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Il parere di Visco sulla Libra di Facebook

Quando ascolti i banchieri centrali UE sulle cryptovalute hai un senso di spaesamento. Non capisci se ci fanno o se ci sono. Anche gli amanuensi cacciarono i figli di Gutemberg da Bologna, ma...

Il parere di Visco sulla Libra di Facebook
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24 Giugno 2019 - 22.25


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di Giuseppe Masala.


Quando ascolti i banchieri centrali della UE sulle cryptovalute hai un forte senso di spaesamento
. Non capisci se ci fanno o se ci sono. Innanziutto salta all’occhio la denominazione di bitcoin come un “cryptoasset”. Ma asset di cosa? E’ un obbligazione? No. E’ un azione che rappresenta una quota di capitale di un azienda? No. E’ un titolo che rappresenta un barile di petrolio o un metrocubo di metano? No. E’ un titolo che rappresenta una tonnellata di grano o di riso? No. Alla base del suo valore non vi è assolutamente nulla. Dunque non è un asset. E’ invece un insieme di segni che rappresentano valore sulla base di un valore non economico: la fiducia.
Se le monete tradizionali vedono la loro fiducia basata sull’autorevolezza degli stati che le emettono, le cryptomonete vedono alla base della fiducia la forza della matematica (la crittografia è matematica) e della tecnologia che danno la sicurezza a chi le usa dell’impossibilità che possano essere falsificate da terzi. Questa che ho appena dato è la definizione ontologica di moneta. Per capirci, quella che non conoscono gli economisti e che bisogna chiedere ai filosofi e ai semiologi (che di moneta capiscono molto anche se gli economisti non se ne accorgono perchè accecati dalla sicumera e dalla presunzione).
Mentre dal punto di vista funzionale la cryptomoneta è misura di valore, riserva di valore e intermediario degli scambi. Esattamente come le monete di stato a corso legale. Dunque, le cryptomonete sono monete a tutti gli effetti sia sotto l’aspetto funzionale che sotto l’aspetto ontologico. Questo vale per bitcoin, come per Ethereum come per la nuova moneta di Facebook: la Libra. La Libra è certamente un nuovo modello di crypto. Non è Open Source e i suoi nodi sono solo ventotto anzichè potenzialmente infiniti come quelli di bitcoin. Ed è una cryptomoneta giuridicamente privata. Emessa e dunque appartenente ad un gruppo di aziende coalizzate in una associazione con base in Svizzera, la Libra Association.
Mi piace pensare che Draghi e Visco sappiano benissimo cosa sia una moneta, sia ontologicamente che funzionalmente. Ma che non possano ammettere per disperazione che le crypto non siano delle monete per il semplice fatto che l’EU è completamente spiazzata. Non abbiamo un motore di ricerca come Google, non abbiamo una piattaforma di e-commerce come Amazon o Alibaba, non abbiamo un social network come Facebook, Twitter o come il russo VK, non abbiamo piattaforme di messagistica istantanea come Whatsapp o come la russa Telegram. Non abbiamo nulla, e se anche i governi europei dessero informalmente mandato a delle grandi società europee di costruire una propria cryptomoneta non si saprebbe dove farla girare per assenza di piattaforme digitali come quelle suelencate che hanno centinaia di milioni di utenti (se non miliardi).
Se a molti commentatori, improvvisatisi esperti di cryptomonete dopo l’annuncio del varo di Libra, è sfuggito che la Libra Asociation investirà quanto ricavato dalla vendita della cryptomoneta in titoli finanziari tra i quali faranno la parte del leone i titoli di stato USA, è lecito ipotizzare che questo particolare non sia sfuggito ai nostri banchieri centrali. In sostanza avranno capito sicuramente che gli utilizzatori di Libra non solo smetteranno di essere clienti delle banche commerciali europee ma diventeranno anche finanziatori del Tesoro USA. Certo è possibile che soprattutto all’inizio i titoli europei acquistati da Libra Association non siano in quantità insignificante ma è chiaro che i cordoni della borsa saranno comunque sempre nelle mani degli americani che potranno vendere quando lo vorranno i titoli non più graditi. E questi, c’è da scommettere, non saranno mai i bond made in USA. 
Dunque, ricapitolando: Internet è un progetto americano, le infrastrutture fisiche (sia satellitari sia le grandi dorsali sottomarine dove corrono i dati) sono americane, i social network, i motori di ricerca, le piattaforme di e-commerce ecc. sono americane. Anche la tecnologia blockchain è americana, così come le cryptomonete. Ora arriva Libra che sarà emessa da un’associazione che acquisterà con il ricavato titoli pubblici americani. Non pare azzardato dire che Libra (come la moneta immaginaria di Carlo Magno) è la proiezione del Dollaro USA nel cyberspazio. E non sarà l’unica proiezione del Dollaro USA. Aspettiamo le mosse di Amazon, Twitter e Google. E non bisogna essere dei profeti per ipotizzare che anche l’Associazione o Fondazione che emetterà le loro crypto investirà massicciamente con il ricavato sempre in titoli Made in USA. In altre parole, oltre a rischiare di perdere per obsolescenza il sistema delle banche commerciali, l’Europa rischia di vedere i propri cittadini che diventano tributari del sistema finanziario americano se non direttamente del Tesoro USA.
Questo è il risultato di venti anni di politiche spilorce. Venti anni dove non si è investito in innovazione e in ricerca a causa di una élite incapace di vedere gli sviluppi tecnologici e totalmente concentrata su ottusi parametri ragioneristici come quelli di Maastricht. E ora, l’Europa rischia di perdere tutto o quasi. E non saranno certamente vuoti appeli al G7 o al G20 a fermare lo sviluppo tecnologico.
Anche gli amanuensi bolognesi fecero cacciare a furor di popolo i figli di Gutemberg che aprirono una stamperia a Bologna. Ciò non ha bloccato lo sviluppo tecnologico nella stampa dei volumi. Anche un eventuale blocco di Libra o di altre crypto per qualche mese non potrà cambiare il destino di chi ha puntato tutto sulla politica della lesina e ha preferito mandare i suoi giovani (magari dotati di laurea in informatica) a friggere patatine fritte presso un McDonald’s per tenere a galla una élite fatta di uomini vecchi e totalmente miopi. Chi è causa del suo male pianga se stesso. O ci si rifugi nella negazione: urliamo tutti insieme “Libra non è una moneta”.

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