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Siria: da Ginevra ad Aleppo, Occidente allo sbando

Come sempre, emerge il rifiuto ostinato di riconoscere le realtà concrete sul terreno in Siria da parte dei ministri degli esteri occidentali [Fulvio Scaglione]

Siria: da Ginevra ad Aleppo, Occidente allo sbando
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6 Febbraio 2016 - 06.47


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di Fulvio Scaglione.


Dice che le trattative di pace per la Siria, a Ginevra, non stanno andando molto bene. In effetti, son bastati due giorni di non-incontri (i rappresentanti del Governo di Assad parlavano con Staffan de Mistura che, a sua volta, parlava in separata sede con i rappresentanti delle opposizioni) per farli rinviare di quasi un mese. E chissà come mai le cose non funzionano.

Se date un’occhiata alla stampa, trovate pagine persino esilaranti. Come quelle in cui si sostiene che la trattativa di Ginevra non decolla a causa della controffensiva che governativi, russi ed Hezbollah stanno conducendo ad Aleppo, pare con esito positivo, contro le milizie anti-Assad, il cui grosso è formato dai jihadisti di Al Nusra, la versione siriana di Al Qaeda. Non è fantastico? Da anni Aleppo è assediata e bombardata dai ribelli, che sparano su tutto e su tutti. Ma l’ostacolo alle trattative spunta proprio adesso, ed è la controffensiva di Assad.


Ginevra e altrove

Naturalmente la vera questione è un’altra: se le truppe governative riescono a consolidare le posizioni a Nord di Aleppo e a chiudere la tenaglia, agli uomini di Al Nusra e ai loro alleati sarà precluso l’accesso al confine con la Turchia. Cosa che li preoccupa molto, tanto che sui loro siti ne parlano come di una minaccia da sventare e diffondono persino dei video in proposito. Ma perché? Erdogan non aveva garantito che il confine era chiuso, sigillato, insuperabile? Che i foreign fighters non passavano più? Non c’era una pletora di esperti pronti a spiegarci che no, il petrolio dell’ISIS non veniva venduto lì? Inutile illudersi, comunque, che di questo si ragioni a Ginevra o in uno qualunque dei luoghi dove sarebbe utile farlo.

Tagliar fuori i ribelli dal confine farebbe forse emergere, invece, quanto vitale sia stata, in questi anni, l’assistenza turca alla causa dell’ISIS e dei suoi affini. E stiamo parlando di quello stesso confine che la NATO, tra squilli di tromba, ha detto di voler correre a proteggere, forse per garantire che la Turchia potesse continuare con i suoi maneggi.

Questo ci riporta al problema cruciale sia per la pace in Siria sia per eventuali trattative come quelle di Ginevra: la totale inabilità dell’Occidente, che scambia i desideri per fatti. Lo dimostrano anche dichiarazioni come quelle del segretario di Stato Usa John Kerry (“I continui assalti delle forze del regime siriano contro le aree in mano all’opposizione, resi possibili dai raid aerei russi, hanno chiaramente segnalato l’intenzione di cercare una soluzione militare e non politica”) o del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius (“Mosca e Damasco chiaramente non vogliono contribuire ai negoziati in buona fede”).

Come sempre, emerge il rifiuto ostinato di riconoscere le realtà concrete sul terreno. Si può anche pensare che Assad vada cacciato ma è indubitabile che c’è una parte di Siria e dei siriani che tuttora preferiscono il suo regime all’alternativa proposta dai ribelli. Una parte minoritaria? Forse, che però esiste e da anni resiste. I vari Kerry e Fabius pretendono che questa parte di Siria scompaia per incanto, o accetti di consegnarsi ai ribelli.

E poi che cosa ci dicono i vari Kerry e Fabius di al Nusra, dell’ISIS e delle altre formazioni islamiste? Se i russi si ritirassero e l’esercito di Assad si arrendesse, sarebbero gli islamisti, oggi, a dominare in Siria, non i più o meno fantomatici â€œribelli moderati” addestrati dalla CIA di cui il senatore McCain parla un giorno sì e l’altro anche. 

E’ su questa base che le nostre diplomazie pensano di avviare negoziati credibili e un processo politico che porti a libere elezioni? Gli americani dopo aver mollato al loro destino i curdi, buoni da mandare in prima linea ma nemmeno invitati a Ginevra perché sgraditi alla Turchia? I francesi dopo aver tirato un po’ di bombe su Raqqa (grande città dove, a quanto pare, le bombe non cadono mai sui civili) nell’onda emotiva delle stragi di Parigi, per poi ritirarsi nel solito nulla?

E come mai, se i russi e i governativi ottengono risultati sul campo di battaglia, la coalizione americo-saudita non riesce a fare altrettanto? Perché non si sbarazzano dell’ISIS e di Al Nusra, insomma,  loro che sono i “buoni”, visto che anche loro hanno un’ottima aviazione (almeno pari a quella russa) e un esercito di iracheni e curdi da mandare all’attacco?

Alla fin fine siamo finiti nel solito pantano, uno di quelli che ci prepariamo con tanta cura. Non possiamo controllare né fermare i jihadisti del Fronte islamico, perché li arma e li finanzia la nostra grande amica Arabia Saudita. Non possiamo appoggiare troppo i crudi perché dispiacerebbe all’altra nostra grande amica, la Turchia. Ci siamo bruciati i ponti con la Russia. Vogliamo come prima cosa eliminare Assad anche se non siamo capaci di stroncare l’ISIS. Ma dall’Iraq alla Libia alla Siria continuiamo imperterriti a riproporre le stesse ricette. Complimenti.




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