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Agricoltura urbana: produrre cibo in città più verdi (riciclando rifiuti) per disinnescare la bomba demografica

Agricoltura urbana: produrre cibo in città più verdi (riciclando rifiuti) per disinnescare la bomba demografica
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1 Ottobre 2010 - 10.01


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growing_greener_cities_megada greenreport.it
La Fao cerca di prepararsi alla “bomba demografica” la cui miccia sta bruciando sempre più rapidamente. Negli ultimi 10 anni, la popolazione urbana dei Paesi in via di sviluppo è cresciuta ad un ritmo quasi doppio rispetto alla popolazione totale: da 2 miliardi a 2,5 miliardi di persone.

Questo significa quasi cinque nuove città delle dimensioni di Pechino ogni 12 mesi. «Per il 2025 – dice la Fao – le proiezioni demografiche indicano che più di metà della popolazione dei paesi in via di sviluppo, circa 3,5 miliardi di persone, vivrà in agglomerati urbani. Per i governanti e gli urbanisti dei paesi poveri che dovranno confrontarsi con questa sfida, città “più verdi” potrebbero rappresentare una possibilità reale per assicurare alimenti sani e nutrienti, mezzi di sussistenza sostenibili e migliori condizioni di salute. Il concetto di “città verdi” è in genere associato alla pianificazione urbana dei paesi più sviluppati. Ma ha un”applicazione speciale (e dimensioni economiche e sociali assai diverse) nei Paesi in via di sviluppo a basso reddito».

E” proprio nelle nuove metropoli del “terzo mondo” che l”espansioone incontrollata e spesso incontrollabile delle aree urbane ogni anno erode preziosa terra agricola, mentre la produzione di cibo fresco viene sempre più spinta verso le aree rurali. Secondo la Fao, «I costi del trasporto, dell”imballaggio e della refrigerazione, il cattivo stato delle strade rurali, e le perdite durante gli spostamenti incidono sui prezzi e sono responsabili della minore disponibilità di frutta e verdura sui mercati urbani».

Per esempio a causa della sua rapida espansione, la città di Accra inghiotte ogni anno circa 2.600 ettari di terra coltivabile. Le famiglie urbane povere spendono sino all”80% del loro reddito per il cibo, questo le rende particolarmente vulnerabili se i prezzi alimentari salgono ed i loro redditi calano. In Africa ed Asia, le famiglie urbane spendono sino al 50% del loro budget alimentare in scadenti cibi precotti, spesso privi di vitamine e minerali essenziali per la salute.

Dal 2000 ad oggi i governi di 20 paesi hanno chiesto l”assistenza della Fao per fornire incentivi, fattori produttivi e formazione agli orticultori urbani a basso reddito. La Fao ha anche fornito attrezzi, sementi e formazione per avviare in più di 30 paesi migliaia di orti scolastici, un mezzo collaudato per promuovere la nutrizione infantile. Secondo l”agenzia dell”Onu più di 130 milioni di persone in Africa e circa 230 milioni in America Latina sono già coinvolte nell”agricoltura urbana, soprattutto nell”orticoltura, che fornisce cibo per le famiglie e reddito dalla vendita dei prodotti.

«Dalle brulicanti città dell”Africa occidentale e centrale, ai barrios a basso reddito di Managua, Caracas e Bogotà, la Fao ha aiutato i governi a promuovere orti irrigati nelle periferie urbane, semplici mini-colture idroponiche in slum di grandi città, e tetti verdi nei centri di città densamente popolate», si legge in un comunicato dell”Agenzia».

La Fao fa alcuni esempi positivi: più della metà dell”approvvigionamento di ortaggi della città di Pechino viene da orti cittadini. L”orticoltura dentro ed intorno ad Hanoi produce più di 15.000 tonnellate di frutta e verdura l”anno. A Cuba, il 60% della produzione orticola proviene da aree urbane e l”assunzione pro-capite di frutta e verdura supera il minimo raccomandato dalla Fao e dall”Oms di 400 g al giorno (esclusi patate e farinacei). In cinque città della Repubblica Popolare del Congo la FAO ha suggerito misure per regolarizzare la proprietà di 1.600 ettari di orti, gestite da circa 20.000 coltivatori a tempo pieno. Questo progetto è servito anche ad introdurre varietà migliori di frutta e verdura e ad installare 40 impianti di irrigazione che distribuiscono acqua per tutto l”anno. Per assicurare la qualità e la sicurezza dei prodotti, per 450 associazioni di coltivatori sono stati organizzati corsi di formazione sulle migliori pratiche agricole, per esempio sull”impiego di fertilizzanti e biopesticidi. Gli orti della capitale Kinshasa ora producono tra le 75.000 e le 85.000 tonnellate di ortaggi l”anno, il 65% dell”approvvigionamento della città.

Shivaji Pandey, direttore della divisione Fao produzione vegetale e protezione delle piante, sottolinea che «Storicamente le città sono sempre state luoghi di opportunità, di occupazione ed in genere di migliori condizioni di vita. Ma in molti Paesi in via di sviluppo, la rapida crescita urbana non è stata indotta dalle opportunità economiche ma dall”alto tasso di natalità e dall”afflusso massiccio di popolazione rurale che cerca di sfuggire a fame, povertà ed insicurezza».

Nel 2020 la proporzione di popolazione urbana povera potrebbe raggiungere 1,4 miliardi di persone, il 45% del totale, l”85% dei poveri dell” America Latina e circa il 50% di quelli di la Africa ed Asia, saranno concentrati in aree urbane. E” questa la nuova “bomba demografica”, un incubo di complicata e disperata complessità da gestire e governare in megalopoli degradate ed impoverite che si estendono a dismisura, praticamente senza confini, con un”enorme popolazione vulnerabile, socialmente esclusa, giovane e disoccupata. Una miscela esplosiva di fame, rabbia, bisogni e sogni.

Secondo la Fao «La sfida è far cambiar rotta all”urbanizzazione dalla strada insostenibile intrapresa, promuovendo città più verdi che offrano agli abitanti opportunità, possibilità di scelta e speranza. Vanno in questa direzione le esperienze di orticultura urbana e periurbana. Coltivare la terra nelle città o nelle periferie non è un” idea nuova. La cittadella Incas di Machu Pichu, in Perù, comprendeva al suo interno una zona residenziale ed una zona terrazzata per colture intensive».

«L”orticoltura urbana offre una via d”uscita alla povertà – dice Pandey – grazie al basso costo iniziale per avviare l”attività, la brevità dei cicli produttivi e l”alta resa per unità di tempo, terra ed acqua impiegati. Il cibo urbano a buon mercato è spesso di cattiva qualità, con un alto contenuto di grassi e zuccheri, e per questo responsabile dell”accresciuto livello di obesità, e di malattie croniche correlate alla dieta ed al soprappeso come il diabete. Coltivare frutta e verdura, le maggiori fonti naturali di micronutrienti, nelle aree urbane incrementa la disponibilità di prodotti freschi e nutrienti e migliora l”accesso al cibo degli strati più poveri della popolazione».

Tratto da:
greenreport.it

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