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La lezione della Posidonia

Una pianta marina che si spiaggia. Un pessimo percepito, un altissimo valore aggiunto. Osservare un fenomeno naturale e scoprire lezioni per il tuo lavoro.

La lezione della Posidonia
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28 Aprile 2017 - 10.48


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di  Alberto Puliafito

A San Vincenzo, in provincia di Livorno, come in
molte altre località italiane, succede una cosa sulle spiagge
apparentemente priva di alcun significato, se ci vai “fuori stagione”.
Si vedono delle palline di quella che sembra erba secca. Il colore non è
particolarmente invitante. La forma non è mai perfettamente sferica.
Anzi, di solito sono degli ellissoidi

Mi sono interessato al fenomeno, la prima volta, nel 1995 (che
dev’essere stata anche la prima volta che me ne sono accorto). All’epoca
non c’era la connessione in mobilità, quindi non avevo approfondito più
di tanto. Mi era rimasta l’idea che tutto quel materiale lì in spiaggia
fosse sprecato e che ci si dovesse fare qualcosa: ci ho pensato per un
po’, poi ho archiviato la questione in qualche area remota del cervello
che si riattivava ogni volta che vedevo quelle pallette lì.

Queste pallette qui si chiamano egagropili.

Il termine, come ci insegna la Treccani, è un composto greco, αἴγαγρος «capra selvatica» e πλος
«peli ammassati» e indica, come primo significato le pallottole di pelo
con cui dovresti aver molta dimestichezza se hai mai avuto un gatto,
per esempio. Poi indica anche le pallette che vedi in spiaggia: in
questo caso sono l’equivalente invernal-primaverile degli ammassi di
foglie in decomposizione che trovi, invece, d’estate nelle medesime
spiagge.

Gli egagropoli sono formati dalla fibra della posidonia
che si aggrega in seguito al moto ondoso e poi si spiaggia. Quando si
spiaggia, la posidonia è quasi perfettamente sferica, perché rotola sul
fondale e sul bagnasciuga. Il modo in cui si spiaggano gli egagropili di
posidonia è ipnotico e per questo ho ripreso un video per mostrartelo.

Poi ciascuna palletta si secca e diventa ellissoidale e invade tutta la spiaggia. E qui nasce il problema degli egagropili di posidonia: hanno un pessimo percepito.
A me piacciono molto, fin dal 1996, ma se non ami particolarmente quel
colore lì e non ti soffermi sul fatto che è materiale che arriva sulle
spiagge e giace completamente inutilizzato, potrebbero anche farti
schifo. E infatti la maggior parte delle persone con cui ne ho parlato
pensa che in qualche modo la presenza delle pallette sia sinonimo di
spiaggia sporca (esattamente come d’estate vedi le foglie che si
decompongono e potresti provarne ribrezzo).

È l’esatto contrario: gli egagropili si spiaggiano solo se esiste la
posidonia sui fondali. E la posidonia sui fondali esiste solo se il mare
è pulito.

Al percepito si è aggiunta anche la legge italiana (!): sono “rifiuti
solidi da smaltire” (parte IV del Testo Unico Ambientale: D.Lgs. 3
aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”) e si possono riutilizzare previo compostaggio (D. Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88”).

Se ti avventuri nella ricerca in merito, scoprirai che, chiaramente, c’è un rincorrersi di ordinanze locali per lo smaltimento.

Eppure, tanto per cominciare le foglie in decomposizione estive sono
una risorsa fondamentale perché prevengono l’erosione delle spiagge (qui c’è una bella ricerca in merito, tutta italiana).

E per quanto riguarda gli egargopili? Quelli evidentemente non hanno
alcuna funzione in spiaggia. Si potrebbero rimuovere. Ma perché
buttarli? In Germania, un importante centro ricerche ha
rilevato una serie di proprietà della posidonia che fanno a pugni con
questo percepito e con l’ingiusto maltrattamento subito anche da parte
della legge:

  • è ignifuga
  • è antimuffa
  • è isolante
  • assorbe e rilascia vapore acqueo senza perdere vapore acqueo
  • ha una vita media di 150 anni.

Insomma: sotto forma di foglie spiaggiate la posidonia ha un
inestimabile valore ambientale. Sotto forma di antiestetici egargopili è
un ottimo materiale edile.

Più approfondisco più mi dico che nel 1995 (e negli anni a venire)
avrei dovuto essere più lungimirante. Ma ora vorrai sapere cosa
c’entrano la posidonia e questa storia con Wolf (o forse lo sai già e mi
basterà unire i puntini).

C’entra ed è perfetta perché da una storia reale che più reale non
si può, trovi un sacco di analogie che riguardano anche quella porzione
del reale che ti sembra meno reale perché immateriale. C’entra perché
qui parliamo di lavoro, di idee, di “innovazione”. Ed ecco come uniamo i
puntini per trarre la lezione che ci serve dalla posidonia.

Il percepito inganna: si può estrarre valore aggiunto anche da quello che ha un pessimo percepito.

Viceversa, non è detto che ciò che gode di un buon percepito sia di valore.

La legge sbaglia ed è lenta a riadattarsi: non è
detto che legiferare su un determinato argomento sia garanzia di
correttezza dell’interpretazione dello stato dell’arte della conoscenza.
Ecco perché intuizioni e società civile possono e devono far pressioni
perché il legislatore si adegui al mondo che cambia. Questo non
significa volersi liberare di lacci e lacciuoli. Questo significa capire
che anche la legge dovrebbe essere resiliente.

L’innovazione di valore richiede osservazione: se
non ti ossessioni con l’innovazione fine a se stessa e pensi a innovare
creando valore, a partire dal mondo che ti circonda, è molto probabile
che tu riesca ad avere intuizioni vincenti.

Il valore aggiunto è ovunque e si trova dove gli altri non lo vedono:
se quel ragazzetto del 1995 avesse avuto la capacità – magari anche
economica, non è detto che si possa fare tutto senza un investimento
iniziale, quindi può anche darsi che certe intuizioni rimangano
frustrate. Ma forse basta solo la buona volontà per farle diventare
qualcosa di più e trasformarle in un’idea vincente – di tradurre in
azione una propria intuizione (di per sé banale), oggi forse non
staresti leggendo questo numero Wolf e gli egargopili di posidonia
sarebbero un materiale edile usato da tempo anche in Italia.

Un problema può diventare opportunità: non è una
frase da programmazione neurolinguistica né da tecnottimista. È
un’evidenza. Lo smaltimento degli egargopoli di posidonia è un problema (un bisogno, addirittura). Se pensi alla posidonia antiestetica e fastidiosa da smaltire come ad un materiale, ecco che hai l’opportunità. Dipende dal punto di vista e da dove ti posizioni per guardare le cose, dalla tua capacità di sviluppare pensiero laterale.

Oceani blu per tutti: non c’entra solo il mare pulito. C’entra un buon libro, che si intitola Strategia oceano blu (già citato nelle frantumaglie del numero 188 di Wolf.
Ne parleremo ancora) e che ti dà una serie di strumenti per costruire
un metodo di approccio alle realtà aziendali che ti permetta di trovare
“mercati incontestati”. L’osservazione della realtà, la predisposizione a
risolvere un problema in maniera creativa, sono chiaramente doti
necessarie per trovare oceani blu, cioè “mercati” per le tue
idee dove non c’è la concorrenza spietata ad applicare sempre i soliti
metodi senza pensare ai reali bisogni delle persone.

Ecco qui: dalle spiagge della Toscana siamo arrivati, come al solito,
a uno dei punti cruciali di Wolf: persone, bisogni, opportunità,
pensiero laterale, servizi. E ci siamo arrivati a partire da una
pallotola di alghe che magari anche tu, un giorno, hai calpestato con
schifo. O che hai osservato con curiosità.

A me erano capitate entrambe le cose, ma solo oggi ho capito appieno la lezione della posidonia.

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