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A scuola di mafia

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26 Dicembre 2011 - 23.00


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maxiconcdi Alessandro De Roma.

 

Vi scrivo per raccontarvi un fatto molto grave accaduto a Roma nei primi giorni di dicembre e che rischia di passare inosservato se i giornali, la radio o la televisione non se ne occuperanno con tempestività.


Si tratta di un attentato alla dignità di questo paese, della sua scuola e della sua cultura. Di tutte queste cose resta già pochissimo e, anche in quel poco, quasi nessuno pare più credere.


I fatti sono lunghi e complessi. Provo a riassumerli.

 

 

Circa due mesi fa il ministero degli esteri bandisce l”atteso concorso per selezionare il personale docente e ata da destinare alle scuole italiane all”estero e alle scuole europee. Il precedente concorso era stato bandito nel 2006.  Arrivano al ministero 37.000 domande per poche centinaia di posti.

Poco tempo dopo la pubblicazione del bando si rende noto che il concorso si terrà all”Hotel Ergife di Roma da giovedì 1 dicembre a lunedì 5 dicembre.

Sono previsti una quindicina di test di accertamento linguistico che dovrebbero corrispondere a un livello di conoscenza della lingua piuttosto avanzato (vista anche la necessità di selezionare tra un numero così elevato di domande).

Le regole parlano chiaro e sono ragionevoli: al concorso non si possono portare cellulari, né borse o zaini, né grammatiche o dizionari; ovviamente non si può copiare.

Migliaia di persone acquistano biglietti aerei e prenotano alberghi. C”è anche chi torna dalla Polonia o dall”Argentina per questo concorso (devono sostenerlo di nuovo anche quei docenti che già hanno passato i precedenti concorsi e stanno attualmente svolgendo un periodo di insegnamento all”estero).

Accade però che, due giorni prima del concorso, via e-mail, tutti i candidati vengono informati di un metodo che è stato elaborato apposta per garantire maggiore equità nella selezione: prima di ogni test verrà distribuito un libro che contiene 4000 quesiti (1000 di tedesco, 1000 di inglese e altrettanti di francese e spagnolo). Da questi libri verranno estratte, pochi minuti prima delle prove, le 40 domande alle quali bisognerà rispondere in 45 minuti.

 

Alla prima prova prevista (lettorato di francese) scoppia la polemica. Alcuni docenti chiedono che vengano concessi minuti in più per le prove, visto che bisognerà cercare le domande selezionate tra le 4000 contenute nei volumi, e 45 minuti paiono in effetti troppo pochi; soprattutto se il livello dei test sarà difficile, come annunciato nel bando.

Intanto i volumi contenenti i 4000 quesiti vengono distribuiti.

La discussione degenera, i tempi si allungano; la tensione è ormai fuori controllo e sono già passate tre ore dall”orario previsto per l”inizio del concorso: la prova di francese non solo non è cominciata, ma pare difficile che possa cominciare; tanto che il presidente della commissione, incapace di ristabilire l”ordine, ne annuncia la sospensione, o l”annullamento, o ancora il semplice rinvio. I presenti dicono che era assai difficile capire esattamente cosa stesse accadendo. E io, che non mi ero iscritto alle prove previste per il primo giorno, mentre vado all”aeroporto per prendere l”aereo per Roma, comincio a ricevere messaggi di ogni tipo dai colleghi che invece sono già lì, in mezzo al caos.

Ma non era proibito portarsi dietro i cellulari?

 

Tutti i candidati sono invitati a uscire dall”Hotel Ergife, lasciando ovviamente i volumi con i 4000 quesiti sul banco (i volumi, come previsto dal regolamento, sono ancora avvolti nel cellophane).

Molti escono però portandosi via il librone delle domande, infilato negli zaini o sotto i cappotti.

Pochi minuti dopo lo esibiranno davanti alle telecamere del tg3 e del tg1 (i servizi sono andati in onda alle 19 e alle 20 del primo dicembre e si trovano ancora su you tube).

Più tardi, nella giornata, si svolgono comunque le prove per i lettorati di inglese e tedesco: tuttavia le domande sono tratte dagli stessi libri distribuiti la mattina, che quindi sono rimasti nelle mani di una buona parte dei candidati per parecchie ore.

 

La prima giornata di esami, iniziata attorno alle 8 del mattino, finisce verso le 22.

Le prove previste per i lettorati di francese e spagnolo sono invece rinviate a martedi mattina, cioè dopo lo svolgimento delle altre prove già previste per le giornate di venerdì e di lunedì (ossia i test di selezione per poter insegnare nelle scuole europee e nelle scuole italiane all”estero); e il rinvio è deciso con buona pace di tutti quelli che erano venuti solo per il concorso dei lettorati e avevano già il biglietto aereo per tornare in Sicilia, in Sardegna, in Friuli, o magari in Polonia, in Argentina o in Australia.

C”è chi rinuncia, e va direttamente alla polizia per denunciare i fatti dei quali è stato testimone. C”è chi riesce a cambiare il giorno e l”ora del volo e pensa di ritornare il giorno dopo e trattenersi poi a Roma fino a martedì 6.

 

In ogni caso l”equità del concorso non è più rispettata. Non sono rispettati i giorni, né gli orari previsti; e soprattutto c”è comunque chi ha i avuto i libroni a disposizione e chi no. Si può proseguire un concorso pubblico quando alcuni candidati hanno avuto svariate ore per studiare i quesiti che verranno proposti, mentre altri -cioè i fessi, i distratti o gli onesti che non hanno trafugato il librone- non hanno avuto la stessa possibilità?

 

La questione diventa presto obsoleta. Il giorno dopo si svolgono infatti le 4 prove di selezione per le scuole europee e si viene a scoprire subito che le domande sono tratte sempre dagli stessi libroni del primo giorno (solo che adesso la copertina è di un altro colore).

I libroni, (quelli che, sempre secondo regolamento, non potrebbero essere portati fuori dalla sede del concorso), sono dunque gli stessi visti nel telegiornale delle 20 del primo dicembre e ormai da 24 ore girano per  Roma  e su internet. E così accadrà poi per tutti i giorni del concorso.

Chi non era presente alla prima prova e non lo ha potuto sottrarre, si procura delle fotocopie.

Altri, folli, inistono nel dare l”esame senza copiare. Oppure, semplicemente, copierebbero anche loro, visto che lo fanno in tanti e nessuno glielo impedisce, ma purtroppo non conoscono nessuno che gli possa passare i quesiti.

In ogni caso gli esami durano ancora una volta circa 14 ore: dalle 8 del mattino alle 22 si sta a migliaia dentro e fuori l”Hotel Ergife.

 

Lunedì, dopo un fine settimana di meritato riposo (e due notti extra di albergo), si svolgono altre quattro prove (stavolta per le scuole italiane all”estero): sempre secondo le stesse regole, anche se ormai inutili. Vietato aprire i libroni prima del via, vietato portarseli a casa, vietato usare cellulare e copiare.

Tanto, quelli che nel fine settimana non avevano niente di meglio da fare, hanno passato il tempo  a leggere e analizzare con cura -e  a proprio agio-  tutti i quesiti.

La tensione è fortissima. Il mormorio durante le prove, e i movimenti dei fogli di quà e di là e il bisbiglio dei suggerimenti, disturbano non poco. Ogni tanto nella sala squilla un cellulare, oppure uno dei candidati riceve un messaggio. Uno dei sorveglianti grida: “chi non ha spento il cellulare, se non lo può spegnere adesso, può almeno vergognarsi?”

Sono tutti nervosi, candidati e commissari. Fuori piove, ma  nelle ore che passano tra un test e l”altro si aspetta all”aperto, ammassati come pecore, senza sapere esattamente a che ora si potrà entrare. “Siamo carne da macello”, dicono in tanti. È una frase che viene alla bocca quasi senza più chiedere il permesso: tutti la dicono almeno una volta, e vuol dire al tempo stesso: ci trattano come carne da macello, e davvero siamo carne da macello: guarda cosa ci siamo ridotti a fare! L”uomo diventa bestia, la bestia è disposta a tutto per sopraffare la concorrenza e sopravvivere.

Si formano alleanze e strategie, c”è chi la chiama solidarietà.

E” un gregge o un branco?

Quelli che hanno i volumi con le domande, ripassano le risposte giuste prima di entrare.

Si entra, si esce. Così fino alle 10 di sera, per il terzo giorno. Vengono espletate infinite e complesse pratiche burocratiche prima di ogni test, sempre allo scopo di garantire l”equità del concorso, anche se oramai tutto ha il sapore di un”amara presa in giro.

 

Intanto le prove, fin dal primo giorno, si sono rivelate facilissime (ben al di sotto del livello previsto e dichiarato nel bando).

Nei test ci sono 20 domande di grammatica e 20 domande su quattro brani da leggere e comprendere.

I brani del librone sono però pochi. Sempre gli stessi, ma tradotti in 4  lingue. Alcuni brani sono stati estratti anche per tre prove diverse; così, chi ha fatto i test  di selezione per quattro lingue -come me- è avvantaggiato, anche se ha dovuto subire la tortura di leggere per ben tre volte le istruzioni per l”utilizzo dell”aspirapolvere oppure per la pulizia dello schermo del televisore: prima in spagnolo, poi in tedesco e infine in francese.

Se capita un testo difficile durante il test in una lingua in cui si è poco ferrati, basta cercare nel librone la traduzione nella lingua preferita.

 

Gira la voce che molte delle domande dei libroni siano in effetti le stesse già assegnate per il concorso dei dirigenti scolastici, che si è tenuto qualche tempo prima, suscitando altre mille polemiche.

Anche quel concorso, come questo, è organizzato dal Formez s.p.a.

Il Formez Italia organizza questo concorso per conto del ministero degli esteri. Quanto è costato il concorso? Parrebbe piuttosto costoso, considerando il complicato sistema dei volumi contenenti i 4000 quesiti. Volumi che vanno distribuiti ad ogni candidato prima di ogni test, per essere poi ritirati e  distrutti dopo ogni prova (poco conta che siano sempre gli stessi volumi e che ne girino da giorni diverse copie su internet o nelle case e nelle stanze d”albergo dei candidati).

 

Come mai, ci si chiede in molti, il Formez ha organizzato anche questo concorso, dopo la fallimentare gestione del concorso per i presidi?

Gira una voce (e di voci ne girano tante all”Ergife): pare che dietro il Formez s.p.a. ci sia niente meno che il ministro Brunetta. Sarà vero? Sarebbe interessante saperlo. Ma nessuno lo sa con certezza. Anche se tutti ridacchiano nel sentire il nome “Brunetta”.

Che ci sarà poi da ridere?

E sarebbe interessante anche sapere se era questo che, per anni, l”ex ministro ha inteso dire quando parlava di efficienza della pubblica amministrazione.

Ci vorrebbero indagini accurate su questo tema. E ci vorrebbero giornalisti pieni di buona volontà e capacità di penetrazione nei fitti misteri italici. Si ha la sensazione che questo concorso sia solo una piccola parte di un tutto più grande. Un tutto marcio e pruriginoso. Ma le sensazioni sono tutte deviate. Mille opinioni e idee girano. Tutti scommettono su una cosa e sul suo contrario: è davvero l”Italia come capita a volte di vederla negli incubi notturni.

 

 

Intanto, a differenza di quanto accaduto il primo giorno, i circa 40000 (quarantamila!) volumi stampati con 4000 quesiti ciascuno vengono effettivamente ritirati al termine di ogni prova per essere mandati al macero. Per fortuna che era già carta riciclata (dal concorso per i presidi).

 

Quanto è costato questo concorso? La domanda diventa sempre più pressante ad ogni nuovo ritiro del librone.

Me ne sono passati per le mani ben 8, in 8 test differenti: ho avuto libroni azzurri, rossi e gialli. Sempre gli stessi.

Che cosa accerterà, questo concorso, a parte lo stato comatoso delle istituzioni di questo paese? Accerterà che gli insegnanti italiani, che sappiano o meno le lingue, sono comunque in grado di sviluppare tecniche di sopravvivenza sempre più raffinate. Tra il primo e l”ottavo test che ho sostenuto, infatti, mi sono reso conto di essere diventato più veloce, più coriaceo, più amaro. Non credo più in nulla. Voglio solo andare avanti e sentirmi vivo: potermi dire parte di questo girone infernale che sembra ruotare con le sue stesse forze.

In una delle tante lunghe attese, un collega sulla cinquantina mi si avvicina per chiedermi: Tu mi sembri esperto, ma per caso sai cosa sono queste scuole europee?

 

Intanto anche le cose più turpi finiscono, anche se non siamo neppure più in grado di desideralo. Ce ne andiamo a casa, o in albergo. Attorno all”Hotel Ergife restano solo montagnole di carta di cioccolatini al caffè e lattine vuote di red bull. Domani gli ultimi due test per i lettorati di francese e spagnolo. Quelli dai quali tutto era cominciato; e con i quali tutto infatti finisce.

Dunque cӏ una logica? Dunque cӏ un senso?

 

Gli insegnanti torneranno in classe il giorno dopo, in tutta Italia e nelle sedi estere nelle quali rappresentano la nostra cultura.

Prima dei compiti in classe di matematica o latino, diranno ai loro alunni: spegnete i cellulari e non copiate. O, no, anzi, scusate, mi sono confuso, copiate pure, ma per poter copiare come si deve, aspettate di diventare un insegnate di ruolo come me  e di partecipare a un concorso pubblico. Lì sì, lì potrete copiare da veri italiani, e potrete  fare quello che vorrete com”è iscritto nella nostra vivace natura mediterranea.

Potrete anche organizzare un bel trenino. Funziona così: chi sa meglio il francese si mette in testa al treno e passa le risposte giuste agli altri; al test successivo poi il favore gli viene restituito: il francofono passerà al secondo o al terzo vagone e copierà da chi è più esperto in inglese o in spagnolo o in tedesco. È così che imparerete tutte le lingue, ragazzi. Fidatevi. Credete ai vostri insegnanti che già ci sono passati. O quanto meno, è così che riuscirete a certificarne la conoscenza. In Italia non è questione di competenze, è questione di certificati!

Come vedete si tratta della vecchia arte di arrangiarsi: è per questo che si viene a scuola, no? Quindi insomma, copiate, copiate, se potete, non sarò certo io a fermarvi. Come potrei mai? dopo quel che ho fatto all”Hotel Ergife in quelle gloriose giornate?

 

 

La ragione per la quale racconto tutto questo, al di là della evidente cialtroneria di chi ha organizzato questo concorso così male e non lo ha poi saputo gestire una volta che è degenerato, è anche una ragione di ordine morale e, forse, perfino di prospettiva storica.

Cosa ne è dell”Italia oggi? Cosa c”entra tutto questo con il nostro passato e con il nostro futuro nazionale?

 

Pochi sono i docenti che pensano di far ricorso. Quasi tutti paiono disgustati dalle giornate che hanno trascorso a Roma, quelli che hanno sottratto i volumi e quelli che non li hanno sottratti.

Su face book si è formato un gruppo chiamato “insegnare all”estero” nato nei mesi di attesa del concorso. Nel gruppo molti si dicono contenti perché, davanti a uno stato così disumano come quello italiano, ci si è potuti associare per aiutarsi a vicenda.

Chi ha rubato il libro, lo ha passato ad altri; le fotocopie giravano a meraviglia. E molti hanno fatto il loro bel giro sul trenino. Peggio per chi si è intestardito a voler fare l”onesto ad ogni costo. Cosa aveva da perdere, a quel punto? Perché non si è dato da fare per copiare, come tutti, visto che era lampante che erano gli organizzatori stessi a incoraggiarci a farlo?

Possibile che quell”assurdo moccioso moralista che non ha voluto a nessun costo copiare, non capisse proprio che questo paese è morto, che la scuola non serve a niente e che l”unica cosa che ci rimane è trovare il modo più efficace per fregare il prossimo? Associamoci a questo scopo e chiamiamo questa associazione: solidarietà. Quando le regole non ci sono più, imponiamo le nuove regole: quelle dei più forti e dei più furbi.

D”altro canto non avevamo scelta, dicono ancora questi docenti illuminati: davanti a un ministero che funziona così non ci hanno lasciato altra strada che l”inganno. Non servirebbe a niente annullare  e ripetere il concorso, perché non potrebbe essere diverso. L?Italia è morta e a noi non resta che trasformarci in avvoltoi, s evogliamo sopravvivere.

Ma io c”ero anche nel concorso precedente, quello del 2006, e benché non si trattasse di un concorso impeccabile, non si era visto nulla di così vergognoso: e i libroni, per esempio, non esistevano.

 

In Italia siamo condannati a fare le cose male, insistono, bisogna farsene una ragione e sopravvivere come si può. E volerci bene, nonostante tutto. Almeno questo! Non ci rimane nient”altro! Non mettiamoci almeno i bastoni tra le ruote gli uni con gli altri. Siamo tutti poveracci, siamo tutti brava gente.

E poi soprattutto non avremo mai la voglia e la forza di tornare a Roma tra un anno e ripetere l”esperienza da capo. Lasciamo che tutto vada per la sua strada e che i più furbi stiano in cima alle graduatorie.  Se siamo venuti qui è perché vogliamo un posto all”estero, giusto? Andar via dall”Italia? Ebbene, cominciamo col mandare affanculo questo paese, visto che non chiede altro che questo. Tanto ormai, che siamo bravi o non bravi, che sappiamo le lingue oppure no, a chi può importare? Al ministero no, è chiaro. E allora, perché dovrebbe fregare qualcosa a noi o ai nostri futuri alunni di New York, Asmara, Casablanca o Tirana?

Tra le persone che sostengono questa posizione ci sono molti ignavi, molti gretti approfittatori e molti ignoranti che non avrebbero avuto altra occasione che questa per passare un vero concorso.

Ma ci sono anche persone di grande valore intellettuale e morale, insegnanti che sanno le lingue e hanno magari completato un dottorato in Francia o in Inghilterra. Persone che potrebbero e dovrebbero dare il meglio di sé a questo paese e che invece sono arrivate a un tale disgusto da aver definitivamente rinunciato a credere in qualunque principio: una volta che si arriva a confrontarsi con queste istituzioni pubbliche , in cosa si può ancora credere?

Se esiste una dimensione nella quale poter dare il meglio di sé, è solo quella privata, oramai: la vita pubblica e professionale, è solo tempo sprecato in Italia. Si sopravvive come si può. Perché lottare ancora contro il niente?

Tra queste persone ho amici di vecchia data, che stimo da tanti anni e ai quali voglio bene. persone che ritengono ormai che non valga più la pena di fare distinzione: siamo tutti una sola massa miserabile senza dignità, noi, in faccia allo stato, al governo, che non ha senso, che non ha giustizia. Aiutiamoci come si può. Bravi e ignoranti; onesti e disonesti. Che differenza fa? Salviamo intanto noi stessi e poi quelli che ci stanno simpatici o che ci stanno più vicini. Almeno questo. Meglio di nulla. Il paese affonda, tiriamoci un salvagente a vicenda.

E quelli che insistono a stare ancora sulla nave, a gettare l”acqua in mare: che fessi! Che imbecilli! Ma dove trovano ancora la forza per credere all”impossibile?

 

Si tratta di rappresentare la cultura italiana all”estero, no?

Dopo questa articolata esperienza, mi pare di capire che per il ministero degli esteri sia quindi giusto che a rappresentarla siano persone che ragionano con una mentalità che io definirei semplicemente mafiosa.

È questa la cultura italiana, dopo tutto, no? È questo che dobbiamo mostrare al mondo. Questo il mondo vuole da noi. Per questo uno straniero iscrive un figlio a una scuola italiana all”estero. Sennò lo iscriverebbe a una scuola francese, tedesca o inglese. Vai ragazzo, vai a lezione di pizza e di mafia.

 

Siamo noi, docenti italiani nell”anno scolastico 2011-12, anno del centocinquantesimo anniversario,  siamo noi a costituire una quasi perfetta incarnazione di quel momento storico (attorno al 1861) nel quale lo stato italiano, appena unito, generava, dai suoi difetti e dalle sue contraddizioni, la forza della criminalità organizzata.

Mafia è la parola.

Solo che adesso questa mentalità è la stessa che detta i criteri di riferimento per chi insegna nelle scuole pubbliche italiane (che all”epoca praticamente neppure esistevano), e che è talmente abituata a non credere più in niente (“che paese di merda!”, era la frase che si sentiva più spesso nei corridoi dell”Ergife: anch”io l”ho detta milel volte), che ormai non vede neppure più quanto sia assurdo copiare a un concorso in quel modo spudorato e, il giorno dopo, tornati in classe a far lezione, mettere due a un proprio alunno perché tentava di copiare.

 

Si va a scuola per diventare dei buoni italiani. Si va dunque a scuola per diventare più furbi. Non bisognerebbe più dire: non copiate ragazzi, ma copiate con furbizia, fregatemi come meglio potete; è il vostro insegnante che vi parla, il vostro professore che ve lo chiede. La vostra storia che lo esige. Siate italiani fino in fondo: il mondo ci guarda!

 

L”altra frase che si sentiva spesso nei corridoi dell”Ergife era infatti: anche copiare non è mica facile, bisogna saper copiare bene.

Crocetta sulla a, sulla b, sulla c o sulla d?  Tu cosa hai messo? Mi passi la 749? Come hai fatto la 3247?  E la 2212?

 

In 150 anni di storia nazionale, non solo non siamo riusciti a debellare la mafia, ma ora lasciamo che ci governi, nella pratica e nelle menti, da Bolzano a Caltanisetta, nessuna differenza. Ho visto l”Italia intera e unita, all”Ergife. Unita nel nome dell”ignoranza o del disincanto, ma pur sempre unita. Unita fino al giorno (ormai prossimo) in cui in questo paese non sarà più possibile distinguere tra chi è onesto e chi no, chi è ignorante e chi fa con coscienza il suo mestiere. Così, finalmente, l”unica cosa che ci rimarrà per sopravvivere, sarà esser mafiosi: tutti assieme e con solidarietà.

 

A me pare valga la pena di occuparsi di questa delirante prova di auto-distruzione del sistema scolastico italiano. Che dei fatti penalmente rilevanti e delle responsabilità degli organizzatori se ne occupino le procure e che i giornali suscitino un dibattito: si può ancora credere, dopo questo concorso, che la scuola italiana e i suoi docenti, possano essere una risorsa per questo paese? E, davvero questo paese vuole risorse dalle quali attingere soccorso, oppure vuole soltanto liberamente affondare in ciò che sente intimamente di essere? Appiattirsi nella solita tirannia del “siamo tutti uguali”: grazie al caos che ci avvolge, siamo tutti uguali, perciò nessuno si senta in colpa.

 

Lunedì 12 dicembre iniziano le correzioni dei test: grazie alla tecnologia moderna, vi si potrà assistere via streaming collegandosi col sito del ministero degli esteri, a riprova della impeccabile equità del meccanismo di selezione che è stato adottato.

 

 

Scusate se sono stato un po” prolisso.

Un caro saluto

Alessandro de Roma

Docente di storia e filosofia, scrittore.

 

 Fonte: http://www.alessandroderoma.com/scritti/a-scuola-di-mafia

 


busakiAlessandro de Roma è nato in Sardegna nel 1970, e oggi vive in Francia. Ha esordito come scrittore per la casa editrice “il Maestrale” nel 2007 con Vita e morte di Ludovico Lauter (Premio Dessì, Premio Vigevano Opera Prima, finalista premio Viareggio); poi pubblicato in Francia dalla Gallimard. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo “La fine dei giorni” (Libro del mese degli ascoltatori della trasmissione di Radio Tre Fahrenheit). Nel giugno 2010 è uscito il romanzo “Il primo passo nel bosco” (Il maestrale). Il suo libro più recente è “Quando tutto tace” (Bompiani, 2011).


http://www.youtube.com/watch?v=hWeex50_vjQ




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