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Principi di Economia Relativa

Principi di Economia Relativa
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1 Maggio 2012 - 12.50


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economia relativa 20120501

di Pier Luigi Fagan*

Il pensiero economico moderno, nasce nell”ambito della Filosofia Morale (A.Smith). Permane un po” dalle parti della Filosofia Politica (K.Marx, J.Bentham, J.Mill, J.Stuart Mill), da D.Ricardo in poi, si smarca con risolutezza e si specializza nel nascente ambito delle Scienze Umane ma con lo sguardo costantemente rivolto alle Scienze Naturali. Prende allora il nome anglosassone di economics sintesi contratta di economic science e per essere effettivamente “scientifica” prende a parlare il “matematese”, dandosi così un “tono”. Volendo far di sé stessa una disciplina dell”oggettivo, pronuncia solo formulazioni assolute.

Il processo di assolutizzazione dei pronunciamenti economici, prescrive alcune ben precise scelte epistemiche. La prima è quella di recidere ogni confondente legame con i suoi contesti, l”economics deve essere disembedded [1] dal suo contesto sociale, deve essere espiantata da quel groviglio di contraddizioni senza ordine apparente che è la società umana. La seconda è quella di agganciarsi alla scienza classica, quella newtoniana. Ciò accade, più o meno in sincronia con il rivoluzionario scarto che la regina delle scienze, la Fisica, sta compiendo rispetto a se stessa.

Tra la fine del XIX° secolo e l”inizio del XX°, la fisica porta a segno una triplice rivoluzione ( in senso kuhniano [2] ) con la Termodinamica, la Meccanica Quantistica e la Relatività. I concetti di tempo irreversibile, di entropia, di indeterminazione e di relatività (quindi di negazione di ogni pretesa di Assoluto) evolvono la Fisica da classica (galileiana – newtoniana) a moderna, ma l”economics non gradisce e rimane attaccata conservativamente ai principi di fine ”600. Caparbiamente, l”economics snaturalizza anche il fondamento del suo individualismo metodologico: l”uomo, la sua psiche, il suo agire.

Nel mentre fiorisce la poderosa primavera del pensiero che ha per oggetto l”umano (la sociologia, la psicologia, la psicoanalisi, l”etnologia e l”antropologia moderna) l”economics si isola nell”autofondazione della sua assiomatica. L”individuo umano non è mai in cerca dei simili (come pretendeva lo stesso Smith nella sua Teoria dei Sentimenti Morali, della loro “simpatia”) egli è una leibniziana monade egoista. L”individuo umano non è mai tumulto della Passione che soverchia la Ragione, egli è freddo calcolo delle convenienze e delle utilità. L”individuo umano non ha mille modi di organizzare la sussistenza a seconda del tipo di società storica che si trova ad edificare e vivere, egli è sempre stato un animale di un mercato ipostatizzato il luogo assoluto. Egli non è mai conoscenza relativa, ha sempre tutte le perfette informazioni sulla cui base operare il bilancio del giudizio che orienta la scelta.

Infine, l”economics, recide i suoi ultimi impegni familiari con la Morale, l”Etica, la Politica, la Storia e la Geografia e collassa cotanta complessità confondente producendo i suoi enti assoluti, senza luogo e senza tempo: l”Uomo utilitario, il Mercato, il Prezzo al margine, l”inesausta ricerca del Vantaggio competitivo, il Valore, la Competizione concorrenziale.

Ritagliata dai suoi contesti, assiomatizzata in principi monodimensionali, de-fisicizzata (quindi meta fisicizzata), de – umanizzata, matematizzata per renderla sguardo oggettivo di precisione, l”economics è dunque pronta a sostenere le sue tesi di verità. La Verità in linea con la tradizione della metafisica occidentale che è sempre Una, Semplice ed Assoluta.

Scienza normale, scienza rivoluzionaria

T.Kuhn, nel suo celebre “Struttura delle rivoluzioni scientifiche”, ci dice che i periodi di scienza normale, quelli in cui tutto scorre fluido nell”inquadramento esplicativo che è dato dalla vigenza di un forte paradigma da tutti usato e condiviso, collezionano progressivamente delle anomalie, delle incongruenze, delle inspiegabilità, quando non delle aperte contraddizioni. Nel tempo, questi fatti fuori teoria, giungono ad una massa critica insostenibile. E” qui che un singolo o una nuova comunità epistemica, compie la rivoluzione offrendo un nuovo paradigma che non solo spiega tutto quello che spiegava il precedente, ma spiega anche quello che il precedente non spiegava più. Si compie così, la rivoluzione scientifica, il cambio di paradigma.

Noi oggi proveniamo da decenni di “scienza” normale, l”economics. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. D.Harvey [3] ha reso icona mondiale dello scetticismo epistemico sulla validità dell”economics la Regina Elisabbetta II che nel 2008, in visita alla prestigiosa London School of Economics, lasciò attonita la platea dei sapienti chiedendo con finta ingenuità perché mai nessuno di loro, con la loro scienza, fosse stato in grado di capire e prevedere quale immane disastro si stava per produrre.

L”elenco di fatti “fuori teoria”, l”uso dell”economics come Letto di Procuste sempre meno agevole, i balbettii dei Grandi Professori, il contrastare teorie di 40 anni fa (à la Friedman) con teorie di 70 anni fa (Keynes) quando non di 150 anni fa (Marx), l”impotenza a dar un quadro esplicativo ed al fornire la benché minima soluzione di prospettiva, dicono che siamo proprio lì dove il corso normale della vigenza paradigmatica della scienza normale si frattura, lì dove si reclama un “nuovo paradigma”.

Sincronicamente a questa dilaniante decadenza dell”intelligenza economica, spuntano qua e là, spezzoni di nuovo pensiero e soprattutto di nuova economia agita, praticata, realizzata. Decrescita, Bene Comune, Microcredito, Eco-riconversione, Monete locali, Compratori collettivi, Geografia corta (Km 0), Cicli lunghi (riuso e riciclo), la grande questione del Tempo di lavoro – Tempo di vita, la ridefinizione di Benessere, Dono, Scambio senza profitto, Uso e non proprietà, Merci e Beni, Reciprocità e Redistribuzione, Economia e Biologia, revisione dell”Antropologia utilitaristico – hobbesiana. Possiamo dunque cominciare a domandarci: qual è il possibile principio comune che possa sintetizzare questa ricerca e produzione di nuove economi-e ?

La Nuova Economia Relativa

La prima cosa che si può notare è la rottura del monismo idealistico dell”economics classica. Non esiste “un modo” di fare economia, in quanto non esiste un solo tempo, un solo luogo ed una sola tradizione sociale e culturale. Le nuove economie plurali e il loro pensiero dovrà esser Molteplice com”è molteplice il mondo. Non potrà più essere irrealistica e quindi non potrà più esser così semplice com”è nelle equazioni che sopprimono la Complessità intrinseca dell”uomo, individuo, sociale, storico, politico. Non potrà più venerare enti e verità Assolute ma dovrà condizionare le sue determinazioni relativamente a ciò nel quale, l”attività economica, è naturalmente immersa.

Proviamo a tratteggiarne un primo profilo di una Nuova Economia Relativa:

  • Relativa ai limiti: limiti posti dal contesto naturale e da quello geopolitico, in rapporto alle popolazioni ed allo loro dinamiche crescenti/decrescenti, ai loro stili di vita.
  • Relativa alla scienza: una scienza che già da un secolo non è più determinista, riduzionista, lineare.
  • Relativa alla storia: a quale progetto intenzionale di mondo immediatamente futuro, dovrebbe corrispondere.
  • Relativa all”uomo: ed alla sua complessità antropologica, biologica, psichica, sociale, relazionale, intenzionale, simbolica, dotata di senso. Una economia umana che si riferisca e serva, il bene adattivo più tipico dell”uomo, il suo far comunità, società.
  • Relativa all”etica della responsabilità: verso il futuro, verso l”ambiente, verso la società intesa come progetto democratico in perenne costruzione e non passivo contesto per le scorribande dei pirati del mercato.
  • Relativa alle differenze: tra nazioni grandi e quelle piccole [4], tra società anziane e società giovani, tra chi ha dotazioni naturali e chi no, tra chi con il libero mercato può solo vincere e chi può solo perdere, tra chi può sempre competere e chi può solo soccombere, tra chi vuole dominare tutto e chi non riesce neanche a dominare se stesso, tra chi è all”inizio del suo ciclo decadente ( l”Occidente ) e chi di quello ascendente (l”Oriente).
  • Relativa al concetto di benessere: che deve superare la sua pigra definizione ottocentesca ultra materiale e tra l”altro, andare di chiedere “all”altra metà del cielo” la sua idea di bene-essere, per una definizione che sia “umana” in senso pieno e non dominata dall”escissione di un genere posto sotto il dominio dell”altro.
  • Relativa ad una aggiornata definizione di scopo, fini e mezzi stabiliti in Politica: le società umane non possono essere il risultato di un regolamento eteronomo, perché le società umane debbono essere il risultato intenzionale delle decisioni delle sue parti componenti. Queste decisioni intenzionali debbono provenire dal consesso politico, ovvero dai cittadini riuniti nell”esercizio del proprio potere ordinante ed autodeterminante.

È dunque giunto il momento che l”economia, l”oikos-nomos, la norma, legge della gestione della casa si renda conto che non siamo noi che stiamo a casa sua, ma è lei che sta a casa nostra, essa è relativa a noi e non noi a lei. Non è un caso che proprio nella metafisica perdente, quella massacrata da Platone, composta per le esequie da Aristotele e definitivamente seppellita dai cristiani, troviamo il concetto puro di questo relativismo, in Protogora, di cui quasi nulla ci è pervenuto se non un piccolo concetto: Molteplice, Complesso e Relativo: . di tutte le cose misura è l”uomo [5].

* Membro dell”Ufficio Centrale di Alternativa.


[1] Polanyi, K., La grande trasformazione, Torino, Einaudi, 2000

[2] Kuhn, T.S., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 1999

[3] Harvey, D., L”enigma del capitale, Milano , Feltrinelli, 2011, p.10

[4] Un esempio di sistema relativo nel commercio internazionale è ad esempio la Clearing Union contenuta nel progetto perdente di J. M. Keynes nell”abito delle trattative che portarono al sistema di Bretton Woods nel ”44, il progetto che si riferiva ad una comune moneta scritturale mondiale, il bancor.

[5] I Presocratici, Frammenti e testimonianze, Bari – Roma, Laterza, 2004 p.891

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