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di Aldo Giannuli – da aldogiannuli.it
Continuo a non ritenere probabile il coinvolgimento di una delle Mafie tradizionali nella strage brindisina (e, a questo punto, credo che neanche i magistrati ci pensino più), questo non vuol dire che non possa trattarsi di una qualche scheggia partita dalla Mafia locale, la Sacra Corona Unita e lasciamo per ora impregiudicato se si tratti solo di giovanotti che sgomitano per conquistare la prima fila o se dietro di loro possano esserci dei mandanti (ipotesi di secondo grado).
Qualche elemento interessante può venire dalla storia della Scu, sconosciuta alla grande maggioranza degli italiani, a differenza di Mafia, Camorra e N”drangheta di cui si sa di più. La Scu è nata molto recentemente (1981) da un processo di confluenza di varie organizzazioni criminali a loro volta filiazioni delle mafie storiche: fra la fine del 1980 ed i primi del 1981, Pino Iannelli e Alessandro Fusco, su mandato di Raffaele Cutolo cercarono di costituire una “Nuova Camorra Pugliese” come filiazione del clan partenopeo. Va detto che in provincia di Foggia operava nel settore granario la ditta Casillo, il cui titolare era il fratello del più noto Enzo Casillo, braccio destro di Cutolo, ucciso da una bomba nella sua auto il 29 gennaio 1983 subito dopo essere uscito dalla sede del Sismi. La ditta fu poi coinvolta, a fine anni ottanta, nello scandalo del riciclaggio del grano radioattivo proveniente da Chernobyl.La mossa di Cutolo destò allarme negli altri clan malavitosi presenti in Puglia: Diomede, Parisi, Capriati a Bari (più vicini a Cosa Nostra) ma, soprattutto, il gruppo brindisino del mesagnese Pino Rogoli che apparteneva alla ”ndrina di Rosarno dei Belloco. Pertanto Rogoli, nel Natale 1981, mentre era in carcere, fondò la Sacra Corona Unita su indicazione del suo referente calabrese. Alla Scu aderirono subito alcune piccole propaggini tarantine, quindi, man mano, anche i clan baresi e quelli foggiani. Per qualche tempo gli organi inquirenti ignorarono sistematicamente la nascita della Scu della quale si occupò, invece, il piccolo giornale foggiano di estrema sinistra “Il Picchio Rosso” che pubblicò diversi articoli che è interessante leggere ancora oggi.
La Scu fu una sorta di aggregazione federale basata su una rigida delimitazione territoriale; qualcosa di più simile al modello reticolare della N”drangherta che a quello piramidale di Cosa Nostra o quello intermedio della Camorra. Inoltre la filiazione da altre mafie precedenti ha spesso provocato ripercussioni dei contrasti fra esse rafforzando le tendenze centrifughe presenti. Per di più, la nuova organizzazione non godeva del retroterra storico delle altre mafie. Jean Francois Gayraud distingue le Mafie dalle organizzazioni criminali, anche di grande dimensione, ma che non ne hanno il retroterra storico e cultural-mitologico oltre che il particolare tipo di controllo del territorio. Le Mafie storiche costituiscono veri e propri insediamenti sub-culturali che contribuiscono a mantenere unita l”associazione mafiosa. La Scu tentò di darsi un rituale ed un sistema di riferimenti simbolici che surrogassero questa mancanza di “quarti di nobiltà “, ma con risultati piuttosto modesti.
Lo stesso nome indica questo tentativo: come altre mafie, la Scu cercò una sorta di sacralizzazione dell”appartenenza al gruppo sin dal nome (Sacra, per via del rito di iniziazione che è una sorta di battesimo, Corona, a quanto sembra, perché nelle riunioni e nei riti si fa uso della corona del Rosario) e questo fa pensare ad una recupero del retroterra religioso delle altre mafie (la “santa” è la N”drangheta nel linguaggio interno all”organizzazione; santista è uno dei gradi della gerarchia mafiosa, esattamente come nella Scu che ha anche il grado di “evangelista”). Nei primissimi anni novanta, durante un bliz, venne trovato un formulario dei riti di affiliazione, di promozione, di giudizio degli appartenenti alla Scu, di “consacrazione” delle sedi ecc ed è di grande interesse leggerlo. Ci sono elementi liturgici tipici del “cattolicesimo paganizzato” di ogni Mafia (ad esempio bruciare una immagine sacra bagnata da gocce di sangue dell”adepto per suggellarne il giuramento) mentre altri gesti richiamano la sub cultura del carcere e ne denunciano la estrazione recente (il rito della sigaretta spezzata). Insomma un polpettone che sa di falso a primo colpo d”occhio, un po” come le “cerimonie del Dio Po” ed il culto della tradizione celtica inventati dalla Lega.
C”è, tuttavia, qualche traccia interessante che merita di essere sottolineata: in quasi tutti i riti del formulario ricorre l”invocazione “ai nostri fratelli Garibaldi, Cavour e Lamarmora”. Passi per Garibaldi e Cavour che, in qualche modo fanno parte della formazione scolastica elementare di ogni italiano, ma che c”entra Lamarmora che, nella tradizione popolare meridionale, semmai, è ricordato per i modi barbari con cui condusse la lotta al brigantaggio? Da dove viene questa “parentela ideologica” dei neo mafiosi pugliesi con l”arcigno generale sabaudo? Forse vale la pena di ricordare che Lamarmora era massone ed a suo nome -come peraltro a quelli di Garibaldi e Cavour- sono intitolate alcune logge massoniche. D”altro lato, sia la complessa gerarchia dell”organizzazione (picciotti, sgrarristi, santisti, evangelisti, trequartisti, medaglioni ed, infine, medaglioni con catena della società maggiore), i rituali, la formalizzazione come società segreta, persino alcune formule e l”uso del pugnale nell”iniziazione, presentano evidenti punti di contatto con la cultura massonica.
E proprio fra la fine degli anni settanta ed i primi ottanta, si assiste alla rinascita di molte logge esoteriche in Puglia, dove c”era stata una più che trentennale decadenza che aveva ridotto la presenza massonica in dimensioni assai limitate. Qualcosa del genere è osservabile anche in Sicilia (basti ricordare la “Loggia Scontrino” di Trapani) ed in Calabria dove un ruolo di raccordo molto importante è stato svolto da alcuni avvocati penalisti.
Dunque, una organizzazione fragile sia per il modello organizzativo a rete diffusa (la Scu arriverà a contare sino a 47 diversi clan, spesso in contrasto fra loro), sia per il carattere palesemente fittizio del suo retroterra subculturale, ma nello stesso tempo una organizzazione non priva di agganci con le altre organizzazioni criminali più importanti e con sfere del potere politico e, forse, dei servizi. Ne è derivata una storia di continue faide interne, di scissioni, di luogotenenti che hanno tentato di soppiantare il loro capo (come Antonio Antonica con Rogoli). Quel che però non ha impedito l”espansione della Scu verso tutti i principali traffici malavitosi (droga, prostituzione, tabacchi, usura, armi, scorie pericolose ecc.) per un bilancio complessivo stimato intorno ai 2 miliardi e mezzo annui. Oggi la Scu ha solide radici nei Balcani, ma, grazie alla N”drangheta stende il suo raggio d”azione anche alla Germania, all”Olanda, all”Argentina ed all”Australia.
A questo proposito merita una spiegazione il ruolo della provincia brindisina che è sempre stata il centro strategico della Scu. Brindisi è il più piccolo dei cinque capoluoghi pugliesi ed è una città tranquilla e persino sonnolenta, almeno in apparenza. In realtà le cose stanno diversamente. Il ruolo economico della città è iniziato a crescere con l”arrivo di uno dei principali petrolchimici d”Italia. Va ricordato per inciso che il primo responsabile della Montedison in Puglia, Francesco Troccoli, fra l”altro segretario del Pri pugliese, era un affiliato alla loggia P2. Peraltro la città (sede di un porto di notevole rilievo e dell”unico aeroporto internazionale della Puglia) ha sempre avuto un ruolo particolare verso i Balcani con almeno due conseguenze: essere la principale porta di ingresso del contrabbando di tabacchi lavorati esteri provenienti da quell”area ed ospitare, nel suo retroterra, importanti basi Nato come quella di San Vito dei Normanni. Negli ultimi tempi si era poi prospettata l”installazione di un rigasificatore sulla scorta della vicenda dei gasdotti dal sud. Insomma una città apparentemente assopita, ma sede ci vorticosi affari e di intrighi militari e di servizi informativi.
La vicenda della Scu (che ha continuato a scindersi ripetutamente e che è stata colpita da una serie di retate dal 2010 in poi, che hanno via via portato in carcere tutti i principali esponenti delle cosche locali) va inserita in questo contesto. Ed in questo quadro l”idea di una scheggia impazzita acquista più corpo. Ma assume più credibilità anche l”ipotesi di legami con ambienti diversi dalla criminalità e legati a qualche potere forte.
Tratto da: aldogiannuli.it
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