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'In diretta da New York, ecco ''Putin il Grande'''

'L''ultima mossa sulla scacchiera da parte del Putin anti-ISIS potrebbe demolire la strategia obamiana ''post-Maidan'' volta a isolare la Russia. [Pepe Escobar]'

'In diretta da New York, ecco ''Putin il Grande'''
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26 Settembre 2015 - 21.25


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di Pepe Escobar.

È l”ultimo
colpo di scena geopolitico della stagione: sarà ora che il presidente americano
Barack Obama avrà finalmente deciso di incontrare il presidente russo Vladimir
Putin, questo venerdì o all’Assemblea generale dell”ONU la settimana prossima a
New York?

Il cambio di
marcia della Russia in Siria – non solo consegna le armi, ma anche la
prospettiva di un intervento effettivo delle forze aeree russe – ha causato una
sincope lungo la cintura dei sobborghi di Washington.

Il Ministro
siriano degli Esteri, Walled Muallem,
ha
chiarito
a RT che il coinvolgimento diretto
russo nella lotta contro ISIS / ISIL / Daesh e contro quei “moderati” (designazione neocon USA) di Jabhat al-Nusra,
alias Al-Qa”ida in Siria, è ancora più importante che la sola consegna di armi.

Washington,
intanto, resta impantanata in un buco nero geopolitico, per quanto riguarda la
strategia di Putin. La risposta dell”amministrazione Obama dipenderà da come il
discorso di Putin alle Nazioni Unite sarà ricevuto in tutto il mondo, e come la
diplomazia frenetica legata al teatro siriano di guerra se la passerà.

È ingenuo
interpretare il potenziamento militare russo come una semplice dimostrazione di
forza, una sorta di invito agli americani a sedersi finalmente per discutere di
tutto, dall”Asia sudoccidentale fino all”Ucraina.

È altrettanto
ingenuo interpretare la mossa come un tentativo disperato di Mosca che voglia
instaurare qualche tipo di dialogo, ogni possibile dialogo. Non ci sono
illusioni al Cremlino. Obama e Putin si scambiarono qualche parola a Pechino
alla fine dell”anno scorso: tutto lì; nessuna visita ufficiale, nessuna
riunione dettagliata.

Quel che è
certo è che l”ultima mossa sulla scacchiera da parte di Putin reca con sé il
potenziale per fare a pezzi la strategia” post-Maidan”
dell”amministrazione Obama volta a isolare la Russia. Da qui la prevedibile
paura, paranoia e odio che permea tutta l”area attorno a Washington.

Le vecchie
abitudini della Guerra Fredda 2.0 sono dure a morire: anzi, morte non lo sono
per nulla. Washington può estendere il proverbiale “sostegno
finanziario” allo stato fallito e in bancarotta dell’Ucraina, così come rimarrà
la pressione addosso all”UE per mantenere le sanzioni per tutto il 2016. La ThinkTanklandia statunitense continua
freneticamente a far girare la questione dicendo che l”amministrazione Obama
“non è pronta” ad affrontare negoziati con la Russia.

Beh, almeno la
Casa Bianca e il Dipartimento di Stato sembrano aver finalmente capito che quei
caccia Sukhoi e i missili terra-aria che si trovano adesso in Siria sono lì per
proteggere la base aerea di Latakia. È toccato al Pentagono chiarire la cosa a
un John Kerry all”oscuro; questi sono lì per “la protezione con l’uso
della forza”.

Il nuovo lotto
inviato comprende 4 Su-30SM da combattimento multiruolo; 12 Su-25 caccia da
attacco al suolo; 12 Su-24M caccia da combattimento; e forse sei elicotteri
d”attacco Ka-52. Secondo la rivista specializzata IHS Jane, questi forniscono
“una significativa capacità di attaccare i ribelli che si oppongono al
governo siriano e di mettere in sicurezza Latakia, luogo d”origine del
presidente Bashar al-Assad.”

Il chiarimento
è venuto dopo che il gran capo del Pentagono Ash Carter e il ministro della
Difesa russo Sergei Shoigu han tenuto un colloquio telefonico di 50 minuti. Il
fatto che questo sia stato il loro primo colpo di telefono in più di un anno
racconta tutto ciò che si deve sapere sulle capacità “diplomatiche”
dell”amministrazione Obama.

Inevitabilmente,
Kerry ha dovuto cambiare la sua canzone; le armi non destano più”seri
interrogativi”. Ora Kerry va essenzialmente dicendo che Mosca ha il
diritto di mettere il turbo alla la sua spinta verso una soluzione di pace per la
Siria, e la Casa Bianca non è più molto esigente circa la data di partenza di
Assad , a patto che ci sia una “transizione” di qualche tipo

Guardiamo la scacchiera

Putin sta forse
per presentare un numero da applausi alle Nazioni Unite. Date un”occhiata ai ”muppets” della politica estera dell”amministrazione
Obama, ivi compresa la cellula neocon in seno al Dipartimento di Stato. Putin,
sotto i riflettori dell”opinione pubblica mondiale, inquadrerà la sconfitta
assoluta di ISIS / ISIL / Daesh come la questione geopolitica chiave di questi
tempi; dedicherà l”impegno della Russia a questa missione; e proporrà all’«Occidente»
di unirsi ad essa.

Scenario 1: Washington e i suoi tirapiedi dell”UE potrebbero decidere di sostenere
l’azione russa, o almeno far sì che la coalizione guidata da questi
opportunisti lavori fianco a fianco con la Russia – e con l”Iran. Questo
significa aiutare Damasco a vincere una vera e propria guerra contro il terrore
(del “Califfato”). Che “Assad deve andarsene” può anche aspettare. Ma
se ne andrà da vincitore. L”amministrazione Obama – così come il sultano Erdogan,
il Qatar, la Casa dei Saud – saranno ritenuti responsabili in tutto il mondo del
fatto di aver prolungato una tragedia che avrebbe potuto essere risolta già nel
2012. E la Russia sarà riconosciuta come il difensore ultimo della civiltà
contro la barbarie.

Scenario 2: Washington e i lacchè europei si rifiutano di agire fianco a fianco con
la Russia, e continueranno a fare affidamento sulle prestazioni terribili della
coalizione degli opportunisti esitanti – per esempio, come nei bombardamenti
sui curdi di Erdoğan anziché su ISIS / ISIL / Daesh, e la messa in scena
francese di attacchi aerei imbelli con la scusa della “auto-difesa”
(non sto inventando, è la versione ufficiale dell’Eliseo). Il mondo intero lo
interpreterà per quel che è: il combo NATO-GCC (Paesi del Golfo NdT) non è
veramente interessato a farla finita con i salafiti-jihadisti. Immaginate il
cataclisma in termini di ricaduta diplomatica / geopolitica rappresentato da
cinque anni di NATO-CCG che rendono la vita facile ai jihadisti duri e puri.

E cӏ,
naturalmente, la coda; se la spinta militare dell”Esercito arabo siriano arabo
più quello russo contro ISIS / ISIL / Daesh funziona, indovinate chi si prende
il merito?

Così Putin
vince in entrambi gli scenari. Dimenticatevi pure la demonizzazione
implacabile, le satire tipo Putin=Hitler/Stalin. Sarà invece ”Putin il Grande”
non meno di un nuovo Perseo Slavo – l”uccisore dell”orrenda Medusa jihadista.

La grande potenza è tornata

Ma c”è di più,
molto di più. Qualunque sia lo scenario, 1 o 2, Putin sta simultaneamente
architettando un finale di partita in Ucraina, che prevede la fine delle
sanzioni, probabilmente entro il 2017. Le nazioni che contano veramente nella
UE vogliono rottamarle, e rottameranno se Putin farà quello che non possono
certamente fare loro, cioè demolire il “Califfato” che sta inviando
ondate di profughi verso la Fortezza Europa.

Qui ho esaminato come ogni possibile pace in Siria sarà
“colpa” di Putin. Ora immaginate le conseguenze. La Russia che viene fuori come
la vera nazione indispensabile – in Medio Oriente e non solo. E la Russia di
nuovo nel ruolo di una grande potenza – punto e basta.

Alcuni segni di
vita intelligente nell”UE possono intravederlo. Ecco Hélène Carrère d”Encausse,
storica ed esperta di Russia e membro della venerabile Académie Française dal
1990, di cui è il segretario perpetuo. Madame d”Encausse capisce chiaramente
che Putin vede se stesso come l”erede di Pietro il Grande: un grande
modernizzatore.

E proprio
mentre riconosce che l”Europa non è più il centro del mondo, Putin tuttavia non
è un avversario dell”Europa. Tuttavia, egli ritiene fermamente che per gli
americani e gli europei la Russia è un paese che può essere trattato con
disprezzo, cosa questa che deve essere tassativamente cambiata.

Il progetto di
‘Putin il Grande” è quello di far sì che la Russia ritrovi il suo status di
grande potenza. Quando fu eletto alla presidenza nel 2000 – me lo ricordo bene,
ero a Mosca a seguire gli eventi – la Russia era nel caos totale, perpetrato
dal neoliberismo sfrenato. Putin ha messo la Russia di nuovo in pista.

Quello che
vuole più di tutto – contrariamente alle sciocchezze superficiali che regnano nella
ThinkTanklandia USA – non è certo di
rifare l”impero russo o sovietico, ma di sbarazzarsi per sempre della
umiliazione degli anni novanta – il decennio dei saccheggi – e rendere la
nazione di nuovo orgogliosa. Basta controllare il suo livello di popolarità; l”85
per cento dei russi – e in crescita – è d”accordo.

Madame
d”Encausse rimanda storicamente al conte Sergey Uvarov, lo statista imperiale
dietro allo zar Nicola I, che ha definito il punto focale in Russia nella metà
del XIX secolo come “ortodossia, autocrazia e genio nazionale.” Lei sottolinea
che questo è il cuore dell”ideologia putiniana .

Genio
nazionale, in questo contesto, fa riferimento a un senso di giustizia sociale e
a uno spirito molto russo di solidarietà. Putin sottolinea sempre questo
spirito, che è una componente essenziale di ciò che significa essere russo. Ed
è tutto legato al nazionalismo. Abbiamo solo bisogno di rileggere Dostoevskij,
per il quale “la nazione russa è un
fenomeno straordinario nella storia del genio umano”
.

E poi,
naturalmente, c”è l”Islam – un fattore di complicazione immenso.

Ci sono oltre
20 milioni di musulmani in Russia. Putin riconosce che la Russia è anche uno
stato musulmano; è infatti multi-confessionale, e la maggior parte dei
musulmani russi sono sunniti. Putin identifica chiaramente ISIS / ISIL / Daesh
come una crociata contro gli sciiti da parte dei sunniti. Allo stesso tempo,
mantiene ottimi rapporti con l”Iran sciita e gli Alauiti in Siria. E si rende
conto che le repubbliche sunnite, ex repubbliche russe e sovietiche, sono alle
porte della Russia odierna.

Pertanto Putin
deve continuare a scrutinare l’Islam tenendo conto sia della sua politica
interna come di quella estera. Quello che ha correttamente identificato come un
Sunnistan Salafita-Jihadista in “Siraq” è una minaccia serissima dalla
sicurezza nazionale Russa. Aleppo virtualmente è vicina di casa di Grozny.
Insomma, ”Putin il Grande” custodisce grandi ambizioni.

Però prima le
cose più urgenti: non può assolutamente permettere che la sua grande potenza
rinascente venga infiltrata ed erosa dai barbari facilitati dall’Occidente che
premono ai confini.

Pepe Escobar è il corrispondente itinerante per Asia
Times / Hong Kong, analista per RT e TomDispatch, e un frequente contributore a
siti web e programmi radiofonici che vanno dagli Stati Uniti all”Asia
orientale. Nato in Brasile, lavora come corrispondente straniero dal 1985, e ha
vissuto a Londra, Parigi, Milano, Los Angeles, Washington, Bangkok e Hong Kong.
Anche prima dell”11/9  si è specializzato
a seguire l”arco dal Medio Oriente al Centro e Est asiatico, con particolare
attenzione alla geopolitica della grande potenza e alle guerre per l”energia. È
l”autore di ”Globalistan” (Nimble Books, 2007), “Red Zone Blues ”(Nimble
Books, 2007),” Obama fa il Globalistan ”(Nimble Books, 2009) nonché un
redattore per un certo numero di altri libri, tra cui le prossime ”Crossroads
of Leadership: globalizzazione e il Nuovo Secolo americano della presidenza
Obama” (Routledge). Quando non è in viaggio, si alterna tra San Paolo, New
York, Londra, Bangkok e Hong Kong.

Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura
di Roberto Marocchesi.

Con alcune
correzioni a cura di Megachip.

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