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A Davos, WEF23, non mi hanno invitato.

Il World Economic Forum svoltosi a Davos, in Svizzera, dopo ben cinque giornate zeppe di lavori e gozzoviglie, e terminato. un moribondo capitalismo e un blocco monopolare vacillante tentano le ultime pericolose sfuriate su una platea di masse inerti

A Davos, WEF23, non mi hanno invitato.
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21 Gennaio 2023 - 17.10


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di Massimiliano Costantino Esposito.

Il World Economic Forum svoltosi a Davos, in Svizzera, dopo ben cinque giornate zeppe di lavori è terminato. Tra gli altri presenti i “grandi” della Terra (o almeno, di un suo emisfero): Von del Leyen, Dombrovskis, Metsola, Gentiloni, Hahn, Simpson, Christine Lagarde presidente della BCE, Kristalina Georgieva direttore generale del FMI. Quasi tremila leader di tutto il globo, circa sessanta i ministri delle finanze, non invitate le delegazioni russe e iraniane.

La proiezione operativa? Affrontare le distopie del mercato globale, tra inflazione e rischio continuo di recessione, con le grandi multinazionali alla finestra insieme alle banche d’affari. Sostegno economico e finanziario all’Ucraina, ripetuto fino allo sfinimento. Presentazione di un Piano Industriale per il Green Deal europeo: diviso in NetZero Industry Act, aiuti di Stato per arginare le crisi, e il Fondo Sovrano Europeo. E poi, di nuovo Ucraina, che il segretario generale della NATO Stoltenberg dichiara spesso prossima ad entrare nell’organizzazione da lui presieduta. E ancora: dirette di Volodymyr Zelenskyy e gesta di Greta Thunberg.

Nel frattempo dal rapporto Oxfam sulle disuguaglianze emergono i tratti di una globalizzazione polarizzante in profonda crisi sistemica. Da una parte vediamo pochi ricchi dai patrimoni incalcolabili, superiori ai Pil di diversi Stati; dall’altra parte vediamo masse di individui sempre più poveri, sfruttamento, inquinamento, guerre, destabilizzazioni geopolitiche, infiniti flussi migratori. Anarco-capitalismo, ultraliberismo dei mercati speculativi, finanza globale in cerca di nuovi asset che le lobby non riescono più a garantire senza continui scossoni e meno garanzie.

Perché mai si sia fatto in Svizzera il WEF23 e non a Caivano(Na), oppure in uno degli angoli più devastati a livello ambientale e poveri del globo, almeno per dare un segnale, anche se ulteriormente retorico, rispetto a quanto già esibito, non riusciamo a spiegarcelo. Come si può ancora pensare che la stessa Politica, a stretto braccio con la Finanza e l’Imprenditoria globale possano risolvere le voragini, i buchi neri di iniquità, sia sociale che ambientale, creati negli anni dalle stesse compagini. In teoria avremmo avuto una grande opportunità -anche se in un periodo molto buio, quale quello della crisi covid – nella riduzione di tutto il carico dissipativo del sistema produttivo dei beni a largo consumo, su cui potevamo intervenire ed andare a rivisitare tutto alla fonte, ripensando la macroproduzione in una modalità più sostenibile, più etica, più umana. Così non è stato, il mondo è tornato quello di prima, forse peggiorato: un moribondo capitalismo insieme ad un blocco monopolare vacillante tentano le ultime pericolose sfuriate verso la platea delle masse inerti e prone.

Se il Sistema o parte di esso imploderà non sarà per volontà dei singoli, ma voluto o fisiologico. E probabilmente, c’è chi già ha progettato il dopo-reset, mentre noi pensiamo ancora alle favole, ai buoni e ai cattivi, alla tua utilitaria da tremila euro che inquina e fa morire orsi polari e sciogliere ghiacciai. Mentre a Davos… Beh, lì splende l’arcobaleno.

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