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La battaglia per Aleppo e le menzogne dei giornalisti di regime

L’apice dello scandalo informativo è nella descrizione, tutta capovolta rispetto alla realtà, della battaglia per Aleppo, decisiva per le sorti della guerra. [Vincenzo Brandi]

La battaglia per Aleppo e le menzogne dei giornalisti di regime
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10 Febbraio 2016 - 06.06


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di Vincenzo Brandi.

Desta veramente scandalo
ed indignazione il cumulo di menzogne spudorate con cui i giornalisti dei
principali canali TV e dei maggiori quotidiani descrivono le operazioni
militari in Siria che potrebbero segnare una svolta nel corso della guerra che
insanguina il paese da quasi 5 anni. L’apice dello scandalo è raggiunto nella
descrizione, del tutto capovolta
rispetto alla realtà
, della battaglia per Aleppo, che potrebbe rivelarsi
decisiva per le sorti della guerra.

La grande città
industriale, posta nel Nord della Siria, è stata sempre la capitale economica
del paese. Nel 2012 la città fu attaccata da bande jihadiste di diversa
tendenza, in buona parte costituite da jihadisti e mercenari stranieri, che
riuscirono a circondarla quasi completamente, ad occupare alcuni quartieri
periferici comprendenti varie industrie e le centrali elettrica ed idrica, e ad
infiltrarsi anche in alcuni quartieri centrali.

Gli abitanti non
collaborarono minimamente all’attacco, ma ne subirono tutte le conseguenze.
Infatti le industrie furono tutte smantellate dai jihadisti, continuamente
riforniti dalla vicina Turchia con armi e rinforzi. Le attrezzature industriali
furono tutte rivendute nella stessa Turchia, ovviamente con la complicità delle
autorità turche.

Poiché però la città
continuava a resistere, grazie anche ad un’incerta via di rifornimento posta a
Sud-Est del centro e tenuta aperta dall’esercito, i jihadisti, cui nel
frattempo si erano aggiunti anche i miliziani dello Stato Islamico (o Daesh)
provenienti dall’Est, da Raqqa, tagliarono l’acqua e l’energia elettrica agli
assediati, bombardando nel contempo i quartieri centrali con razzi e mortai e
tormentando gli assediati con sanguinosi attentati condotti con autobombe ed
altri mezzi (il più grave e micidiale fu condotto contro l’Università con la
morte di decine di studenti). Su tutto questo vi sono, tra le altre, le
continue testimonianze dei vescovi delle comunità cristiane cittadine, che
riferiscono anche di aver fatto scavare pozzi nei recinti delle chiese per
alleviare le sofferenze della popolazione assetata, testimonianze che i
giornalisti non potevano ignorare, anche se non avessero voluto prestare fede
alle dettagliate notizie fornite dall’agenzia siriana SANA, o dalle fonti russe
(Sputnik-edizione italiana) e libanesi (Al Manar).

La controffensiva
dell’esercito siriano, scattata negli ultimi mesi del 2015 con l’appoggio dell’aviazione
russa, è diretta innanzitutto a “liberare”
la città dall’assedio. L’esercito è quindi avanzato “dal centro della città verso la periferia e le località vicine” per
allontanare gli assedianti. Verso Nord-Est è stata “liberata” la grande base militare di Kuweiri, posta a circa 25
kilometri e assediata da oltre tre anni, respingendo i miliziani di Daesh verso
l’Eufrate. Verso Nord-Ovest sono state “liberate”
due cittadine distanti circa 40 Kilometri, assediate anch’esse dal 2012 dai
jihadisti  di Al Nusra (ramo siriano di
Al Queda) e dai loro alleati di Ahrar Al Sham e dell’Esercito Libero Siriano .
L’agenzia SANA ha mostrato le folle festanti che accolgono l’esercito “liberatore”. Anche verso Sud-Ovest
l’esercito avanza per riaprire le strade verso le province di Homs ed Hama e
permettere un maggior afflusso di rifornimenti essenziali alla popolazione.

Ebbene, le parole usate
dai nostri giornalisti di regime dicono vergognosamente l’esatto opposto della
realtà. Secondo loro (e secondo le veline che ricevono) sarebbe l’esercito
nazionale che “avanza verso Aleppo”
per “riconquistarla”, come se la
città fosse in mano ai rivoltosi e ai mercenari stranieri, e non invece
assediata da oltre tre anni dai jihadisti. Da Aleppo gli abitanti fuggirebbero
verso la Turchia, terrorizzati dai bombardamenti russi.

In realtà all’interno
del perimetro cittadino non si combatte più. I gruppi jihadisti e mercenari che
si erano infiltrati in città sono accerchiati ed hanno solo la prospettiva di
arrendersi o raggiungere un accordo con il governo simile a quello raggiunto
dai jihadisti che erano accerchiati in un quartiere isolato di Homs e furono
accompagnati alla frontiera turca con degli autobus forniti dal governo.

Il fronte si trova ormai
molto a Nord della città a soli 20 Kilometri dalla frontiera turca (notizia del
7 febbraio). L’esercito nazionale vuole raggiungere la città frontaliera di
Azaz per bloccare i continui rifornimenti di armi e mercenari stranieri che la
Turchia fa affluire. Anche in altre zone della Siria, come nell’estremo Sud
nella provincia di Deraa, l’esercito respinge 
i Jihadisti verso la Giordania (che prudentemente sta cambiando il suo
atteggiamento ostile verso il governo siriano), mentre anche il tratto di
frontiera con la Turchia nel Nord della provincia di Latakia (dove venne
proditoriamente abbattuto da un missile 
turco un aereo russo)  è ormai
sotto il controllo dell’esercito che blocca le infiltrazioni dei mercenari.

Di fronte a questa
svolta nella guerra i nostri giornalisti, che per anni hanno ignorato la fame e
la sete dei civili intrappolati ad Aleppo e taciuto sulle loro condizioni
drammatiche per cui molti hanno abbandonato la città e sono finiti profughi,
ora si stracciano le vesti parlando dei civili che fuggono dalle zone dei
combattimenti. Facendo eco alla propaganda ed alle richieste dei due
avventurieri criminali, il presidente turco Erdoğan ed il suo primo ministro
Davutoğlu, tra i principali responsabili del massacro siriano insieme ai
Sauditi e agli USA, chiedono la fine dei “bombardamenti russi”. Ma questo
fervore pseudo-umanitario nasce solo dal fatto che i mercenari al servizio del
neo-colonialismo e dell’imperialismo occidentale e delle monarchie oscurantiste
del Golfo stanno perdendo la guerra e che la Siria, con l’aiuto della Russia,
dell’Iran e degli Hezbollah libanesi, si dimostra un osso più duro del
previsto. Quando i popoli resistono è vero che “l’imperialismo è una tigre di
carta”.

[b]PANDORA TV – SERVIZIO CORRELATO:[/b] Siria: la riconquista dei confini

Video tratto da [url”pandoratv.it/?p=6130″]http://www.pandoratv.it/?p=6130[/url]

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