‘di Paola Alagia.
Dietro la proposta di un referendum sull’euro lanciata da Beppe Grillo, c’è di più. Analisi, discussioni e pareri, tutti confluiti in un report di 71 pagine dal titolo Documento di supporto per il laboratorio di economia del Movimento 5 stelle. Segno di quanto nell’entourage grillino il tema della crisi e soprattutto di un’eventuale exit strategy per superare l’euro siano centrali.
Lettera43.it
è in possesso del vademecum pentastellato, frutto dell’attività del
sito Economia cinque stelle che coinvolge numerosi attivisti e alcuni
parlamentari del movimento.
In tutto sono cinque gli scenari tratteggiati in questo
«manifesto-riferimento», che presto deve essere oggetto di riflessione
tra deputati e senatori del M5s.
PRO E CONTRO L”USCITA DALL”EURO.
Si parte con «cosa succede se il nostro Paese rimane nell’euro così
com’è», quindi si scandagliano le modalità in cui «il governo italiano
potrebbe chiedere di riformare i trattati europei in materia economica» e
«quali sono le condizioni, i vantaggi e gli svantaggi dell’introduzione
di una moneta per i Paesi dell”Unione europea più forti e di una per
quelli più in difficoltà ».
Dopo l’analisi su «cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso di una seconda valuta in Italia», però, si fa strada, quasi ad excludendum,
l’ultimo scenario, «pro e contro dell’uscita del nostro Paese
dall”euro», con l’assunto che «il recesso dall’Eurozona appare come la
scelta ottimale», che sembra riassumere meglio l’orientamento prevalente
nel gruppo di lavoro. È la linea della via d’uscita, insomma,
caldeggiata, seppure in maniera diversa, da economisti non organici al
movimento come Alberto Bagnai ed Emiliano Brancaccio.
NO ALLA MONETA A DUE VELOCITÀ.
Non i soli esperti di economia, tra l’altro, che fanno capolino nel
documento. C’è spazio per il pensiero di Gustavo Rinaldi, Giuseppe
Pennisi e Luca Fantacci. Oltre che di Loretta Napoleoni. Sebbene la tesi
dell’euro a due velocità dell’economista vicina al M5s, nella bozza,
venga derubricata a «un’ipotesi priva di senso macroeconomico».
Brancaccio, raggiunto da Lettera43.it, si sofferma su alcuni
punti chiave enunciati nel lavoro, del quale era del tutto all’oscuro:
«In passato sono stato contattato da alcuni attivisti e gestori del sito
Economia cinque stelle, così come da esponenti di altre realtÃ
politiche», premette l’economista napoletano che insegna all’UniversitÃ
del Sannio, «ma di questo studio in particolare non ne sapevo nulla. Non
sono mai stato coinvolto nella redazione del testo né finora l’ho mai
letto».
Certo, vedere il suo nome al fianco di quello di Bagnai lo lascia
abbastanza perplesso: «Non conosco le ultime evoluzioni del pensiero del
collega, ma accostarci significa mettere insieme tesi un po’ diverse
sull’uscita dall’euro».
«A mio avviso», sottolinea Brancaccio, «un”exit strategy
dall’euro dovrebbe prevedere meccanismi che salvaguardino i salari,
impediscano ulteriori sperequazioni dei redditi e contrastino qualsiasi
rischio di svendita a buon mercato dei capitali nazionali. Su questi
punti decisivi alcuni colleghi favorevoli all’uscita dall’euro mi sono
sembrati fino a oggi un po’ distratti».
È A RISCHIO L”EUROZONA.
Al di là di questo, comunque, l’economista campano apprezza l’impegno
dei pentastellati: «La probabilità di una deflagrazione della zona euro
resta alta: potrebbe sopraggiungere per ragioni oggettive,
indipendentemente dai nostri auspici pro o contro la moneta unica. Ecco
perché è necessario cominciare in ogni caso ad affrontare la questione».
Proprio per tale ragione Brancaccio critica la sinistra, che «sul tema
continua a sonnecchiare, mentre a destra sembrano già preparati a
sfruttare l’opportunità ».
BANCONOTE A BORSE CHIUSE.
Nel merito delle proposte sviscerate, tuttavia, non mancano i dubbi
dell’esperto. A cominciare dall’idea del Laboratorio del M5s di
«stampare le banconote prima dell’annuncio di uscita» e quindi di
comunicare l’abbandono dell’euro «di venerdì sera, o comunque a mercati e
banche chiusi, impedendo di ritirare dagli sportelli bancomat fino al
giorno di riapertura dei mercati, purché si abbiano già pronte le nuove
banconote da far circolare; in caso contrario occorrerebbe limitare i
prelievi».
«Mi pare illusorio credere che dare la notizia di venerdì sera sia una
soluzione risolutiva», sottolinea Brancaccio, «come se un evento del
genere possa rimanere nel chiuso di una stanza, senza creare aspettative
da parte degli investitori di capitali».
Secondo il professore, insomma, «sperare nell’effetto sorpresa non
risolve il problema. La fase di transizione da un regime di cambi fissi è
delicata e complessa, ma non mancano i meccanismi per poterla gestire
in modo razionale, a cominciare dall’introduzione di controlli sui
movimenti di capitali».
Tra le modalità di uscita dalla moneta unica, il gruppo di attivisti
del M5s ha avanzato anche la proposta di «deprezzamento del cambio reale
italiano e accollo della spesa per interessi da parte della Banca
centrale europea».
In pratica, l’obiettivo sarebbe quello di «potere avere conti con
l’estero in pareggio strutturale o in lieve surplus e», si legge nel
testo, «abbiamo bisogno di avere tasse equivalenti ai servizi e ai
trasferimenti che lo Stato eroga: nulla più di un bilancio primario in
pareggio».
Ecco perché sul fronte della domanda estera «occorre ridurre l’import
ed aumentare l’export: per far ciò noi dobbiamo deprezzare il cambio
reale» e su quello della spesa pubblica «l’Italia potrebbe anche
mantenere il bilancio primario in pareggio, ma per farlo avrebbe bisogno
che la Bce si accollasse tutta la spesa per interessi, come già fa in
parte la Bank of England nel Regno Unito».
PERICOLO DELLO SHOPPING ESTERO.
A questo riguardo l’esperto concorda che il vero problema italiano
siano i conti esteri e non tanto quelli pubblici, «ma la svalutazione
del cambio», ha messo in guardia, «oltre a essere un’opzione per
recuperare competitività , aumentare l’export e ridurre l’import, serba
dei rischi da non sottovalutare».
Quali sarebbero gli effetti collaterali? «Per esempio, il pericolo che
si crei una situazione favorevole ai soggetti esteri che vogliono fare
shopping a buon mercato dei nostri capitali nazionali è dietro l’angolo.
Occorre adottare contromisure».
Il gruppo di studio pentastellato non è affatto tentato da soluzioni
quali doppio regime di cambio e moneta complementare, definiti
«palliativi temporanei» nel vademecum economico.
CONTRO IL REDDITO DI CITTADINANZA.
Salta subito all’occhio, però, tra le ipotesi stroncate nel quarto
scenario, quella delle «distribuzioni monetarie su base pro capite».
Gli attivisti, infatti, bocciando la linea degli economisti Warren
Mosler e Marshall Auerback, si dicono contrari pure a proposte quali il
reddito di cittadinanza tanto caro a Grillo: «Non si rende un buon
servigio né ai disoccupati né alla società mantenendoli in una
condizione di estraneità al mondo del lavoro e di effettiva subalternitÃ
rispetto a chi ha un impiego».
LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO.
Un aspetto degno di nota, secondo Brancaccio: «È interessante che degli
attivisti individuino dei limiti in una proposta che ha carattere di
mero sussidio. Abbiamo bisogno di un piano politico economico che punti
direttamente a creare occupazione e sviluppo».
Una contraddizione, questa sì più grande, riguarda casomai l’ultimo
post del comico ligure sulla ristrutturazione del debito pubblico che fa
dire a Brancaccio: «Dentro il M5s dovrebbero decidersi: la
ristrutturazione del debito è logicamente alternativa all’uscita
dall’euro di cui si parla nello studio. Delle due l’una». Tertium non datur…
‘