di notizie e storie che non vengono raccontate
dai mezzi di informazione “ufficialiâ€. Lo dimostra la quantità di iniziative e
manifestazioni a favore della causa palestinese che vengono continuamente
organizzate in tutte le città italiane».
correttamente i cittadini, gli italiani hanno la possibilità di reperire
altrove notizie sulla Palestina? «Gli italiani, nonostante non vengano adeguatamente
informati e aiutati a capire dal servizio pubblico Rai e dai principali
quotidiani, sono molto sensibili alla questione palestinese e si autoinformano
grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, tramite diversi canali (siti internet,
pagine Facebook, blog dell”informazione alternativa) e contatti diretti con le
varie associazioni e con i gruppi palestinesi nei Territori Occupati e a Gaza. Ciò
ha consentito la circolazione di notizie e storie che non vengono raccontate
dai mezzi di informazione “ufficialiâ€. Lo dimostra la quantità di iniziative e
manifestazioni a favore della causa palestinese che vengono continuamente
organizzate in tutte le città italiane».
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