'A Copenaghen il mondo studia l'allarme clima. L''ultimo appello degli scienziati' | Megachip
Top

'A Copenaghen il mondo studia l'allarme clima. L''ultimo appello degli scienziati'

'A Copenaghen il mondo studia l'allarme clima. L''ultimo appello degli scienziati'
Preroll

admin Modifica articolo

11 Marzo 2009 - 18.14


ATF

klima-megaDal nostro inviato Dafni Ruscetta – Megachip

COPENHAGEN – Ha preso il via ieri a Copenhagen il congresso scientifico internazionale sui cambiamenti climatici, con più di 2.000 partecipanti registrati e circa 1.600 contributi scientifici di ricercatori e studiosi provenienti da più di 70 Paesi al mondo. Le conclusioni preliminari del congresso verranno presentate giovedì 12 marzo durante la sessione di chiusura e saranno ulteriormente sviluppate in una relazione di sintesi che sarà pubblicata nel giugno di quest”anno.

Tale executive summary sarà successivamente consegnato a tutti i partecipanti della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP-15, Kyoto2), il grande vertice globale che si terrà nel mese di dicembre ancora nella capitale danese.

Il congresso è organizzato dallo IARU (Alleanza Internazionale della Ricerca Universitaria), di cui fanno parte alcune tra le più prestigiose università al mondo, tra le quali ricordiamo: Australian National University, ETH Zürich, National University of Singapore, Peking University, University of California, Berkeley, University of Cambridge, University of Copenhagen, University of Oxford, University of Tokyo, Yale University.

L”obiettivo generale del congresso è quello di diffondere i risultati e le conoscenze che la ricerca scientifica ha conseguito negli ultimi anni nel campo della comprensione, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Come ha sottolineato la Prof. Katherine Richardson, dell”Università di Copenhagen e Presidente della Danish Commission on Climate Change Policy, scopo dell”incontro è favorire una maggiore comunicazione tra il mondo scientifico e quello politico, grazie soprattutto all”impegno dei media.

La prima giornata del congresso è stata caratterizzata da incontri e discussioni varie, in particolare sul tema dell”innalzamento del livello dei mari e delle previsioni in merito alle conseguenze da esso provocate.

Secondo alcuni rapporti presentati nel corso di varie sessioni, infatti, l”innalzamento del livello dei mari potrà superare il metro entro il 2100, contro i circa 50 cm previsti dall”ultimo rapporto dell”IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), che però non teneva conto di alcuni importanti fattori che pure contribuirebbero all”innalzamento del livello dei mari.

Il Dr. John Church, dell”Australian Weather and Climate Research Center ha affermato che le recenti immagini dai satelliti hanno messo in evidenza un costante innalzamento, di circa 3 mm l”anno, dal 1993. Un tasso di aumento ben al di sopra della media del XX secolo. Gli oceani stanno continuando a espandersi e a riscaldarsi, la velocità di scioglimento dei ghiacciai delle montagne è aumentata e le lastre di ghiaccio della Groenlandia e dell”Antartide stanno contribuendo all”incremento dei livelli del mare. «Se non ci impegniamo in urgenti e significative azioni di mitigazione – ha ammonito Church – il clima del nostro pianeta potrebbe raggiungere, nel corso del XXI secolo, una soglia di irreversibilità che porterebbe a un possibile aumento del livello del mare anche di alcuni metri». E, come ha spiegato il Professor Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research, la percentuale di incremento dei livelli dei mari è strettamente connessa all”aumento delle temperature: la velocità di innalzamento continuerà a crescere con il surriscaldamento del pianeta.

L”impatto dell”innalzamento – anche nella migliore delle ipotesi – sembra alquanto preoccupante: circa il 10% della popolazione mondiale, 600 milioni di persone, vive in zone a rischio di inondazioni. Un precedente studio condotto dall”equipe del Dr. Church mostra come anche un più modesto innalzamento, come quello previsto in precedenza dall”IPCC ad esempio, provocherebbe fenomeni di inondazioni costiere a un ritmo sempre più frequente. «Il nostro studio – ha dichiarato lo stesso Dr. Church – basato sulle zone costiere australiane, mostra che le inondazioni che oggi avvengono a un ritmo di una volta ogni cento anni, potrebbero presentarsi con una frequenza di diverse volte all”anno dal 2100».

 

Native

Articoli correlati