Scoppia la bolla, tutti giù per terra... | Megachip
Top

Scoppia la bolla, tutti giù per terra...

'La bolla sta esplodendo. Quale bolla? L''unica che conta davvero, quella delle attività finanziarie denominate in dollari.'

Scoppia la bolla, tutti giù per terra...
Preroll

Redazione Modifica articolo

21 Giugno 2013 - 17.40


ATF

di Claudio Conti.

La bolla sta esplodendo. Quale bolla? L”unica che
conta davvero, quella delle attività finanziarie denominate in dollari.

Il che si porta dietro tutte le altre “bollette” fin qui tenute
gonfie soltanto dalle “iniezioni di liquidità” della Federal Reserve
statunitense e da quelle – rilevanti per gli emittenti, ma comunque
minori – delle altre principali banche centrali.

Il “botto” di
ieri su tutte le principali borse del pianeta è stato di quelli che
segnano un cambio di stagione. -2,34% a Wall Street (fronte Dow Jones),
-3 a Londra e Milano, -3,66 a Parigi, -3,28 anche a Francoforte; una
fuga di massa dei capitali dal “rischio”, ovvero dalle borse.

Non ci era voluto molto a capirlo, dopo che Ben Bernanke – presidente
della Fed ormai prossimo all”uscita di scena – aveva spiegato con
inconsuetata chiarezza l”intenzione di cessare con i regali in moneta
sonante già all”inizio del prossimo anno se – e si tratta di un “se”
molto controverso – l”occupazione statunitense scenderà al 6,5%.

È inutile discutere, come fanno molti analisti sui giornali di oggi, se
il linguaggio usato sia stato criptico come al solito o un po” meno. “I
mercati” sanno ormai leggere dietro le sfumature e le virgole di
discorsi ritualizzati, come pure sono quelli dei banchieri centrali.
Sanno leggere perché, soprattutto, i dati reali sono sotto gli occhi di
tutti: l”economia globale è “ferma” (concetto da interpretare in modo
differente da un”area monetaria all”altra, ma globalmente così è) e la
finanza globale ha continuato, anzi ripreso, la sua folle corsa alla
speculazione solo grazie ai soldi concessi dalle banche centrali.

Il fenomeno è comunemente descritto così: la nuova “liquidità” emessa
non defluisce verso l”economia reale, ma resta nelle banche private.

E perché dovrebbe “defluire” via? Le banche sistemiche stanno ancora
affrontando il “deleveraging” imposto dall”esplosione 2007-2008. Che
vuole dire? Fin lì avevano usato una “leva” finanziaria decisamente
eccessiva; ovvero avevano concesso una quantità di prestiti quasi senza
più rapporto con il loro patrimonio netto (soldi realmente in cassa,
proprietà immobiliari, partecipazioni azionarie, ecc). Si erano
“protette” dai rischi connessi a questa “esposizione” generando quantità
altrettanto inconcepibili di “prodotti finanziari derivati”, con un
prezzo slegato da qualsiasi riferimento concreto o almeno da un
riferimento rintracciabile. Debito su debito, titoli “garantiti” da
altri titoli, montagne di carta straccia che sono andate crescendo fuori
di ogni controllo, su mercati “over the counter”, fuori da ogni regola
borsistica (che già sono fin troppo lasche).

Il programma di
quantitative easing che Bernanke sta gestendo da ottobre prevede
acquisti di questa carta straccia per 85 miliardi di dollari al mese.
Carta straccia pagata con dollari americani nuovi di zecca (in realtà
moneta elettronica, righe di codice), buoni da spendere subito per
qualsiasi attività. Questo è il “deleveraging” che rimette in sesto i
bilanci.

Ma le stesse banche hanno usato questo “miglioramento”
patrimoniale per “garantire” nuovi titoli derivati, per aprire nuove
“attività rischiose” ma potenzialmente molto redditizie (se poi ti
garantiscono le banche centrali, puoi giocare come i bambini in una
piscina di marmellata). Facendo insomma ricrescere la montagna della
carta straccia.

Del resto, trasferire anche solo una parte dela
nuova liquidità all””economia reale” non avrebbe per loro senso. La
produzione fisica (compresa quella presuntamente “immateriale” di alcuni
servizi informatici o informatizzati) ha margini di redditività assai
bassi, tempi di rotazione del capitale (dal momento dell”investimento a
quello del ricavo) assai lunghi e comunque non paragonabili a quelli
istantanei degli scambi elettronici sulle piazze globali. Anche le merci
fisiche più indipensabili (dall”abbigliamento al cibo, dall”energia
all”auto, ecc) soffrono ormai da anni di eccesso di produzione di fronte
a una domanda invece addirittura in calo nei paesi più avanzati e
storicamente approdati al “consumismo” di massa. Negli altri la “domanda
solvibile” (gente con redditi sufficienti a fare acquisti) non è tale
da garantire l”assorbimento del prodotto (Cina a parte, ma con problemi
ormai evidenti anche lì). Gli investimenti industriali calano, non c”è
necessità d “finanziarli”.

Si chiama “sovraproduzione di
capitale” (ricordiamo sempre che significa “soldi, mezzi di produzione,
merci, persone, ecc). Il capitalismo “reale” è incagliato in queste
sabbie mobili, e non da ora. Aveva supplito con l”espansione del credito
(del debito, dunque) e la finanziarizzazione globale. La crisi del
2007-8 aveva annullato in parte anche questa “dinamicità sostitutiva” e
solo il soccorso delle finanze pubbliche globali aveva garantito la
“stabilità” del sistema finanziario (con qualche dolorosa pedita, come
Lehmann Brothers). Subito dopo sono entrate in crisi le finanze
pubbliche, dando origine a quel “risanamento” che stiamo pagando con la
distruzione del “modello sociale europeo” e il più massiccio
trasferimento mai visto dai redditi da lavoro alle banche. Nemmeno
questo però bastava, e allora ecco le “iniezioni di liquidità”… che
ora volgono alla fine.

E dopo?

A noi il gioco sembra
finito, ma sappiamo di avere meno “fantasia” dei prestigiatori…
Paradossalmente, ma non troppo, proprio la gigantesca “correzione”
(crollo dei valori e fuga dei capitali) partita ieri sui mercati
potrebbe provocare nuovi disastri nell”economia reale già a pezzi; e
quindi far allontanare quell”obiettivo – disoccupazione interna Usa al
6,5% – che la Fed considera “dead line” per le attuali iniezioni di
liquidità. Costringendola insomma a prolungare la manna qualche mese in
più…

Può essere, naturalmente. Ma proprio questo fa emergere
come ultimo “baluardo” di stabilità… il dollaro. Ovvero la sua
“stampabilità” ad libitum. Ma vi sembra credibile una moneta – una “divisa” – usata come l”eroina?

*****
Illuminante, come cronaca, uno degli articoli del Sole24Ore di oggi; costretto a dire forse più di quel che vorrebbe…

Effetto Fed su Wall Street, caduta sotto 15mila. Mercati sull”orlo dell”inversione di tendenza

di Marco Valsania

New York – “Il mio consiglio è di tirare i
remi in barca e togliere capitali dai mercati. E di farlo presto”. Mark
Grant, managing director di Southwest Securities, esprime con una
battuta lapidaria tutto il nervosismo esploso senza remore nelle ultime
ore sulle piazze finanziarie. Una sindrome di astinenza precoce dal
Quantitative easing, che la Fed potrebbe iniziare a ritirare entro fine
anno. E il terrore che, finito il bagno di liquidità che ha sostenuto la
crescita e quasi ogni genere di asset, la ripresa americana e globale
non sia in grado di reggere e preservare un”adeguata misura di
ottimismo. Sì, perché a offuscare gli orizzonti e a evidenziare agli
occhi degli investitori la vulnerabilità del sistema economico si
aggiungono oggi le preoccupazioni per la solidità dell”espansione e del
settore bancario in Cina.

Wall Street è reduce dalla peggior
seduta dell”anno, con perdite degli indici vicine al 2,5 per cento. Il
Vix, l”indicatore della paura, ha raggiunto quota 20 per la prima volta
nel 2013 impennandosi del 23 per cento. Sono cadute anche commodities
come il petrolio e l”oro, sceso sotto la soglia psicologica dei 1.300
dollari l”oncia. E le obbligazioni, in tandem, sono franate spingendo i
rendimenti ai massimi da quasi due anni a questa parte. Con i treasuries
federali sono caduti i titoli municipali, vittime delle peggiori
perdite dal 2008. Solo il dollaro si è salvato dalla débacle,
guadagnando sulla prospettiva di aumenti dei tassi di interesse. E la
generale discesa dei mercati si è accentuata in chiusura di seduta,
spingendo gli operatori ad avvertire che è probabile le vendite non
siano finite e riprendano oggi.

Le scuole di pensiero tra gli
operatori, a questo punto, però divergono. I pessimisti danno ragione a
Grant, quando continua col tono sferzante e profetico che gli è valso in
Borsa il soprannome di Mago: “I fondamentali economici non
sostengono i livelli elevati raggiunti dai mercati, che reggevano solo
grazie alla straordinaria liquidità garantita dalla banche centrali. Per
quattro anni abbiamo vissuto con i soldi della “droga” forniti dalla
Fed. Ora siamo giunti al momento di un”inversione di tendenza, fatta
scattare da uno dei più chiari vertici che la Fed abbia mai condotto.
Tolti i se e i ma, il messaggio è stato chiaro: intendiamo disfare
quanto abiamo finora fatto. Giornate come ieri si ripeteranno. Non so
quanto saranno brutte, ma saranno butte”.

Meno
drammatica ̬ invece la reazione Рe il pronostico Рdi John Praveen di
Prudential. “Le azioni in particolare continuerano a mostrare difficoltà
e elevata volatilità per i timori sul taparing, il ritiro graduale del
Qe da parte della Fed, e per le altre tensioni globali, dall”Asia alla
Turchia – spiega -. Quindi, come decisione tattica, sto riducendo al
momento la mia raccomandazione di sovraesposizione alla Borsa”. Altri
analisti hanno parlato apertamente di una temporanea ed eccessiva
reazione di panico da parte degli investitori, già ribattezzata con un
gioco di parole “Taper Tantrum”, il capriccio per l”addio al Qe. Ad oggi
la Borsa americana resta tuttora in rialzo dell”11% da inizio d”anno e
il Vix, l”indice della paura, piu” basso del 18% rispetto alla media
degli ultimi cinque anni.

Quel che appare certo è che non poche
incognite devono ancora trovare risposta prima che i mercati ritrovino
un convincente equilibrio. Gli investitori si interrogano su quando
scatterà davvero il ritiro degli stimoli economici: il 44% in un
sondaggio Bloomberg lo prevede già al vertice Fed del 17-18 settembre. E
sulle modalità: se comincerà a eliminare solo una ventina di miliardi
di dollari in treasuries dagli acquisti di bond per 85 miliardi al mese
del Qe – l”opzione considerata più probabile da Pierre Ellis di Decision
Economics – oppure anche obbligazioni garantite da mutui. Nel mutato
clima è necessario un vasto riesame delle strategie d”investimento, che
potrebbe richiedere tempo. “Stiamo cominciando ad assistere a un
‘repricing” degli asset sulla base del cambiamento nella politica
monetaria”, ha commentanto Stephen Wood di Russell Invesments parlando a
Bloomberg. La volatilità, così, potrebbe rimanere l”unica vera costante
sulle piazze finanzarie.

Fonte: http://www.contropiano.org/economia/item/17462-scoppia-la-bolla-tutti-gi%C3%B9-per-terra.

Native

Articoli correlati