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In fuga dalla clandestinità

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21 Ottobre 2010 - 07.06


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immigrati-CAdi Alessandro Cisilin – da «Galatea European Magazine», novembre 2010.

Segnali di una rivolta dilagante, seppur largamente sottaciuta dall”informazione nazionale. La devastazione di un Centro di Prima Accoglienza in Sardegna da parte dei suoi detenuti; gli scioperi inscenati in Campania. Tra esplosioni spontanee di protesta e nuove forme organizzative l”universo degli immigrati in Italia, a cominciare dai clandestini, ha scelto di voltare pagina. Esponendosi, ovvero uscendo dal guscio cui sono costretti, assumendosene i conseguenti rischi.

Licola, Baia Verde, Villa Literno, Casal di Principe, Giugliano, Qualiano, Pianura, Scampia, Arzano, Caivano, Afgagola: proprio gli epicentri della cronaca camorristica, dove (a proposito di cronaca) è piuttosto difficile trovare qualche copia dei pochissimi giornali (quali Il manifesto o Il Fatto Quotidiano) che hanno dato la notizia: i centri di una dozzina di località nelle provincie di Napoli e Caserta simultaneamente occupati l”8 ottobre scorso da almeno seimila stranieri (soprattutto ghanesi e nigeriani), ovvero da larga parte della popolazione straniera locale, al grido: “Siamo uomini o caporali?“, nonché, a titolo di risposta: “Oggi non lavoro per meno di 50 euro”. Di solito guadagnano circa la metà, specie nell”edilizia e nell”agricoltura. In nero, naturalmente, sebbene sovente al servizio perfino di imprese aggiudicatrici di pubbliche gare d”appalto.

Stato o criminalità, o ancora entrambi assieme tra prassi di illegalità e norme di condanna degli extracomunitari alla clandestinità. “No permesso (di soggiorno) no kalifo“, scandivano infatti, riferendosi alle rotonde dove solitamente si piazzano all”alba a offrire il loro lavoro, e dove stavolta hanno detto no. In modo pacifico, festosi, quasi silenziosi, con volantini distribuiti agli automobilisti a ricordare anzitutto che esistono, e che il loro modesto gettone in nero è in ulteriore riduzione in questi mesi di crisi, mentre il tasso di disoccupazione è raddoppiato, crescendo per gli stranieri il triplo che per gli italiani. “Mai prima gli immigrati avevano scioperato così massicciamente“, esultano gli organizzatori.

La manifestazione è stata facilitata dagli sportelli di assistenza allestiti presso alcuni centri sociali, da alcuni movimenti e sindacati, e soprattutto dal tam tam di comunicazioni informali circolate tra gli immigrati dell”intera regione, consapevoli dell”importanza di fare rete. E all”indomani c”è stata la replica, convergendo dai piccoli centri a Caserta, allargando le rivendicazioni presentati in Prefettura alla richiesta di chiusura dei Centri di Identificazione ed Espulsione della regione.

Gli stessi Cie, del resto, stanno diventando una polveriera, e non è un eufemismo visto quanto accaduto il mese scorso al Centro di Prima Accoglienza presso l”aeroporto militare cagliaritano di Elmas.

Al I ottobre sono stati incendiati decine di materassi, cuscini e arredi della struttura, scena ripetutasi quattro giorni più tardi, e poi ancora la settimana successiva, quando una ventina di extracomunitari è riuscita inoltre a sfondare le bandiere e invadere la pista dello scalo, bloccandone i voli per tre ore. Poi la caccia all”uomo da parte di polizia e carabinieri, con manganelli e lacrimogeni, l”arresto di undici persone e il via alle misure di espulsione. La simultanea presenza di attivisti locali della rete no-border evoca la natura organizzata della protesta, indirizzata contro le prospettive di smistamento e reclusione prolungata fino a sei mesi nei Cie, nonché contro il grave sovraffollamento degli Stessi Cpa.

Gli immigrati hanno ottenuto la chiusura quantomeno provvisoria del centro, sulla scia di quanto accaduto in altre rivolte esplose nell”ultimo anno in strutture analoghe, da Gradisca d”Isonzo, a Pian del Lago a Civitavecchia. E soprattutto, hanno rotto l”omertà mediatica che li circonda.

A protestare contro la detenzione degli immigrati non è più solo il Consiglio Onu per i Rifugiati, il Consiglio d”Europa, i movimenti e la stampa “progressista”. Perfino il Sole 24 Ore, oltre a rilevare i limiti strutturali della politica delle espulsioni, denuncia ora l”orrore di “Tener segregati per così tanto tempo uomini e donne che non stanno neppure scontando condanne giudiziarie“.

acisilin@yahoo.it

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