uno dei tanti rifugi a cielo aperto, iracheni e afghani. La capitale serba, ormai
al collasso, è il simbolo del fallimento della comunità internazionale. Dopo la
guerra dei Balcani, all’orizzonte una crisi le cui spie si sono già accese.
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E dov’era la notizia? Che le frontiere sono state sfondate? Al di qua
dell’Adriatico le frontiere erano già state sfondate, questo mentre la Casa
Bianca, con i suoi alleati, destabilizzava la Siria, seminando macerie anche
altrove. Il più sincero è stato Daniel Pavlov Mitov, ministro degli Esteri
bulgaro, che da Sofia, intervistato dalla tv di Stato, accusa: “In Siria lo Stato
islamico è il maggiore generatore di flussi di rifugiatiâ€. E fanno di riflesso
sorridere le parole del generale americano Martin Dempsey, capo di Stato
Maggiore delle Forze Armate Usa, ora preoccupato per i flussi umani dalla
Siria e dal Nord Africa verso l’Europa. “È un’emergenza enorme, una crisi
realeâ€, così, l’alto ufficiale, intervistato dalla Abc.
Sotto ricatto dell’Unione Europea il Montenegro, paese candidato a far parte del
club. “Fino a un anno fa†racconta una giovane montenegrina “a Podgorica
anche fra la comunità musulmana si viveva una certa normalità , poi tutto è
cambiato. Quando abbiamo visto le giovani donne coperte e velate, abbiamo
avuto uno shock. Nei luoghi di preghiera, non si prega, s’indottrina. Sottratti
alla scuola, i ragazzi vengono nutriti a odio contro l’Occidenteâ€. Il governo tace
per amore di Bruxelles, i cui diktat sulla “società multiculturale†accetta
supinamente. Anche gli ambasciatori di Obama in Montenegro trascorrono, non
da oggi, più tempo al centro culturale islamico di Bar – Antivari, il porto
montenegrino sull’Adriatico – che altrove. Tutto, in quel centro, tranne che
cultura. Nostalgia dei bei tempi in cui in Egitto regnava il Fratello Musulmano
Mohamed Morsi, protetto e vezzeggiato dalla diplomazia americana e ingozzato
a dollari.
In mezzo ci sono loro, quelli che fuggono e che si trovano stritolati dall’una e
dall’altra parte. Nei Balcani, i più deboli cedono, diventando carne da macello
degli estremisti. Tutti gli altri, fuggono. Semplicemente.
Sotto ricatto dell’Unione Europea anche la Serbia: “Non usiamo spray al
peperoncino, non picchiamo la genteâ€, così Aleksandar Vučić, primo ministro
serbo, il 27 agosto scorso al Western Balkans Summit di Vienna, fra gli stucchi
dell’Hofburg, l’antico palazzo imperiale. Vučić accusa: “Stiamo trattando
queste persone nel migliore dei modi possibili, aiutandole in diversi modi.
Queste persone si trovano in una situazione davvero difficile, ecco perché le
stiamo trattando responsabilmente. Stiamo solo aspettando che la Merkel e
l’Unione Europea ci dicano cosa dobbiamo fare. Non abbiamo chiesto soldi, ad
oggi abbiamo solo ricevuto 390.000 euroâ€.
Una mancia. Non come quando si è trattato di aiutare la Francia, dove, allentati
i cordoni della borsa, da Bruxelles sono arrivati 5,2 milioni di euro. La Serbia, e
non solo la Serbia, abbandonata a se stessa, rischia il collasso. Bocconi amari da
inghiottire, non tanto per spirito umanitario. C’è chi pensa che la diplomazia di
Belgrado stia solo tentando di impressionare Bruxelles per mettere sul piatto
della negoziazione, per il suo ingresso fra i paesi membri, l’aver ridotto la
Serbia a una spugna, ormai logora, con cui assorbire flussi e flussi di persone
provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Eritrea, dalla Somalia, dall’Afghanistan.
Nei Balcani – dove, dopo il conflitto degli anni Novanta, gli equilibri sono
ancora deboli e dove la popolazione, piegata dalle conseguenze della guerra,
non accetta la situazione – la pentola è esplosa. Da Bruxelles solo diktat, ricatti
e nessun aiuto, questa l’accusa.
Perché l’Unione Europea ha voluto fare dei
Balcani un luogo-cuscinetto dove stivare i tanti che fuggono? E in mezzo ai
quali s’annidano anche mele marce? Perché non ha mai aiutato i governi in
difficoltà ? Cui prodest? “Alla Natoâ€, rispondono in molti. Perché è in queste
terre che la Nato vuole allungare la sua ombra. “La Nato ci proteggerà â€, così,
infatti, il battage pubblicitario su stampa, tv, locandine, grandi manifesti urbani.
“Da cosa?â€, si chiedono anche i più giovani. La gente dei Balcani è acuta e
reattiva, sa e capisce, nonostante la stampa, in particolare internazionale, non
aiuti, inquinando, al guinzaglio delle cancellerie e non solo delle cancellerie, i
pozzi. Una mano all’altra “grande causa†la dà Al Jazeera Balkans, con sede a
Sarajevo.
Nessuno vuole i Balcani, e le vicine regioni, in pace. L’Unhcr, l’Alto
Commissariato per i Rifugiati dell’Onu, continua ad accusare i governi locali e
le loro politiche non all’altezza, chiedendo a paesi reduci da un sanguinoso
conflitto di fare miracoli e che, imbarazzata, ora invoca un coordinamento fra
Unione Europea, governi locali e Ong.
Nel frattempo, il 4 settembre scorso, a Ohrid in Macedonia, i ministri
dell’Interno di Austria, Serbia, Ungheria e Macedonia, paesi coinvolti dai flussi
umani lungo la rotta balcanica, hanno siglato un memorandum, che
presenteranno a Bruxelles in occasione della prossima riunione dei ministri
dell’Interno dell’Unione Europea. “Il documentoâ€, così Mitko Cavkov, ministro
dell’Interno macedone “rappresenta una piattaforma per ulteriori nostre attivitÃ
congiunteâ€. Maggior coordinamento fra i paesi interessati, aiuto a migranti e
rifugiati e, soprattutto, contrasto ai trafficanti di uomini. Con uno sguardo a
Bruxelles, cui si chiede sostegno e aiuto.
Non c’era solo il mare, anche la via di terra era a rischio e non da oggi. Una
mayonnaise impazzita, che i gourmant di Bruxelles e d’oltreoceano ancora oggi
guardano con inconfessabile compiacimento.
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