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Ad Aleppo si gioca il destino del mondo

La miccia siriana: gli USA pensano sia possibile passare da una guerra circoscritta a una generalizzata e intanto vedere come reagisce l’avversario. [Piotr]

Ad Aleppo si gioca il destino del mondo
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5 Ottobre 2016 - 18.49


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Quod vult perdere Jupiter dementat

Giove toglie prima il senno a quelli che vuole rovinare

di Piotr.

1. La Russia e
gli Stati Uniti hanno rotto ogni collaborazione sulla Siria.

Dopo l’attacco aereo statunitense su Deir ez-Zor, coordinato con l’ISIS (e ci sono
intercettazioni militari a riguardo) dove sono stati uccisi circa 80 soldati
siriani e un numero non noto di militari russi e l’immediata, letale e
soprattutto non prevista reazione russa, non riportata dai media occidentali (e
ammessa solo implicitamente da Mosca) che ha annientato una centrale operativa
di supporto ai “ribelli”, nella fattispecie quasi tutti del Fronte al-Nusra,
cioè al-Qa’ida in Siria, operanti ad Aleppo Est e Idlib, dove sono morti circa
30 ufficiali israeliani, qatarioti, sauditi, turchi e statunitensi, e dopo le
accuse di Mosca a Washington di sostenere i jihadisti e la riasserzione che,
costi quel che costi, Mosca non lascerà mai Damasco in mano ai jihadisti, gli
Usa hanno iniziato a reagire come un pugile rintronato ma incattivito.

2. Da una
parte il Pentagono e la CIA hanno dichiarato, ormai apertamente e senza più
alcun ritegno, che aumenteranno il loro sostegno ai jihadisti con missili
terra-aria e missili anticarro. Ai soldi ci pensano quei democratici dei
Sauditi che tra l’altro, sembra una beffa, un nonsense o un paradosso ma
è così, presiedono la Commissione per i Diritti Umani dell’ONU e dall’alto di
quello scranno accusano Assad di essere un “dittatore”, mentre loro massacrano
uomini, donne e bambini direttamente nello Yemen, anche col sostegno politico e
persino materiale di Renzi e Mogherini, e indirettamente in Siria tramite i
tagliagole da essi addestrati, armati, ideologizzati e foraggiati.

Per rafforzare
il messaggio dagli USA è partito l’ordine ai tagliagole di bombardare con
mortai l’ambasciata russa a Damasco, non potendo bombardarla loro direttamente come fecero con quella cinese a Belgrado nel 1999.

Ma la
situazione sul terreno si complica sempre di più [1].

3. La Casa
Bianca, dal canto suo, fa il pesce in barile. La scusa è che Obama sta per
andarsene ma la sostanza è che non tiene più sotto controllo la situazione né
in Siria né a casa propria. In questi giorni dalla voce del segretario di Stato
John Kerry sfuggono dichiarazioni di cui una è più surreale dell’altra:

“La
transizione siriana deve contemplare anche Assad. Io non sono d’accordo con
Obama quando sostiene che Assad deve andarsene”
,

“Io tre anni
fa volevo bombardare Damasco per costringere Assad ad andarsene, ma Obama si oppose”
,

“I Russi
sono in Siria su richiesta di Damasco, noi no e quindi i Russi violano le leggi
internazionali mentre noi le rispettiamo”
(non sto scherzando!).

Peccato che
tutti sappiano che solo un governo riconosciuto internazionalmente può richiedere
una presenza militare straniera sul proprio territorio. E il governo di Damasco
è quello tuttora riconosciuto (siede all’ONU).

Questa tragedia
degli equivoci, con istruttori militari statunitensi mandati ad addestrare i
jihadisti e che schifati boicottano la loro stessa missione e gli addestrandi jihadisti
che li insultano chiamandoli “cani infedeli”, col Pentagono che secondo la
versione ufficiale sarebbe stato attaccato da al-Qa’ida l’11/9 del 2001 e
adesso le manda armi ultimo modello e la definisce “our asset in
Syria
”, con la corsa di tutti contro tutti per dimostrasi uno più
guerrafondaio dell’altro e ingraziarsi la presunta futura ospite dello Studio
Ovale, cioè Hillary Clinton, abbiamo lo spettacolo di un Segretario di Stato
uscente che non sa più che pesci pigliare e che diavolo dire e alla fine sbotta
affermando (cito) “In Siria i Russi sono stati più furbi di me”.

Roba
dell’altro mondo.

4. Possiamo,
dopo quasi sei anni di guerra e dopo le “primavere arabe” cercare di fare una “sintesi
storica”?

Non è
difficile. La Libia di Gheddafi e la Siria erano degli ostacoli nel piano di
rilancio degli Stati Uniti della loro egemonia mondiale messa in discussione in
prospettiva (ma con forti avvisaglie già da diversi anni) dai BRICS e
innanzitutto da Russia e Cina. Faccio un solo accenno al fatto che la crescita
di Russia e Cina come competitor è
stata l’effetto inintenzionale della “globalizzazione” cioè della strategia con
cui gli USA hanno cercato dal 1992 in avanti di fronteggiare la crisi sistemica
che ha il suo cuore proprio negli USA stessi [2].

Ne ho già parlato
e qui non mi dilungo, ma è bene tenerlo a mente, perché è della serie “Il
diavolo (capitalista) fa le pentole ma non i coperchi”, oppure della serie, per
essere più raffinati, della “eterogenesi
dei fini”
di vichiana memoria.

La Libia di
Gheddafi era un punto di sconnessione del CENTCOM (il comando strategico
statunitense per il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Asia Centrale) e, per
giunta, Gheddafi aveva l’intollerabile progetto di Moneta Unica Africana, un
vero attentato alla maestà del Dollaro. Cosa che meritava, come aveva previsto
in questi casi il grande accademico britannico David Harvey, “una risposta,
anche militare, selvaggia
”.

La Siria è un
altro punto di sconnessione del CENTCOM, ospita una base russa ed è elemento cardanico
del cosiddetto “asse sciita”, un termine inesatto con cui si indica un percorso
che va da Hezbollah in Libano, il governo della Siria appunto, l’Iraq e l’Iran [3].

Se uno sta a
vedere le e-mail (ex) segrete di Hillary Clinton, questo asse sarebbe “canaglia”
perch̩ pericoloso per Israele. Io, francamente Рe so di tirarmi addosso le
critiche di che pensa che sia in atto un complotto mondialista sionista –
rimango basito di fronte a queste e-mail. Israele? Tutto qui? La più grande
potenza del mondo fa tutto questo macello perché è preoccupata per Israele, uno
staterello di pochi milioni di abitanti? E la crisi sistemica? Dov’è finita?
Veramente tutta la crisi mondiale, la risposta ad essa della “nazione
indispensabile”, le contromosse della Russia e di altri enormi Stati come
l’India e la Cina, veramente tutte le preoccupazioni del mondo ruotano intorno
a Israele? Non è che per caso ci sia un qualche “bias” millenaristico in questa
idea? [4]

Se queste sono
veramente le preoccupazioni della Clinton, se Hillary non “ci fa” ma “c’è”, allora
è sicuro che, dovesse malauguratamente vincere, alla Casa Bianca vedremo un –
come si dice in Inglese?, sì – un puppet on a string, un
burattino coi fili, pur con tutti i suoi diplomi a Yale e la sua immensa boria.

5. Perché la
strategia seguita dall’élite statunitense è ancora quella delineata alla
fine degli anni Settanta (l’inizio della crisi sistemica, oh insomma!) da
Zbignew Brzezinski, allora consigliere per la sicurezza nazionale: avere il
saldo controllo dell’Eurasia (e quindi anche delle altre zone che a ciò
servono). E Israele non c’entrava un fico secco, se non come alleato.

EXCURSUS:
Ultimamente Zbignew Brzezinski ha fatto un po’ marcia indietro perché forse intuiva che con la sua strategia si rischiava di andare a sbattere. Stessa cosa
aveva fatto Henry Kissinger. Ma questa marcia indietro era suggerita dalla
ragione, che è una cosa che la crisi sistemica non conosce
. Questo è il
guaio principale. Proprio oggi, ecco la contro-marcia indietro di Brzezinski: [url”il 4 ottobre 2016 cinguetta così su Twitter”]https://twitter.com/zbig/status/783400378884845568[/url]: “Per fermare gli attacchi implacabili sugli innocenti ad Aleppo, la potenza a disposizione degli Stati Uniti dovrebbe far valere le proprie capacità.” La ragione è evaporata. “Far valere le proprie capacità” è un modo felpato per dire “aumentare lo slancio bellico” in Siria.

In Libia e in
Siria gli Stati Uniti hanno cercato di riproporre il “format” afgano:
utilizzare i jihadisti per annientare un governo laico e progressista (e già
questo era fastidioso) che si intrometteva nella strategia Brzezinski. Da
secoli il jihadismo non esisteva più come problema politico internazionale. Ci
hanno pensato gli Stati Uniti a riesumarlo negli anni Ottanta, utilizzandolo prima
in Afghanistan, poi in Bosnia, poi ancora nel Kosovo, poi in Libia e ora in
Siria, con gli effetti che stanno davanti agli occhi di tutti.

Mosca ha mostrato
che il re è nudo. Ha rivelato che gli accordi di cessate il fuoco prevedevano
che gli USA facessero in modo di separare i “ribelli moderati” da al-Qa’ida, dall’ISIS
e dagli altri fanatici tagliagole. Già parlare di “ribelli moderati” (non ce ne
sono in Siria!) era una concessione da parte dei Russi e di Damasco. Ma era una
concessione con una grande valenza diplomatica. Ma gli accordi non sono stati
rispettati.

Non sappiamo
cosa avesse in mente Kerry (e Obama), se fosse leale oppure no. La sua attuale
confusione mentale non ci permette di saperlo. Forse lo scopriremo in un futuro
libro di memorie. Fatto sta che il
Pentagono e la CIA hanno rifiutato apertamente questa tregua e sono subito passati
all’azione
col bombardamento pro-ISIS di Deir Ez-Zor. E adesso lo
ribadiscono dicendo che sosterranno tutti i jihadisti pur di sconfiggere i
Russi in Siria, minacciando persino in modo mafioso di promuovere attentati
“jihadisti” sul territorio russo.

6. Il
messaggio della Russia allora è chiaro: Signori (anzi “partner occidentali”),
non ci spaventate. Odiamo la guerra ma siamo pronti a combatterla. E lo sapete
bene. E sapete bene che quando la Russia deve difendersi può diventare brutale [5].

Attenzione
allora a due cose. Gli Statunitensi pensano che sia possibile un’escalation, da uno stato di guerra circoscritto a uno generalizzato e nel frattempo vedere
come reagisce l’avversario. Pensano ciò perché a parte la Guerra Civile hanno
sempre combattuto le altre guerre al di fuori dai loro confini. I Russi invece
avranno la guerra subito in casa. I missili della NATO stanno ora solo a 100 km
da San Pietroburgo. La guerra per loro sarà per forza di cose da subito totale.
Questo gli Europei lo capiscono (ci sono già passati), ma gli USA no.

Ecco allora la
seconda cosa a cui fare attenzione. Se gli USA, presi da disperazione e
scelleratezza, arriveranno veramente a un passo dalla guerra con la Russia, la
NATO si sfascerà.

Basterà questo
a salvarci?

Ad Aleppo si
gioca il destino del mondo.



NOTE


[1] L’altro
giorno le milizie curde, formalmente alleate con gli USA, si sono coordinate
con l’Esercito Arabo Siriano per attaccare l’ISIS su due fronti in una zona
chiave per i suoi rifornimenti. Domanda: tra poco vedremo milizie curde alleate
con Damasco che si spareranno con milizie curde alleate con gli Usa? Forse
alcuni gruppi curdi iniziano a temere che se gli USA rilanciano il loro
sostegno ai jihadisti “estremi” (quelli “moderati” del sedicente Esercito
Siriano Libero operano come truppe di Ankara contro i curdi stessi e, in
second’ordine, l’ISIS) il loro “stato indipendente” rischia di andare a farsi
benedire e quindi può essere meglio negoziare una regione autonoma con Damasco.
Vedremo se ci saranno sviluppi.

[2] Eventi
spia della crisi sistemica sono il Nixon Shock del 1971 e la sconfitta nel
Vietnam del 1973. Direi che è ora di finirla di guardare indietro solo fino
alla “crisi dei subprime” del 2006 o il fallimento di Lehman Brother del
2008, o fino all’introduzione dell’Euro per quanto concerne il nostro particulier.
Lasciamo che siano gli “specialisti” a trastullarsi con questi balocchi. L’Euro
è una mostruosità innanzitutto perché sono mostruose le relazioni
internazionali che ruotano attorno ad esso e quindi lo sono anche i loro
riflessi nell’economia e nella finanza. Questi riflessi ci potrebbero essere
anche con la Lira se il suo posizionamento politico nell’arena internazionale
rimanesse subordinato all’Alta Finanza privata di Wall Street e all’Alta
Finanza intergovernativa di Washington. Veramente quando c’era la Lira facevamo
quello che volevamo? “La politica al primo posto”, diceva un tale. Molti
antiegemonisti criticano la politica monetaria della Russia perché la
esporrebbe alla volontà di Washington. Recentemente si è aggiunto anche il
bravo Paul Craig Roberts, ispirato nelle sue critiche dalla Modern Money
Theory. Ora, Vladimir Putin si è laureato in Diritto con una tesi sul commercio
internazionale e ha conseguito il corrispondente del nostro dottorato in
Economia con una tesi sulle risorse strategiche nelle relazioni di mercato. Si
sa poi che il suo consigliere economico Sergei Glazyev (che infastidisce gli
Usa tanto che hanno costretto noi Europei a “bannarlo”) lo ha messo in guardia
contro alcuni pericoli finanziari derivanti dalla politica della Banca Centrale
Russa. Quindi non è che non capisca quello che gli vien detto o che è ubriaco
di neoliberismo fino a non vedere i rischi per la Russia e per se stesso.
Eppure Putin continua a ribadire la sua fiducia alla governatrice della banca,
Elvira Nabiullina. Forse per capire la faccenda bisogna accettare il fatto che
l’economia segue una sua logica mentre la politica ne ha un’altra. Se la logica
dell’economia fosse quella “giusta”, quella “oggettiva”, da un bel pezzo il
Dollaro sarebbe carta straccia. Eppure così non è. Proprio perché la politica
ha i suoi fini e i suoi mezzi, che possono anche entrare in contrasto con
quelli economici o possono “sospenderne” la logica (che quindi tanto oggettiva
non è).

[3] Il
termine “asse sciita” è ideologico, perché il governo di Damasco è almeno per
la metà sunnita, il suo esercito è nella quasi totalità sunnita e perché, tanto
per fare un altro esempio, di questo “asse sciita” dovrebbe a pieno titolo far
parte l’Armenia, che è il più antico stato cristiano del mondo in guerra,
guarda un po’, con l’Azerbaijan che è tutto sciita, ma col sostegno, guarda
ancora un po’, dell’Iran, sciita. E’ una novità? Peccato che sia una cosa che
va avanti da almeno 15-20 anni. E’ una novità se insistete nell’abbeverarvi dai
media mainstream dove la lettura ideologico-propagandistica (di guerra) dei
fatti è la norma.

[4] Mi fa
venire in mente certi gialli, come ad esempio “Il senso di Smilla per la neve”,
dove suspence, colpi di scena, grande azione, perfetta ambientazione,
sorprendente analisi investigativa sono intrecciati in modo mirabile per poi
scoprire, nelle ultime pagine, che dietro al mistero c’era il solito
picchiatello che voleva dominare il mondo.

[5]
La sconfitta del jihadismo in Siria, per la Russia è prima di tutto la
sconfitta di un problema che può diventare interno. Solo dopo è un problema
geopolitico. Questo raramente viene capito.


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