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'Europa al guinzaglio TTIP oppure libera con il ''Razvitie'''

'TTIP o Razvitie? Un''alternativa di sviluppo per un''Europa più autonoma dagli Usa. [Maria Grazia Bruzzone]'

'Europa al guinzaglio TTIP oppure libera con il ''Razvitie'''
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18 Settembre 2014 - 23.20


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di Maria Grazia Bruzzone – @MAR__BRU.


“L’opinione pubblica sa poco o nulla delle opzioni strategiche davanti alle quali si trova l’Europa :  da una lato il Trattato di Parternariato Transatlantico con gli Stati Uniti, dall’altro la creazione di un enorme corridoio multi-infrastrutturale euroasiatico di sviluppo secondo nuove modalità sintetizzate dalla parola russa ‘razvitie’, che non indica solo crescita economica ma uno sviluppo integrale, culturale, civile, ambientale che la crescita include senza esaurirsi in essa”.  

  

Ne scriveva il blog lafinanzasulweb l’aprile scorso, nel bel mezzo dell’escalation della crisi ucraina. E già allora il blog scriveva che “ad essere realistici i giochi sembrano già fatti: non si tratta soltanto del gelo calato nei rapporti fra UE e Federazione Russa per la vicenda della Crimea e della condizione sostanziale di quasi-protettorato degli Stati Uniti sull’Europa, che hanno nella NATO lo strumento più evidente.  

Il fatto è che l’accordo transatlantico è in fase avanzata di negoziazione e gli americani sperano di ottenerne a breve la firma; Razvitie invece è per ora solo un grandioso progetto avveniristico che Valdimir Yakunin, il presidente delle Ferrovie Russe ha fatto suo e ha illustrato alla prestigiosa Accademia delle Scienze Russa” lo scorso 11 marzo.  

  

Da aprile l’ostilità dell’occidente verso Mosca è molto cresciuta, la guerra fredda è ormai in atto con danni economici visibili per l’Europa, nell’anniversario della Grande Guerra  c’è chi ventila addirittura la possibilità di un nuovo conflitto mondiale.  Quel che è rimasto inalterato è il silenzio dei grandi media, inspiegabile e sospetto, sul TTIP e quello ben più comprensibile su Razvitie.
 

Sebbene a fine giugno un convegno si sia tenuto proprio a Roma, promosso da Eurispes, Isiamed – Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo – e Millenium Bank   al quale hanno partecipato esponenti delle Ferrovie di Stato italiane, della Cassa Depositi e Prestiti, della Sapienza (altri dettagli qui e qui). E sia nato un comitato italiano di coordinamento di cui fanno parte l’economista Paolo Raimondi e Marco Lettieri, già sottosegretario all’Economia del governo Prodi (vedi qui  e  qui), tra i pochi stranieri invitati l’11 marzo a Mosca, e Côme Carpentier de Gourdon, studioso e consulente basato in India.  

  

Eppure raccontare oggi le differenze fra i due progetti e la scelta di strategia geopolitica, sebbene al momento teorica, di fronte alla quale si trova l’UE, può aiutare a capire quali sono i veri giochi sottostanti all’improvvisa resurrezione di una Guerra Fredda di cui l’Europa, che con la Russia ha una continuità territoriale e con l’Asia una millenaria storia di rapporti commerciali, non sentiva davvero il bisogno.  

  

TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).  

L’accordo transatlantico – e il suo omologo transpacifico – sono accordi commerciali per la creazione di un enorme mercato unico, espressione dell’ideologia ultraliberista, peraltro sempre più oggetto di critiche.  

  

Gli obiettivi degli Stati Uniti appaiono chiari. Eliminando i dazi doganali, omogeneizzando gli standard, aprendo il settore dei servizi fra le due aree, promuovendo un’ulteriore liberalizzazione finanziaria e l’accesso dei privati a settori che in Europa sono pubblici, inclusa la difesa, gli Usa mirano a creare la più grande area commerciale del mondo con 500 milioni di consumatori col reddito medio più alto del pianeta e ad instaurare definitivamente in Europa il capitalismo modello americano. Un’area che, rafforzata con l’accordo ranspacifico, rappresenta la risposta strategica statunitense all’ascesa commerciale della Cina e degli altri BRICS (Brasile, Russia, India, SudAfrica).   Una risposta in contrapposizione, non certo in collaborazione/cooperazione col mondo degli “emergenti”.  


Ma oltre a rafforzare un primato commerciale, consolidando il primato militare e politico, si tratta per gli Stati Uniti di preservare il primato monetario, vale a dire il ruolo del dollaro come moneta degli scambi internazionali.  

  

Quali vantaggi per l’Europa?  Si favoleggia di un balzo in avanti del Pil, di milioni di posti di lavoro, di una poderosa spinta  che deriverebbe dal libero scambio. Ma – osserva il post su finanzasulweb – si dicevano le stesse cose alla vigilia della creazione del mercato unico tra i paesi dell’Unione Europea, soprattutto con l’allargamento dell’UE. Come si vede oggi, non è andata proprio così. 

In Europa aleggiano del resto  dubbi e di timori, più evidenti man mano che sindacati, alcune forze politiche e categorie economiche cominciano a realizzare le implicazioni dell’accordo, di cui si continua a non parlare altro che su qualche blog (perché tanta segretezza sulle trattative?). Le paure più consistenti sono quelle di agricoltori e allevatori, nonché dei consumatori, per l’invasione di prodotti alimentari a basso costo e con standard molto diversi da quelli europei (prodotti OGM, polli lavati col cloro o con l’alcool per farli apparire più freschi, carne agli ormoni ecc).  Per non dire del rischio più grave, della protezione accordata alle multinazionali che potranno ricorrere a corti di giustizia ad hoc contro norme nazionali da cui si sentano danneggiate (es tutele dei lavoratori, norme di protezione ambientale, magari anche fiscali, vedi le società internet quasi esentasse). In pratica verrebbe ceduto alle multinazionali ogni residuo di  sovranità statale (qui Underblog). 
 

  

RAZVITIE o TERB (Trans Eurasian Razvitie Belt)  

Razvitie , che in italiano significa “sviluppo” , è   al contrario un mega-progetto di sviluppo integrale lungo la fascia euroasiatica da realizzare in 10-20 anni con investimenti che negli anni sono stimati in migliaia di miliardi di   euro e la creazione di 12 milioni di nuovi posti di lavoro nei due continenti.  

  

Si presenta come un corridoio multi–infrastrutturale, che mira a collegare la costa russa del Pacifico con i Paesi europei fino all’Atlantico. Nel corridoio, oltre ai trasporti ferroviari e autostradali, sono previsti anche collegamenti continentali con pipeline per il gas, il petrolio, l’acqua, l’elettricità e linee cablate di comunicazioni, canalizzazioni delle acque, ecc. Lungo il suo percorso si ipotizzano parchi tecnologici e nuove città, almeno dieci. 

  

Si prevedono anche collegamenti diretti futuri con la Cina, che del resto sta già attivamente portando avanti simili politiche di sviluppo euro-asiatico attraverso la realizzazione di moderne Vie della Seta, e con il Nord America, con la realizzazione di collegamenti ferroviari che, passando attraverso lo Stretto di Bering, potranno collegare via terra la Russia e l’Asia con l’Alaska. 

  

 La visione strategica del progetto va ben oltre la realizzazione del corridoio di transito. Si ipotizza anche lo sviluppo in profondità di una fascia di 200-300 km lungo l’intera linea per nuovi insediamenti urbani e nuovi centri produttivi, nonché almeno 10-15 tipi di nuove industrie basate su tecnologie completamente nuove. Razvitie nel progetto dei suoi ideatori non è solo un “tubo” che pompa verso l’Europa occidentale prodotti a basso costo dalla Cina ma un â€œpolo di generazione di ricchezza pubblica” frutto  di una nuova forma di cooperazione internazionale che pianifica uno sviluppo industriale e la gestione di enormi territori.  


Crescita o sviluppo? Due ideologie a confronto.  

“Potrebbe sembrare l’idea da visionari – scrivono Lettieri e Raimondi. Ma la Russia da tempo sta cercando di definire una strategia che non sia soltanto economica ma che sappia mobilitare e unire le forze sociali, culturali e spirituali dell’intera popolazione intorno ad un grande progetto. 

In questo modo si pensa anche di affrontare la questione demografica in un Paese che ha visto negli ultimi venti anni diminuire spaventosamente i livelli di popolazione e di fertilità. Con esso si potrebbe mettere in moto anche una progressiva urbanizzazione dei territori della Siberia e dell’Estremo Oriente ancora quasi totalmente disabitati. 

Del resto la Russia non è nuova a simili grandi imprese. In passato si è sempre mobilitata intorno a grandi progetti che inizialmente sembravano irrealizzabili. La costruzione più di cento anni fa della linea ferroviaria transiberiana lunga 9.300 km, il piano di elettrificazione dell’Unione Sovietica  e i programmi spaziali sono gli esempi più noti. 

Crescita e di sviluppo non sono sinonimi, fanno riferimento a idee molto diverse.  

La prima è vista come puramente economica, fa riferimento principalmente al Pil e punta a servizi finanziari e non, in un quadro post-industriale basato sul digitale.
 

La seconda vede ancora nell’industria il fattore primario dello sviluppo non solo economico ma sociale, capace di includere valori culturali e morali, e punta sulla cooperazione internazionale come bene comune, nel rispetto delle diverse civiltà. E’ quella che Yakunin chiama ideologia eurasiatica.  Qualcosa che a noi cinici europei può suonare come un’utopia ma che comunque suona in modo assai diverso dalle aggressive mire espansionistiche che i media attribuiscono alla Russia.  

  

Come finanziare questo progetto di neo-industrializzazione? Secondo Yakunin la realizzazione di progetti transcontinentali del genere è possibile solo attraverso la cooperazione e usando un paniere di valute. E’ l’idea dei Brics che puntano a superare il dollaro come moneta di scambi internazionali (e la stanno già mettendo in pratica). Ma è proprio questa idea a rendere impossibile una cooperazione con gli Stati Uniti, che anzi, fanno di tutto per rialzare la cortina di ferro, isolando la Russia e facendo apparire Putin come un novello Hitler. Al prevalere del dollaro – con quel che ne consegue, a partire dal sistema finanziario – è infatti legato il loro status di superpotenza dominante, per quanto in declino. Alla quale l’UE sembra soggiacere, a dispetto dei suoi interessi.  


 Sconcerta che il nome di Yakunin sia stato incluso nella black list redatta dagli Usa dopo la crisi in Crimea. Oltre ad essere presidente delle Ferrovie, Yakunin è infatti il fondatore e presidente del World Public Forum “Dialogue of civilizations” che da un decennio si batte per un dialogo fra fra diverse religioni e culture, e gode dello status consultivo dell”Onu. 
 

  

Raimondi e Lettieri non sono così pessimisti. A loro avviso la crisi ucraina è anzi “un motivo di più per puntare su Razvitie , la cui visione strategica è proprio l’alternativa ai rischi di una nuova guerra fredda .  

Il grande progetto può essere uno stimolo a uscire dalla crisi globale che ancora caratterizza l’inizio del ventunesimo secolo e un importante stimolo per un nuovo accordo della Russia con l’Unione europea e gli Stati Uniti, al fine di battere la politica di deindustrializzazione che ha colpito tutte e tre queste grandi parti del mondo”. 


“L’utopia della società post-industriale è fallita e potrebbe essere superata con una nuova e moderna industrializzazione, a partire dalla Siberia, già molto più sviluppata di quanto si creda”. Yakunin ha ricordato che recentemente sono già stati decisi investimenti di lungo termine (a cui partecipa la Germania) quali la modernizzazione della Transiberiana e della linea ferroviaria Bajkal-Amur.  


In un mondo di scambi di beni e di tecnologie, il corridoio di sviluppo euro-asiatico potrebbe conciliare gli interessi dei tre grandi sistemi economici, creando nel contempo una garanzia di sicurezza geopolitica per tutti. 


 

Per l’Italia i vantaggi sarebbero evidenti.   E la presenza al convegno romano di tante personalità,  secondo i due economisti,   â€œsignifica che si comincia già a capire che con il mega progetto russo per l’Europa e per l’Italia si aprirebbero anche prospettive di modernizzazione tecnologica, di nuova occupazione e di nuovi business per le nostre imprese.  



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