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di Giovanna Tinè – www.dailystorm.it
I FATTI – Lo scorso 28 giugno il Ministro dell”Ambiente Clini ha annunciato trionfalmente che, il 7 e 8 novembre 2012, si terranno a Rimini gli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Ministero stesso insieme a un Comitato organizzatore composto da 39 sigle che riuniscono un vastissimo panorama del business italiano definito “verde”.
Obiettivo dell”iniziativa, in perfetta sintonia con le parole d”ordine uscite dalla conferenza di Rio+20, è quello di elaborare un programma per lo sviluppo della green economy in Italia.
I lavori si svolgeranno in otto gruppi tematici e vedranno tre fasi di elaborazione: la preparazione delle assemblee plenarie dei gruppi, ad opera dei coordinatori; le assemblee stesse, che avranno luogo a Roma e Milano con un calendario di otto incontri fra il 3 luglio ed il 25 settembre; la due giorni conclusiva di Rimini.
I gruppi tematici sono i seguenti: Eco-innovazione; Sviluppo dell”ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del ciclo dei rifiuti; Sviluppo dell”efficienza e del risparmio energetico; Sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili; Sviluppo dei servizi ambientali; Sviluppo della mobilità sostenibile; Sviluppo delle filiere agricole di qualità ecologica; Sviluppo di una finanza e di un credito sostenibile per la green economy.
Presidente del Comitato organizzatore, nonché della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (dal cui sito si può scaricare il documento con le informazioni di base sull”iniziativa), l”ex Ministro dell”Ambiente Edo Ronchi.
LE CRITICITÀ – Leggendo il suddetto documento ci si rende presto conto come l”obiettivo di una simile iniziativa non sia la salvaguardia del clima, ma il profitto delle aziende, e che siamo davanti all”ennesima operazione di restyling di facciata da parte di poteri economici. Questi da un lato inquinano e dall”altro si presentano all”opinione pubblica come difensori dell”ambiente, sinceramente preoccupati di ridurre l”impatto di un sistema di produzione e consumo che in realtà è insostenibile. E, nel frattempo, fanno affari d”oro sia nel mercato delle emissioni che ampliando il proprio business a settori “verdi” o solo apparentemente tali (il cosiddetto “carbone pulito” o diversi agrocarburanti, ad esempio).
Basta dare un”occhiata ai componenti del comitato organizzatore. Ci sono, sì, piccole imprese il cui operato in fase di transizione energetica è prezioso: quelle dedicate al solare o all”isolamento termico, tanto per fare un esempio. Ma ci sono anche colossi non propriamente noti per il loro rispetto dell”ambiente quali: Enel; Eni; Sorgenia e la sua controllata Tirreno Power che si appresta ad ampliare la centrale di Vado Ligure con un nuovo gruppo a carbone, Federutility con interessi sulla gestione dell”acqua; e, non ultimo, il network italiano del Global Compact, la piattaforma delle Nazioni Unite che dovrebbe (in linea di principio) orientare multinazionali, tra cui Bank of America e Unilever, verso la tutela dell”ambiente e dei diritti umani, ma che in pratica funge da cavallo di Troia per gli interessi delle aziende stesse all”interno dei negoziati politici.
IL BIPENSIERO – Queste le parole del Ministro Clini in conferenza stampa: «La Conferenza Onu Rio +20 sulla sostenibilità ha confermato che la green economy è lo strumento per consentire la crescita, soprattutto in questi anni di crisi, e per aiutare a uscire dalla povertà i Paesi in via di sviluppo senza gravare in modo irreparabile sul pianeta».
Che la green economy consenta – almeno finché il pianeta lo permetterà – la crescita dei guadagni di aziende e multinazionali non c”è dubbio, ma affermare che ciò possa aiutare i Paesi in via di sviluppo a uscire dalla povertà , quando invece la sta accentuando sempre più, è davvero troppo. Chissà come reagirebbe alle parole del Ministro il Presidente boliviano Evo Morales, che nel suo discorso al Summit di Rio ha così sintetizzato l”essenza della green economy: «l”ambientalismo dell”economia verde è un nuovo colonialismo con doppia faccia: da una parte è un colonialismo della natura, dato che commercializza le risorse della vita, e dall”altro è un colonialismo dei Paesi del Sud, che portano sulle loro spalle la responsabilità di proteggere l”ambiente distrutto dall”economia capitalista industriale del Nord».
A sentire Clini, invece, viene in mente il “Bipensiero” di Gerorge Orwell in 1984, ovvero la possibilità di far convivere nella propria mente due idee del tutto contrastanti e di credere nella bugia (in questo caso la green economy come ausilio per il clima e la lotta alla povertà ), anche quando si sa la verità , e cioè che la green economy è un nuovo colonialismo. Con la differenza che, nel libro, il Ministro non è l”ignaro protagonista Winston Smith, ma O”Brien: egli sa bene dov”è la realtà e dove la finzione, e il suo compito è quello di farci credere che “2+2=5”. Farci amare la green economy ed acclamare gli Stati Generali, dove a giocare e a vincere non saranno né cittadini né il pianeta. Occhi aperti, dunque.
Fonte: http://dailystorm.it/2012/07/09/il-bipensiero-ai-tempi-della-green-economy/
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