‘di Edmund Conway – «The Telegraph».
Immagina di essere a capo dell”Europa. Non è, ti garantisco, occasione che ti capiti in una vita, ma cerchiamo di limitare la descrizione dell”incarico a una questione specifica. L”unica maniera possibile con cui puoi salvare la moneta unica è quella di espellere un paese dalla zona euro. Allora, a chi tocca? Potresti essere tentato in questo fine settimana di dire la Grecia, per ragioni comprensibili. Non solo sta affrontando un default quasi certo, è stata una costante spina nel fianco dell”euro: perché spendeva troppo, risparmiava troppo poco, e sfoggiava quel tipo di onestà contabile e statistica che potresti sperare di eguagliare solo mettendo Bernie Madoff a capo della FIFA.
Ma Grecia non è la parola giusta. Per quanto sia in sofferenza, incidere questa bolla in particolare non servirà . Le questioni della Grecia sono sempre state una manifestazione di un problema molto più profondo che ha a che fare con la moneta, e che i politici non sembrano ancora in grado di affrontare. La zona euro se ne è lavata le mani per anni; rimuovere la Grecia non cambierà tutto ciò.
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Tuttavia c”è un altro membro di Eurolandia che si protende come un pollice pesto. Ha condotto la sua economia altrettanto temerariamente se non addirittura di più dei suoi fratelli del Mediterraneo, ha destabilizzato da solo l”area euro per gran parte di un decennio ed è uno dei più grandi ostacoli sul suo cammino verso la sua guarigione. Quel paese è la Germania.
Questo potrebbe apparire controintuitivo. La Germania, dopo tutto, ha un enorme surplus delle partite correnti; ha migliorato la sua produttività e la sua competitività nel corso dell”ultimo decennio; mentre la Grecia prendeva a prestito, lei risparmiava, mentre la Spagna ostentava, lei tagliava, mentre l”Irlanda si gonfiava, lei sgonfiava.
Ma questo è esattamente il problema. Se Keynes fosse ancora in circolazione avrebbe identificato il problema all”istante: in ogni sistema monetario, nutrire un surplus elefantiaco delle partite correnti può essere altrettanto destabilizzante quanto un deficit.
È facile dare la colpa Grecia e ai suoi cugini dissoluti per il loro eccesso di spesa, e certamente Atene è colpevole di falsificare i suoi dati fiscali e di non riuscire a riscuotere le tasse. Ma i suoi deficit gemelli sono anche una conseguenza dei bassi tassi di interesse che sono stati in gran parte determinati dal modo in cui la Germania ha condotto la sua economia.
Il progetto euro avrebbe dovuto portare la produttività lungo tutto il continente a livelli analoghi. Vi sareste aspettati che il vostro euro avesse lo stesso tintinnio sia che lo spendeste ad Atene sia a Berlino. Una moneta unica non può sperare di sopravvivere a meno che non si ottemperi a questa legge di gravità economica: a meno che quel che essa non sia davvero altro che un”unione di trasferimento, dove i ricchi sovvenzionano costantemente i loro vicini più poveri, con infusioni di contanti.
Ci sono poche possibilità che avvenga un miracolo greco nella produttività che sia così tempestivo da far ripagare i prestiti. Infatti, i prestiti d”emergenza su cui si è trovata la quadratura in questo fine settimana serviranno solo a esercitare una maggiore pressione sulla Grecia per ripagare il debito piuttosto che a investire nella sua economia. E mentre l”Unione Europea / Fondo monetario internazionale potrebbero essere in grado di permettersi un bail-out greco, o di tal fatta un bail-out irlandese e portoghese, non c”è alcun modo di poter fare lo stesso per la Spagna: nemmeno se gli elettori tedeschi lo dovessero permettere, cosa che sembra peraltro sempre più improbabile.
La Grecia starebbe meglio fuori dalla zona euro che dentro: ma allora starebbero altrettanto meglio Portogallo, Irlanda, Spagna e forse alcuni altri. Convertirebbero i loro debiti pregressi nelle nuove dracme, scudi, sterline, ecc., che sconvolgerebbero gli investitori, in quanto questo coincide con un default. Ma almeno li libererebbe dalla deflazione del debito cui verrebbero consegnati se soggetti a un qualsiasi bail-out dell”euro. Le loro valute diventerebbero rappresentative delle economie non competitive che per davvero sono.
Ma una serie di fuoriuscite sarebbe incomparabilmente disordinata: ogni svalutazione di una nuova moneta avrebbe già di suo il potenziale effetto di suscitare una crisi finanziaria stile Lehman”s. Molto meglio invece sbarazzarsi dell”unico vero soggetto anomalo.
Senza la Germania, l”euro sarebbe ovviamente una valuta significativamente più debole (soprattutto se la Germania venisse raggiunta dai Paesi Bassi). Ma non sarebbe più lacerata dalle dinamiche malsane che l”hanno tormentata nel suo primo decennio.
I politici tedeschi dovrebbero dare uno sguardo pragmatico alla situazione. Da una parte l”unico modo per salvare l”euro (senza espellere i Mediterranei) è quello di renderlo un”unione di trasferimento monetario. Dovrebbero assorbire enormi costi di lungo periodo per sostenere i loro fratelli più deboli: sia in termini di inflazione sia di trasferimenti di denaro liquido. Sarebbe un bail-out al rallentatore di lungo termine su una scala ancora maggiore rispetto alle recenti infusioni di emergenza. E perfino questo non escluderebbe la prospettiva a breve termine di un default.
D”altra parte, abbandonare l”euro comporterebbe un brusco colpo finanziario allorché gli investimenti bancari tedeschi in euro precipiterebbero improvvisamente in termini reali. Il marco 2.0 si apprezzerebbe, cosa che minerebbe gravemente le fondamenta dell”economia tedesca del XXI secolo: le esportazioni. La questione è: quale di queste opzioni sarebbe più costosa. Entrambe comportano una sorta di default, sebbene la versione marco/euro-sporco fa sì che questo default si compia attraverso la svalutazione anziché con un bail-out a cottura lenta.
In termini di caos finanziario – incognite sconosciute – la fuga sarebbe sicuramente l”opzione più pulita. Affronterebbe anche il problema fondamentale degli squilibri all”interno della moneta unica, anziché tappezzare le crepe. E mentre gli esportatori si lamenteranno, il fatto è che la Germania ha beneficiato di un tasso di cambio innaturalmente basso negli ultimi dieci anni, che le ha dato temporaneamente un vantaggio sleale nel mercato delle esportazioni, ed è servito solo a gonfiare ulteriormente quel suo surplus delle partite correnti.
Il punto critico è la politica, ma anche lì il dibattito si sta spostando. I politici tedeschi sono restii a essere raffigurati come i distruttori del progetto europeo, ma questo potrebbe essere facilmente superato dalla reazione del pubblico quando i tedeschi si accorgeranno di quanto dovranno farsi spennare per il mantenimento a galla della nave (di cui i prestiti di emergenza sono appena un assaggio). I francesi sarebbero costernati all”idea: Tutte le raison d”etre del progetto euro consistevano nell”alimentare il “miracolo” economico tedesco. E se la Germania se ne va, la Francia rimane o va via?
Al momento, tali valutazioni vengono ancora liquidate come stravaganti nozioni eccentriche in Europa, ma allora lo sarebbe altrettanto l”idea che il Fondo Monetario Internazionale avrebbe dovuto salvare il progetto euro. Alla fine i politici sbatteranno il muso sulla realtà .
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Fonte: http://www.telegraph.co.uk/finance/financialcrisis/8584064/Why-Germany-must-exit-the-euro.html
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
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