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'“La convenzione blinda un''oligarchia”'

'C''è un tentativo di «normalizzare» il Paese, altro che di «pacificazione». Parlamentari «senza titoli» si son messi in testa di cambiare volto alla Carta. Va impedito.'

'“La convenzione blinda un''oligarchia”'
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19 Maggio 2013 - 00.55


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Intervista di Carmelo Lo Papa a Gustavo Zagrebelsky.

L’ora della mobilitazione, per reagire «a questa condizione crepuscolare
della democrazia ». Per difendere la Costituzione ancora una volta «a
rischio» dall’attacco che le viene mosso da una «oligarchia politica»
che ricorre adesso a una Convenzione «estranea alla Costituzione». Parla
di tentativo di «normalizzare» il Paese, il presidente emerito della
Consulta Gustavo Zagrebelsky, altro che di «pacificazione». E di
parlamentari che «senza titoli» si son messi in testa di cambiare volto
alla Carta.

 

Il 2 giugno, lei e il professor Rodotà in piazza a Bologna in
difesa della Costituzione: «Non è cosa vostra». Perchè questo rinnovato
atto di fedeltà alla Carta proprio mentre la maggioranza studia come
modificarla? È una provocazione controcorrente?

«Si sta giocando una partita politica e la posta è elevatissima. È in
atto un tentativo di spoliticizzazione, una sorta di mascheramento ».

 

Un mascheramento, professore Zagrebelsky?

«Le maschere sono i tecnici, i saggi, gli esperti. Certo,
dell’efficienza un sistema politico non può fare a meno, pena il
suicidio. Ma, l’efficienza non esiste in sé e per sé».

 

Si è insediato un governo di larghe intese che si propone tra l’altro di modificare la macchina dello Stato. Non la convince?

«A me pare piuttosto evidente che sia in atto un disegno di
razionalizzazione d’un potere oligarchico. In Italia non si è forse
radicato un sistema di giri di potere, sempre gli stessi che si
riproducono per connivenze e clientele? Parlando di oligarchie, non si
pensi solo alla politica, ma al complesso d’interessi nazionali e
internazionali, che nella politica trovano la loro garanzia di
perpetuità».

 

Appunto, quale occasione migliore per cambiare quegli assetti, per riformare?

«Sono decenni che se ne parla. Ma ora sembra che sia giunta l’ora. Quel
complesso d’interessi è sovraccarico e non riesce più a trovare un
equilibrio. Rischia l’implosione e s’inceppa. La rielezione del
Presidente della Repubblica — impensabile in un sistema di governo anche
solo minimamente dinamico — è rivelatrice. L’applauso grato e commosso
d’una maggioranza impotente è il segno dell’impasse. Per il futuro, ci
vogliono riforme. Ma dal punto di vista democratico, sono in realtà
controriforme».

 

Perché controriforme?

«Guardiamo le cose che si intende e le cose che non s’intende fare. Il
presidenzialismo, quale che ne sia il modello, è un modo di concentrare
in alto la politica e di ridurre dei cittadini a “micro-investitori” del
loro voto, a favore d’un gestore d’affari nel cerchio stretto delle
oligarchie. In breve: è il protettorato d’un sistema di potere chiuso.
Altro che più potere al popolo! Anzi, il popolo deve non sapere o sapere
il meno possibile: si è ripresa infatti la discussione sul
“riequilibrio dei poteri” a danno dell’indipendenza della magistratura, e
sui limiti al giornalismo d’inchiesta (vedi la questione delle
intercettazioni). E poi, quel che non si intende fare: vedi il silenzio
calato sul conflitto di interessi e sull’inasprimento delle misure
contro l’illegalità. Le oligarchie, del resto, sono regimi dei
privilegi. Hanno bisogno di compiacenze e illegalità».

 

È così sicuro che una riforma in chiave semi presidenziale non
ci metta in linea con le moderne democrazie? In fondo, anche il ruolo di
garanzia del presidente della Repubblica negli ultimi anni si è
rivelato ancor più risolutivo per uscire da pericolose crisi. Perché non
codificarlo nella Costituzione?

«Inviterei a maneggiare l’argomento con cautela. Una cosa è l’espansione
dell’azione presidenziale a tutela delle istituzioni parlamentari
previste dalla Costituzione. Altro è l’azione che prelude a una nuova
normalità. Questa seconda cosa contraddirebbe l’obbligo di fedeltà alla
Costituzione. Il Capo dello Stato ne è “garante” quando agisce per
preservarla dalle trasformazioni “materiali”, non certo quando le
promuove. Ma il presidente Napolitano ha più volte precisato di muoversi
nella prima direzione e di quello gli va dato atto. Chi oggi sostiene
che siamo ormai in un regime presidenziale fa torto al presidente della
Repubblica».

 

Lei parla di consolidamento oligarchico. E la pacificazione di cui si fa un gran parlare?

«Chi di noi non è per la pace e per la pacificazione? Ma la pace è
esigente, molto esigente. Non può esistere senza condizioni. La pace è
la conseguenza della verità e della giustizia. Altrimenti, pacificare
significa solo “normalizzare”».

 

La Convenzione non basta per la pacificazione?

«Perché dovrebbe essere affiancata da “esperti”, cioè da persone al
fuori dei contrasti politici? Gli esperti sono a loro volta portatori di
visioni politiche e saranno messi lì dai partiti in quanto
corrispondano ai loro progetti. Saranno “maschere”. Mi auguro che in
pochi accettino di assumere questo ruolo».

 

Insomma, non pone alcuna fiducia nella Convenzione?

«Mah. La Costituzione, all’art. 138, prevede un procedimento lineare per
mutare la Carta. Si vuole, invece, una procedura, per così dire,
blindata, dapprima la Convenzione, poi il voto bloccato delle Camere: o
sì, o no, senza emendamenti. Mi chiedo come possano i parlamentari
accettare una simile umiliazione. Una procedura complicata ma anche
totalmente estranea alla Costituzione. Per questo, si prevede — solo
dopo — una ratifica con legge costituzionale, che è essa stessa la
confessione che si agisce contro la Costituzione».

 

Ma i parlamentari avranno il potere di riformare, almeno nelle commissioni competenti, o no?

«I nostri politici “costituenti” hanno un mandato? Chi li ha
autorizzati? Sono stati eletti per questo? Basta la retorica delle
riforme per legittimarli? Il 2 giugno ci troveremo per dire non solo che
i contenuti della controriforma non ci piacciono, ma anche che il
metodo è sospetto. Sono in gioco nodi cruciali della nostra vita, non
fredde operazioni di ingegneria costituzionale, come si vuol far
credere. Lavoro, uguaglianza, giustizia sociale, diritti di tutti,
cultura, salute, legalità, trasparenza: cose possibili in democrazia,
quando la si espande. Difficili o impossibili, quando la si restringe ».

Fonte: la Repubblica.

Tratto da: http://www.libertaegiustizia.it/2013/05/18/la-convenzione-umilia-il-parlamento-cosi-si-blinda-solo-una-oligarchia/.

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