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La Moneta Fiscale in finanziaria

Un emendamento alla Finanziaria che per la prima volta porta in Parlamento la concreta possibilità di lanciare i CCF, i Certificati di Credito Fiscale. [Stefano Sylos Labini]

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30 Novembre 2017 - 16.22


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di Stefano Sylos Labini.
 
Un emendamento alla Finanziaria che per la prima volta porta in Parlamento la concreta possibilità di lanciare i CCF, i Certificati di Credito Fiscale: ringrazio per questa novità i parlamentari del M5S, e in particolare Dino Alberti, che si sono impegnati per raggiungere l’obiettivo, un passo nella direzione giusta per riprendere in mano il nostro destino economico e politico.
Alberti precisa: «questo è quanto ci hanno permesso di presentare. L’emendamento necessita di copertura e pertanto abbiamo dovuto ridurre di molto la portata: un miliardo di euro in tre anni. Così però l’emendamento è stato reso ammissibile. Oltre sarebbe stato reso tecnicamente irricevibile».
Al di là della cifra, il risultato ottenuto apre un varco per potenziare l’intervento nel futuro. Certo, con i tecnici della Ragioneria era difficile andare oltre. Forse non concepiscono che – come è stato scritto nel punto 3 dell’emendamento – l’utilizzo dei CCF avvenga dopo due anni, tanto che soltanto in quel momento ci potrebbe essere un impatto sul bilancio dello Stato se la crescita non fosse partita di nuovo in modo consistente.
Quelle che vengono chiamate “coperture” sarebbero proprio le nostre «clausole di salvaguardia», che hanno segno uguale e contrario all’ammontare degli sconti fiscali. La messa a punto di tali clausole necessita di un lavoro approfondito perché – se la quantità di CCF emessi è elevata (per noi dovrebbe essere di 30 miliardi di euro all’anno) – bisognerebbe concepire dei potenziali tagli di spesa e aumenti di tasse di entità notevole proprio per neutralizzare l’impatto negativo che si potrebbe avere qualora i CCF, nel giungere a scadenza, scontassero una crescita insufficiente.
Dunque a nostro avviso le coperture che sono state richieste preventivamente c’erano eccome: erano né più né meno che le clausole di salvaguardia. Non è detto che tali clausole debbano scattare. Nel caso si dovessero attivare, ciò non avverrebbe prima della fine del secondo anno, quando i CCF inizierebbero a giungere a scadenza e verrebbero usati per ottenere gli sconti fiscali.
Inoltre, se fosse stata considerata la possibilità di emettere grosse quantità di CCF, sarebbe subito sorto un problema eminentemente politico: ossia, come ripartire le assegnazioni tra famiglie, imprese e lo Stato.
Ma intanto va bene: abbiamo piantato un seme e speriamo che sia l’inizio di una fioritura ben più ambiziosa.
 
Ed ecco l’emendamento:
 
(Certificati di credito fiscale).
1. Si autorizza il Governo a emettere certificati di credito fiscale nel triennio 2018-20 secondo un regolamento, da emanare entro 60 giorni dalla conversione in legge del presente decreto, nei limiti di quanto disposto dal presente articolo.
2. I certificati di credito fiscale incorporano un diritto alla compensazione con obbligazioni finanziarie verso le pubbliche amministrazioni, statali, regionali, locali e funzionali, di ogni tipo e non possono dare diritto in alcun modo alla corresponsione di somme di denaro da parte delle pubbliche amministrazioni, in ogni caso non concorrono alla formazione di reddito imponibile da parte degli assegnatari.
3. I certificati di credito fiscale sono utilizzabili dal titolare nei confronti della pubblica amministrazione a partire dal secondo anno successivo a quello della loro emissione;
4. I certificati di credito fiscale sono emessi nel triennio per un ammontare annuo di 1 miliardo di euro annui; tale ammontare potrà essere rimodulato, nella misura in cui la loro emissione non alteri significativamente il livello dei prezzi né il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti.
5. I certificati di credito fiscale sono allocati mediante corresponsione di essi come percentuale sui pagamenti pubblici a imprese e professionisti ovvero come allocazione diretta a soggetti economicamente o socialmente svantaggiati; nel primo caso, il regolamento di cui al primo comma stabilisce la percentuale massima per la quale l’impresa o il professionista avente crediti verso lo Stato possa ricevere il proprio compenso sotto forma di certificato di credito fiscale.
6. I certificati di credito fiscale sono emessi sotto qualunque forma, fisica o elettronica, in modo nominativo o al portatore, secondo quanto sarà disposto dal regolamento di cui al primo comma.
7. Non è vietato, sin dall’emissione, l’utilizzo dei certificati di credito fiscale, come strumento di regolazione delle transazioni interne su base fiduciaria e nei limiti dell’autonomia privata, fatto salvo il diritto dei creditori di pretendere l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie integralmente in moneta legale. Per stimolarne la circolazione, il Governo promuoverà l’accettazione fiduciaria per i pagamenti interni con i certificati di credito fiscale attraverso accordi con associazioni imprenditoriali rappresentanti della distribuzione commerciale, attraverso agevolazioni agli imprenditori che ne accetteranno una percentuale in pagamento dai loro clienti, attraverso l’investimento per la produzione e la diffusione di supporti informatici che ne rendano agevole l’utilizzo come mezzo fiduciario negli scambi interni; è istituito un apposito mercato telematico dei certificati di credito fiscale nel quale gli stessi potranno essere liberamente negoziati sotto il controllo della Banca d’Italia.
8. Il Governo terrà separato inventario, per mezzo di apposito sistema informativo, delle emissioni, dei giroconti e delle estinzioni dei suddetti titoli, mediante apposito conto titoli gestito in maniera centralizzata; in ogni caso per ogni anno sarà disposto un preventivo e un consuntivo, da allegare rispettivamente al bilancio dello Stato e al Rendiconto generale dello Stato, senza introdurre i rispettivi valori nei documenti finanziari in quanto non contemplanti entrate o uscite di carattere finanziario.
9. Il regolamento di cui al primo comma disporrà sull’autorità responsabile per la gestione dei certificati di credito fiscale; essa potrà essere interna al Dipartimento del tesoro, potrà essere la Banca d’Italia o apposito organo o ente istituito allo scopo.
10. Il regolamento dispone, in proporzione ai rispettivi prodotti interni lordi, e in proporzione alle quote di imposte dirette devolute secondo quanto disposto dai relativi statuti, le quantità di certificato di credito fiscale da attribuire alle regioni a statuto speciale che traggono il loro finanziamento da tributi devoluti o da percentuali su tributi devoluti; le modalità di allocazione e gestione dei certificati di credito fiscale emessi dalle regioni a statuto speciale saranno le medesime, su scala, di quelle dello Stato e i diritti incorporati nei rispettivi titoli saranno identici a quelli emessi dallo Stato; in alternativa lo Stato potrà emettere in esclusiva i certificati di credito fiscale ed attribuirli alle suddette regioni, nelle due proporzioni del prodotto interno lordo e delle quote riconosciute di partecipazione alle imposte dirette, soltanto per quanto riguarda l’allocazione ai destinatari degli stessi.
11. I certificati di credito fiscale sono coperti finanziariamente dalle maggiori entrate derivanti dall’effetto moltiplicatore connesso alla circolazione dei medesimi. Qualora le maggiori entrate non dovessero coprire finanziariamente il valore nominale dei certificati di credito fiscale emessi si provvede per un massimo di 2 miliardi di euro annui a decorrere dall’anno 2018 mediante i seguenti commi.
12. All’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 67 e 68 sono abrogati;
b) al comma 69 le parole: «ai commi da 65 a 68» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 65 e 66».13. All’articolo 96, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive integrazioni e modificazioni, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Gli interessi passivi sostenuti dai soggetti indicati nel primo periodo del comma 5, sono deducibili dalla base imponibile della predetta imposta nei limiti dell’82 per cento del loro ammontare».
14. Al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, comma 8, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Gli interessi passivi concorrono alla formazione del valore della produzione nella misura dell’82 per cento del loro ammontare»;
b) all’articolo 6, comma 9, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Gli interessi passivi concorrono alla formazione del valore della produzione nella misura dell’82 per cento del loro ammontare»;
c) all’articolo 7, comma 2, le parole: «nella misura del 96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura dell’82 per cento».
15. In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.
16. Le modifiche introdotte dai commi 12, 13 e 14 rilevano ai fini della determinazione dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società e dell’acconto dell’imposta regionale sulle attività produttive dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

 

9-bis. 04. Alberti, Sorial, Caso, Castelli, Cariello, D’Incà, Brugnerotto.

 

 

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