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La crisi nata da Bush, il presidente che colpì al cuore dello Stato

La crisi nata da Bush, il presidente che colpì al cuore dello Stato
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8 Aprile 2009 - 21.12


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bush-george-megadi Gianluca Scroccu – da «l”Unione Sarda»

«I molteplici fallimenti dell”amministrazione Bush sono il risultato di un governo in mano a un movimento che si dedica ad attuare politiche contrarie agli interessi della maggioranza». Paul Krugman, premio Nobel per l”economia 2008, non ha mai usato mezze misure nel criticare l”ex presidente, a cui ha contestato di aver sposato in pieno il modello politico-economico che ci ha poi portato all”attuale crisi economica mondiale.

Ora è possibile leggere le sue riflessioni in due volumi da poco usciti in libreria.

Il primo è l”edizione economica del fortunato “La coscienza di un liberal” (Laterza, pp. 308, 12,00 ?), un libro da leggere e meditare per i tanti spunti utili anche per la nostra realtà italiana. Il docente di Princeton descrive la storia della politica economica americana, su un piano storico e sociologico, per cercare di comprendere le ragioni che hanno portato gli Stati Uniti del New Deal e degli anni Cinquanta sino alla nascita e al consolidamento di una vasta classe media capace di vivere in pieno il benessere e le nuove opportunità della società dei consumi, così da realizzare la “grande compressione” delle disuguaglianze dei decenni precedenti. Una tendenza andata scemando dagli anni di Ronald Reagan, quando le disparità sociali ripresero ad aumentare, con i redditi dei manager che incrementavano vorticosamente mentre gli stipendi e i salari di impiegati ed operai iniziavano a comprimersi.

Tutte conseguenze, secondo Krugman, di precise scelte politiche ispirate alle teorie dei neoconservatori, i quali si sarebbero impadroniti con una lunga “guerra di posizione” delle leve del Partito Repubblicano, per poi imporsi sulla scena politica internazionale grazie all”uso accorto di think tank e mass media. Da qui un attacco sempre più forte alle politiche di Welfare e allo Stato in generale, a favore di un”esaltazione quasi religiosa delle capacità del mercato di garantire prosperità in un sistema dove le regole contano sempre meno.

È stata questa la cornice che ha permesso lo sviluppo della crisi economica del 2008 indagata a fondo nel suo secondo volume “Il ritorno dell”economia della depressione e la crisi del 2008” (Garzanti, pp. 219, 16,60 ?).

Grazie al racconto chiaro e accessibile anche ai digiuni di economia, si ripercorrono le ragioni della crisi delle “tigri asiatiche” e del Sud America degli anni Novanta e la lunga depressione del Giappone, per l”autore una prova generale dell”attuale situazione.

Già in quelle vicende si poteva scorgere come un regime finanziario senza regole e poco trasparente, favorito da banche senza scrupoli, potesse formare una gigantesca bolla speculativa che prima o poi sarebbe scoppiata. Successe alla fine del 2008 con la vicenda dei mutui subprime e il fallimento di decine di banche, con conseguenze devastanti sui risparmi e i mutui di milioni di cittadini americani e del resto del mondo. Una crisi dalla quale, secondo l”autore, si potrà uscire solo con la forza di nuove regole e di un nuovo corso dell”economia mondiale, diverso dal modello selvaggio degli ultimi anni. Una sfida che riguarda in primo luogo gli Stati Uniti e il presidente Obama, a cui anche recentemente Krugman ha consigliato di intraprendere con ancora maggiore decisione una politica economica di stampo neokeynesiano.

 

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