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Le prigioni di Obama come quelle di Stalin

Le prigioni di Obama come quelle di Stalin
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31 Maggio 2012 - 14.05


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cim-chino-megatratto da mazzetta.wordpress.com

Da quando Ronald Reagan assunse la presidenza degli Stati Uniti, l”applicazione di una repressione draconiana del crimine, combinata alla privatizzazione del sistema detentivo, ha dato vita a un sistema penale senza paragoni al mondo per tasso e numero degli incarcerati, tanto che gli Stati Uniti sono primi al mondo e sfiorano il primato nella storia, secondo Wikipedia:

“Storicamente l”attuale tasso di carcerazione americano è leggermente più basso del livello record registrato in Unione Sovietica prima della Seconda Guerra Mondiale, quando la popolazione dell”URSS raggiunse i 168 milioni e tra 1.2 e 1.5 milioni di russi erano nel sistema di campi e colonie dei Gulag (circa 800 persone ogni 100.000 residenti). Un primato storico certificato dai dati mai contestati di Arcipelago Gulag del dissidente e premio Nobel russo Aleksandr Solzenicyn.

Un dato confermato anche dall”autorevole The  New Yorker e mai smentito da nessuno dei paladini a stelle e strisce in servizio permanente effettivo.

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Oggi gli Stati Uniti sono a cavallo di quel record secondo le stesse statistiche americane e in alcuni stati americani il record sovietico è stato addirittura polverizzato. Merito di leggi più severe, ma merito anche di un meccanismo che si autoalimenta e divora le vite degli americani in nome di pregiudizi ideologici e false credenze. Al naturale aumento della domanda conseguente all”aumento delle pene e allo scatenarsi di politiche come la War on Drugs o la Zero Tolerance, gli Stati Uniti reagirono privatizzando la gestione delle prigioni, fidando nella velocità dei privati di rispondere alla domanda. Domanda pubblica di un servizio pubblico, perché la reclusione dei detenuti è sempre a carico dello stato ed sempre il sistema giudiziario a determinare le pene, ma alla quale presto si è aggiunta una domanda d”origine privata, con effetti catastrofici su tutto il sistema, che continua ad ospitare i detenuti in condizioni di sovraffollamento, ma in numero molto superiore. 

altLa retorica contro la burocrazia e gli sprechi di denaro è stato l”usuale cavallo di Troia per introdurre il nuovo regime, ma oggi si può ben dire che il danno provocato dalla degenerazione del sistema agli Stati Uniti ha superato qualsiasi potenziale spreco e lasciato le vite di milioni di carcerati in balia dell”esigenza primaria delle imprese impegnate nel business della carcerazione: il profitto.

Il sistema così com”è non offre alcun incentivo ai gestori delle prigioni per farsi attori positivi del sistema penale, semmai li spinge a cercare di riempire al massimo le strutture e di trattenervi quanto più a lungo possibile i clienti. Il che, in un sistema che in caso d”infrazione dei severissimi regolamenti carcerari permette di allungare la pena del detenuto quasi a discrezione dei carcerieri, costituisce un enorme incentivo agli abusi di questo tipo, come per la possibilità di punire senza alcuna supervisione giudiziaria i detenuti, sia con misure come l”isolamento che con l”eliminazione di benefici dovuti come l”ora d”aria o l”accesso alle attività ricreative. Lo stesso tipo di pressioni possono poi essere usate per spingere i detenuti ad impiegarsi presso attività produttive gestite dalle stesse aziende, così si sono visti i carcerati che per 23 centesimi all”ora costruiscono componenti elettronici per i missili Patriot. Ma anche call center, centri per il riciclaggio dei rifiuti e ogni genere dattività a discreta intensità di manodopera è stata delocalizzata nell”universo carcerario privatizzato.

Così convenienti e così legali che i gestori non esitano a pubblicizzare questa incredibile occasione, così convenienti che alcuni stabilimenti produttivi e le produzioni sono state spostate all”interno di stabilimenti dove lavorano i carcerati. Un sistema che produce sfruttamento del lavoro forzato e disoccupazione ha sicuramente dei costi occulti che eccedono il costo nominale riconosciuto per la diaria dei prigionieri. 

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Un sistema che si rivela estremamente classista e razzista, perché ad incorrere nei rigori della legge sono prima di tutto i neri, seguiti a ruota dai meno abbienti in generale, per lo più vittime di un Arcipelago Gulag a stelle e strisce che si estende per tutto il paese, ma in particolare negli stati del Sud, culla del liberismo neoconservatore e della destra razzista, padri e madri del sistema.

[…]

Per leggere l”intero articolo:Giornalettismo

Tratto da: mazzetta.wordpress.com

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