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Chi sono stati i veri ‘macellai dei Balcani'

Caso Milosevic. Un botta e risposta fra il lettore Marcello Nardo e Giulietto Chiesa sui veri risultati della recente sentenza del tribunale speciale dell’Aja

Chi sono stati i veri ‘macellai dei Balcani'
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16 Agosto 2016 - 23.32


ATF

Scrive
Marcello Nardo:


Circoscriviamo. Giulietto Chiesa parla
della guerra in Bosnia – 1992-1995, come sappiamo – e non di tutte le altre,
quindi anche Croazia e Kosovo. Alla luce di ciò, titolare il video “il tribunale dell”Aja
scagiona Milosevic
” è già paraculo di per sé. Milosevic passò cinque anni
in prigione perché in attesa del giudizio in merito al ruolo che ebbe in quasi
dieci anni di guerre. A margine, ci metto pure che se non ci fosse stata la
guerra in Kosovo, Milosevic (la cui estradizione in Olanda, nel 2001, fece
litigare di brutto presidente e primo ministro serbi), il culo sulla sedia di
quel tribunale molto probabilmente non ce l”avrebbe mai messo, visto che nel 1995
era a Dayton da campione della pace a farsi stringere la mano da Clinton e
Chirac. Ma questa è un”altra storia.

Un aspetto certamente negativo del
Tribunale Penale dell”Aja per l”ex Jugoslavia, evidente per chiunque abbia
letto le sentenze di più imputati, è la contraddittorietà: spesso infatti se
nel testo di una sentenza affiorano precise responsabilità da parte di un
Gotovina, di un Hadzic, di uno Seselj, nel corpo di altre sentenze quelle
stesse responsabilità vengono smentite, aggravate o non ve n”è traccia: questo
è il motivo per il quale, ad esempio, molti si meravigliarono quando proprio
Seselj fu assolto. Non cӏ quindi armonia tra gli inquirenti dei vari processi
nello stabilire quali siano i fatti assodati da tenere sempre in
considerazione; ora, va bene che la storia è un continuum, ma ribadire più volte, grazie alle testimonianze
univoche di migliaia di sopravvissuti e testimoni oculari, che Seselj fu parte
attiva dei crimini perpetrati dai suoi paramilitari – le Aquile Bianche – e
tempo dopo, come niente, rimangiarsi tutto nella sua sentenza d”assoluzione, la
quale dice (tra le altre cose) che no, Seselj non agì mai insieme ai soldati,
si limitava a incitarli con le solite apologie del più idiota nazionalismo, non
giova granché alla credibilità di un Tribunale.

Così come sono molte le sentenze in cui i
servizi segreti e il ministero dell”Interno serbi vengono accusati di aver
fornito appoggio logistico e militare sia ai paramilitari serbi che ai soldati
di Karadzic; eppure il capo dei servizi di sicurezza del ministero dell”Interno
serbo (allora Jovica Stani?ic) è stato assolto dall”Icty insieme al suo braccio
destro, Simatovic. Potrei farne altri di esempi del genere, e sono solamente un
lettore interessato, ma è ovvio quanto episodi come questi creino sconforto non
solo nei parenti delle vittime, rendendo oltretutto gioco facile a ciarlatani e
giornalisti faziosi (che è più o meno lo stesso).

[…]

[qui
mi sono permesso di accorciare, senza togliere, credo, sostanza alle argomentazioni
del mio interlocutore, nel senso precipuo che, secondo lui, Milosevic fu
colpevole di altri crimini, per i quali la sentenza contro Karadzic non lo
scagiona.  (nota dell’Autore)
]

Chiunque potrebbe andare avanti
semplicemente leggendo. Spero sia chiaro, quindi, come il concetto di
“scagionato” in senso generale accostato a Milosevic sia del tutto
fuori luogo.

Ma cosa dice la sentenza Karadzic del marzo
scorso, quella di cui parla Giulietto Chiesa?
Per brevità cito un unico ma significativo
passo:

«Beginning in November 1990,
Milo?ević and the accused had a close association and the Accused would visit
him frequently in Belgrade.10510 Other Bosnian Serb leaders such as Kraji?nik
also met with Milo?ević but their meetings were less frequent. Prior to the
start of the conflict and into 1992, Slobodan Milo?ević and the Accused were in
constant communication with each other to discuss and co-ordinate both
political and military tactics in relation to developments in BiH and Croatia.
There was a close connection between the authorities in Pale and Belgrade, and
the Bosnian Serb leadership consulted with Belgrade on developments in BiH.
Points of discussion included their opposition to the secession of BiH and the
desire to remain part of Yugoslavia; opposition to the creation of an Islamic
State; political negotiations; regionalisation; developments in Croatia and Slovenia;
military preparations including mobilisation of the Serb population and the
provision of arms…».

Altre due cose sempre sul video di
Giulietto Chiesa. Egli asserisce che Il tribunale per la ex Jugoslavia «processò
Milosevic e disse che era colpevole». Falso, perché a causa della sua morte,
nel 2006, non vi fu alcuna sentenza né di colpevolezza né di assoluzione nei
confronti del leader serbo. Le divergenze tra Karadzic e Milosevic (il quale,
per tutta la durata della guerra in Bosnia, ripeté che “nessuna formazione
militare ha superato la frontiera della Drina” cit.) cui fa riferimento il
giornalista sono ben conosciute ma per motivi diversi da quelli che riporta;
Chiesa dice che: “Milosevic si oppose alla costituzione della Repubblica
Srpska.
Altra forzatura
(per non dire stupidaggine); nel testo della sentenza si legge in realtà
questo:

«The Chamber found that based
on a conversation between the Accused and Milo?ević on 24 October 1991, it was
also clear that Slobodan Milo?ević was attempting to take a more cautious
approach while the Accused was adamant that the goal of the Bosnian Serb
leadership was to ensure that they would establish full authority in their
territories and that they would announce their own Bosnian Serb Assembly. The
Chamber also found that while Milo?ević expressed reservations about excluding
Bosnian Muslims, the Accused was adamant that there were not even 10% of
Bosnian Muslims who supported Yugoslavia and that they could not take such a
risk. The Chamber recalls that in December 1991, Milo?ević told the Accused
that he should not give in to Izetbegović and that they had to stick to their
line and that “if they want to fight, we’ll fight” given that the Serbs were
stronger. They also spoke about the unconstitutional nature of the decision
changing the status of BiH».

Non poteva poi mancare il risvolto
complottista riguardo la morte “misteriosa” di Slobo: Chiesa dice che
a Milosevic fu fatto divieto dal tribunale di andarsi a curare in Russia; non
capisco cosa ci sia di scandaloso: Milosevic era recluso in Olanda, come gli si
poteva permettere di andare a curarsi a duemila km di distanza? Slobo, che era
malato di cuore, le aveva lì le cure, a Scheveningen, dov”era recluso; solo che
Giulietto Chiesa omette di dire che si rifiutava di farsi curare con la scusa
che temeva lo uccidessero. Dopodiché asserisce che O-Gon Kwon, il giudice che
seguì il processo Milosevic e che faceva pure parte della giuria che ha
condannato Karadzic quest”anno, sapeva tutto perché “questa sentenza e la
precedente il giudice la conosceva”. Ora, ripetiamo che non vi fu alcuna
sentenza per Milosevic, perché morì prima della fine del processo. Infine
afferma che “l”Occidente ha distrutto la Jugoslavia, ha ucciso Milosevic,
lo ha accusato di tutte le nefandezze di cui non aveva alcuna
responsabilità“; che l”Occidente – nelle sue varie realtà e nei suoi
interessi contrastanti – abbia sempre pensato ai casi suoi, e per tutta la
durata della guerra, nessuno lo mette in dubbio. Ma chi è stato ad accendere la
scintilla? Chi ha camuffato una guerra di interessi, di appropriazioni forzate
e di mantenimento di una intera classe politica, che sarebbe andata allo
sfascio con la caduta del socialismo reale e che invece grazie alla guerra è
ancora lì, da feroce diatriba etnica? Chi ha compiuto materialmente i crimini,
gli assedi, le stragi, le deportazioni, le uccisioni di massa, il genocidio?

In tutto questo, manca ancora la sentenza
Mladic. Credo proprio che ne sapremo parecchio di più su Milosevic. E, se va
come deve andare, non piacerà al nostro sempre equidistante Giulietto Chiesa.


=====

Risponde
Giulietto Chiesa:


Le risponderò con calma appena avrò tempo.
Nel frattempo provi a spiegare lei come mai, ad esempio, l’intera Europa ha
chiesto a gran voce che la Tymoshenko venisse curata in Germania (ottenendolo,
per poi scoprire che stava benissimo) mentre al “macellaio dei Balcani” non fu
concesso di farsi curare in Russia. Molto dottamente (e ho apprezzato) è andato
a rileggersi molte sentenze, Che però non smentiscono quello che sta scritto
nella sentenza che ha condannato Karadzic. E cioè che il tribunale considera “inadeguate
e non soddisfacenti” le prove contro Milosevic per la guerra bosniaca. Il fatto
è che tutta la vicenda della distruzione della Jugoslavia (che si concluse con
le mostruosità del Tribunale Penale Internazionale, finanziato direttamente
anche dal governo americano) fu un piano politico occidentale, con diversi
protagonisti (Germania, Vaticano, tra gli altri). La guerra in Kosovo non
sarebbe stata nemmeno possibile se l’UCK non fosse stata creata e armata dai
servizi segreti occidentali. E, alla fine, i vincitori processano i vinti. E,
quando non trovano il modo di colpirli con la loro “legge”, li fanno morire (si
ricordi il “venni, vidi, morì” della prossima presidente degli USA dopo
l’assassinio di Gheddafi). Io mi sono limitato a mostrare qualcuna delle non
piccole incongruenze cui i vincitori si lasciano andare quando sono sicuri di
avere vinto.

Giulietto Chiesa

==============

Risponde Marcello
Nardo:

Le risponderò
con calma, appena avrò tempo. Nel fratt
Prima di tutto, grazie per la risposta.
Sulla Tymoshenko. Lei scrive: “per poi scoprire che stava benissimo”.
Nel 2012, mentre era reclusa nel carcere femminile di Kharkiv, le fu
diagnosticato dalla struttura sanitaria dello stesso penitenziario una “spinal disc herniation” (e
questa è notizia riportata anche da media russi). In seguito, nello
stesso anno, la procura generale ucraina le aveva negato il trasferimento in
altri stati, uno dei quali era la Russia, per farsi curare. Accettò di farlo
nella stessa Kharkiv, sempre in stato di detenzione; l”unica concessione
(secondo legge, peraltro) fu che la seguisse un medico tedesco. Ci andrà in
Germania a curarsi, sì, ma nel 2014, dopo la fuga di Yanukovic e la
depenalizzazione da parte del parlamento ucraino del reato per il quale era
stata accusata: abuso di potere. La differenza con Milosevic – che, su mandato
della magistratura serba, si trovava in prigione già prima dell”estradizione in
Olanda e che non era sottoposto al giudizio di un tribunale statale, come la
Tymoshenko, ma di una corte penale internazionale con sul groppone “10
counts of crimes against humanity including persecution, extermination, torture
and inhumane acts” – mi sembra sostanziale. E, en passant, scrivo tutto ciò da non fan della Pasionaria, anzi. Se
poi vuole insinuare che l”Europa “prese a cuore” la Tymoshenko e non
Slobo, spero non voglia negare che tra il 1991 e il 1995 l”ex presidente serbo
non ebbe spalleggiatori (occulti e meno occulti) migliori di Francia, UK e
Italia. E molto più di Eltsin. 

Sul fatto
che «il tribunale considera inadeguate e non soddisfacenti le prove contro
Milosevic per la guerra bosniaca», le faccio di nuovo presente che il processo
al quale lei si riferisce aveva un unico accusato: Radovan Karadzic. Questo
comporta, ovviamente, che la totalità del materiale probatorio sia stato
raccolto solo nell”ottica di un giudizio nei suoi confronti. Nessun altro
poteva essere in questo processo assolto o condannato se non Karadzic, così
come nessun altro poteva essere scagionato da accuse che, nella fattispecie,
non gli venivano mosse. Che non esista ad oggi una sentenza Milosevic indigna
me e non solo me, così come dovrebbe indignare anche lei. Ma tant”è. Ciò che
sappiamo a livello processuale sul suo operato è quel che risulta dal corpo delle
sentenze passate in giudicato e dal materiale raccolto dagli inquirenti nei
cinque anni che precedettero il suo decesso. Il resto, mi permetta, è retorica.
Stia bene,

Marcello Nardo

Risponde Giulietto Chiesa:

Come
promesso rispondo con maggior spazio e calma — e pubblicamente — alle
considerazioni del signor Nardo, di cui ho comunque apprezzato il tono e la
correttezza. Il punto della divergenza è la completa diversità del giudizio sul
quadro politico in cui si svolsero gli eventi. Non sono qui per difendere
Milosevic, Karadzic e nessun altro. Mi occupo di questi fatti, in un certo
senso da “testimone oculare”. Perché ho “visto” la tragedia jugoslava stando a
Mosca, e guardando, tra l’altro, il tradimento assoluto della verità dei fatti
che il governo russo accettava, passo dopo passo, subendo l’iniziativa dell’Occidente.
Forse, chissà, la Federazione Jugoslava sarebbe andata in pezzi dopo, chissà
quando. Ma ciò che fu ed è evidente è il fatto che essa “fu fatta andare in
pezzi”. Se non ci fosse stata l’ingerenza attiva di diverse cancellerie
europee, e poi quella degli Stati Uniti, molte tragedie sarebbero state
evitate. Ricordo l’improntitudine del portavoce britannico Jamie Shea, lo
spirito da cavallerizzo con cui prendeva per i fondelli tutta la stampa
internazionale (che si faceva prendere volentieri per i fondelli, come fa di
solito). Il tutto nello spirito “blairiano” con cui s’inventarono le armi di
distruzione di massa in Iraq.

Ma nessuno
dei criminali che sedevano in quelle cancellerie è stato portato in giudizio
per le migliaia di morti che ne sono state conseguenza. In Italia Massimo
d’Alema, che divenne capo del governo italiano proprio per avere accettato di
recitare la sua parte attiva (parola non mia ma di Francesco Cossiga,
compartecipe con Steve Pieczenik dell’assassinio di Aldo Moro). Che
storia! Che storie! E lei mi va a fare la difesa d’ufficio di un tribunale
penale internazionale che fu messo in piedi per volontà, con i soldi, e con le
precise indicazioni (interamente politiche) dei vincitori di una guerra da loro
stessi creata!

E lo fa dopo
avere dato un giudizio “certamente negativo” della sua (del tribunale) azione
in questi anni; dopo avere definito “contraddittorie” le sue sentenze; dopo
avere riconosciuto i “rimangiamenti” sistematici delle sue stesse conclusioni
(lei cita, giustamente, tra queste aberrazioni, il caso Seselj). Che senso ha,
dunque andare a “spiluzzicare” le sentenze, risultato di indagini che non
meritano questo nome, tanto furono e sono “di parte”, secondo gli ordini; tanto
furono — e sono — influenzate da un contesto che è quello dei vincitori e dove
non c’è spazio per opinioni diverse? Testi scritti da signori abbondantemente
pagati per la bisogna, al riparo delle loro toghe, pedoni di numerose
scacchiere, mossi da re e regine che perseguono interessi globali.

Questa non
può essere ridotta a un disputa giuridica, perché farlo significa affibbiarsi
la targa di Idioti, che credono alle fole della Grande Fabbrica dei Sogni e
delle Menzogne. Questa è disputa politica nel senso più pieno del termine.
Milosevic divenne, prima e a prescindere dalla sua condanna (che, lei ha
ragione, non ci fu; ma non ci fu semplicemente perché era già stato condannato
dalla pubblica opinione occidentale, totalmente manipolata dai giocatori di cui
sopra), il “macellaio dei Balcani” perché fu attirato in una trappola dalla
quale non poteva uscire. Ce lo disse, in un libro-intervista (autore Marcello Molinari attuale
direttore della Stampa), l’allora ministro degli Esteri italiano, Lamberto
Dini, raccontandoci come la signora Madeleine Albright (lei che dovrebbe sedere
davvero sul banco degl’imputati, ma di un altro tribunale) riconobbe a porte
chiuse: che bisognava porre a Milosevic condizioni che egli non avrebbe potuto
accettare, in modo che poi lo si potesse, contemporaneamente, bombardare e
additare al mondo come criminale. Quando si propose a un capo di Stato in
funzione di accettare l’occupazione militare del suo paese da parte della Nato.
E questo dopo Dayton, che lei cita solo per la parte che le conviene.

Lei ammette
comunque che, seppure indirettamente, la sentenza contro Karadzic, lo scagiona.
Ma, precisa, solo per la guerra bosniaca. E le altre accuse? C’è una
risoluzione delle Nazioni Unite, risale al settembre del 2001, che nega che in Kosovo
ci sia stato alcun “genocidio”. Dell’UCK ho già parlato: una banda di assassini
(frequentati personalmente da Osama bin Laden, a quel tempo ancora
utilizzabile) fu portata al governo di un paese fantasma, oggi sede della più
grande base militare americana in Europa. Forse lei pensa che tutto questo non
c’entri. Io penso che tutto sia parte dello stesso disegno, come lo è, al
giorno d’oggi la “primavera colorata” strisciante in corso in Macedonia, sotto
il comando congiunto di Washington e di Bruxelles.

Alla luce di
tutto questo penso che la “retorica” sia tutta sua, non mia.  

Infine due
parole per la Tymoshenko. Qui l’improntitudine dell’Europa ha superato ogni limite.
Lei dice che fu curata in Germania dopo la “fuga” di Yanukovic. “Fuga?” Io lo
chiamo colpo di stato. Per giunta attuato con l’aiuto di squadracce naziste.
Nei mesi precedenti decine di articoli contro Yanukovic premettero perché la
Tymoshenko venisse liberata, non solo curata. L’Europa e l’America, unite,
volevano dettare legge in Ucraina. Adesso possono. La Tymoshenko divenne la
martire del “dittatore” di turno. La sua malattia divenne un caso
internazionale. Ricordo con quali festeggiamenti la signora — non certo uno
stinco di santo, ma pur sempre una oligarca utilizzabile — venne ricevuta nel
Parlamento Europeo ai tempi della rivoluzione colorata di Jushenko. Che
trionfo! Era la nostra donna a Kiev. Invece Milosevic temeva “soltanto” di
essere avvelenato in carcere. Dunque non era necessaria alcuna mobilitazione
dell’opinione pubblica internazionale in suo favore.

Lei, signor
Nardo, è un attento ricercatore dei documenti, solo che — come spesso accade —
i documenti non bastano e non servono a capire. Io ho visto la Tymoshenko
apparire nella Euromaidan in ottima forma, dopo la cura tedesca, e l’ho vista
in televisione con i tacchi alti, muoversi disinvoltamente. Andremo tutti a
curarci in Germania quando avremo l’ernia del disco. Invece Milosevic è morto
in carcere. Lei dice che aveva “sul groppone” le “ben dieci accuse di crimini
contro l’umanità, inclusi la persecuzione, lo sterminio, la tortura e atti
disumani”. Esatto. Aggiungo due note: il tribunale penale internazionale che ha
formulato quelle accuse era ed è un tribunale di parte, che amministra non la
giustizia ma il potere. Le suggerisco di fare un’indagine altrettanto analitica
sulle modalità con cui fu costituito, sui fondi che gli consentono di agire,
sul criterio di selezione dei giudici. Sono convinto che la sua perspicacia le
consentirà di trarre qualche ulteriore conclusione. Lei creda a quello che
vuole. Io mi occupo di disegnare i trattini tra i punti e ogni volta scopro che
si vede il disegno.

Cordiali
saluti

Giulietto
Chiesa

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