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Yemen: i ribelli sciiti occupano la capitale, l'ira dell'Arabia Saudita

'I media occidentali e delle petromonarchie dicono ''golpe''. Ma a Sana’a sembra più una ribellione in nome degli sciiti, da tempo sotto il tallone dei sunniti sostenuti da Riad'

Yemen: i ribelli sciiti occupano la capitale, l'ira dell'Arabia Saudita
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21 Gennaio 2015 - 22.59


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di Marco Santopadre.



Nei
giorni scorsi i media internazionali, riprendendo le veline delle
petromonarchie arabe che sostengono l’attuale regime al potere nel
paese, parlavano di “tentativo di colpo di stato”. Ma quella che sta
andando in scena a Sana’a è assai più simile a una ribellione messa in
atto in nome della popolazione sciita che da tempo soffre sotto il
tallone dei sunniti sostenuti da Riad. Un epilogo traumatico per la
guerra civile strisciante che dura ormai dal 2012, quando la rivolta
popolare portò alla destituzione del dittatore Abdullah Saleh senza però
ottenere una più equa distribuzione dei proventi derivanti dalle
esportazioni di greggio e una inclusione delle minoranze nella gestione
del paese.


Negli ultimi giorni i ribelli sciiti Houthi si sono rapidamente
impossessati dei principali centri di potere tra i quali il palazzo
presidenziale. Ieri alcuni miliziani dell’opposizione avevano preso già
il controllo di una parte dell’edificio mettendo “agli arresti” il
presidente Hadi. Questa mattina una gran quantità di uomini armati delle
milizie sciite hanno preso definitivamente il controllo del palazzo e
della residenza presidenziali, più volte bombardati dagli oppositori,
cacciando le guardie evidentemente poco motivate.
Da lunedì, quando
gli Houthi hanno rapito il capo del gabinetto presidenziale, Ahmed Awad
bin Mubarak, ed hanno assaltato alcuni centri di potere nella capitale,
scontri armati sono stati segnalati in diverse zone di Sana’a, con un
bilancio di alcune decine di morti tra miliziani e soldati. Questi
ultimi hanno avuto la peggio e i ribelli hanno potuto assumere il
controllo della sede della tv di Stato assediando le sedi istituzionali
alcune delle quali poi occupate.
Nel pomeriggio di oggi è poi giunta
la notizia che il premier yemenita Khaled Bahhah è fuggito in un “luogo
sicuro” nonostante che da ieri gli Houthi abbiano circondato la sede
del governo a Sana’a. Il presidente Abdel Hadi Mansur sarebbe tuttora
agli “arresti domiciliari”.
Le Nazioni Unite e tutte le principali
cancellerie occidentali hanno condannato il ‘golpe’ e il Consiglio di
Sicurezza ha affermato che solo il capo dello stato Hadi possiede
“l’autorità legittima” per governare il paese. Ma da settembre,
l’avanzata territoriale degli sciiti a partire dai territori
nordoccidentali in cui sono concentrati è stata veloce e inarrestabile,
con la conquista della capitale e delle regioni centrali e occidentali
del paese, potendo contare su una crescente arrendevolezza dell’esercito
indebolito dal malcontento dei settori popolari sunniti e soprattutto
dai continui attacchi delle bande di Al Qaeda che  controllavano – e
controllano ancora – ampie zone dello Yemen, in particolare le regioni
meridionali.
Invece di accettare l’inclusione della minoranza
sciita del nord povero nel governo e venire a patti con gli Houthi, il
regime sunnita, incitato dall’Arabia Saudita ha concesso al massimo una
sorta di federalizzazione con la divisione del paese in sei diverse
entità amministrative, una sola delle quali appannaggio della minoranza
esclusa da tutto il resto dell’amministrazione. Nei giorni scorsi
l’Arabia Saudita aveva esplicitamente ammonito il presidente Hadi a
rigettare in toto le richieste dei ribelli sciiti.


Il paese è uno degli Stati della penisola arabica dove le strutture
della rete di Al Zawahiri sono più radicate e potenti; è da lì che è
partita la rivendicazione della strage nella redazione di Charlie Hebdo,
a Parigi; ed è lì che si addestrano e armano molti dei jihadisti poi
mandati a combattere in Iraq e Siria (o a compiere attacchi in Europa).

La guerra civile che insanguina lo Yemen, non è un segreto, è anche il
risultato della divisione del Medio Oriente tra asse sciita e asse
sunnita. Mentre l’Iran sostiene gli Houthi, Teheran accusa Riad di
puntellare il regime yemenita per ampliare la propria egemonia politica,
economica e militare nella regione. In particolare in un paese che è
strategico per il controllo dello stretto di Bab el Mandeb, che collega
il Mare di Aden al Mar Rosso, e quindi delle rotte petrolifere e del
Corno d’Africa. 


L’avanzata sciita nelle regioni centrali cambia, almeno per ora,
l’assetto nel quale il paese era stato tenuto finora dal regime sunnita
sulla base dell’antica e mai tramontata strategia del divide et impera:
gli sciiti relegati al nord, il sud appannaggio delle tribù
secessioniste infiltrate da Al Qaeda, il centro ricco di petrolio
dominio incontrastato delle tribù sunnite. Occorrerà attendere per
capire se e quanto l’iniziativa degli Houthi cambierà l’equilibrio delle
forze nel paese, in attesa anche di comprendere quali iniziative
prenderanno le petromonarchie che certamente non accetteranno senza
colpo ferire di perdere il controllo della situazione. Molto preoccupati
anche gli Stati Uniti, alleati e competitori dell”Arabia Saudita e
finora sostenitori del (ex?) governo di Sana”a che in queste ore
potrebbe essere completamente disarcionato dalla ribellione, anche se
alcuni fonti – tra le quali la qatariota Al Jazeera – sostengono che
Hadi non sia agli arresti e che anzi avrebbe incontrato i leader sciiti
per trovare un accordo.


Intanto le tre province del sud (Aden, Abyen e Lahaj) hanno blindato i
loro confini con il centro ed il nord per impedire un eventuale attacco
dei ribelli che per ora sembrano aver «conquistato» tutti i media
nazionali e la più grande base missilistica del paese, situata su una
collina sopra Sana”a. 

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