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'E'' la Sunna che fa il totale'

200 alti dignitari religiosi islamici sunniti, riuniti sotto gli auspici di Putin e al-Sisi, deliberano chi è dentro e chi fuori il sunnismo: un anatema per i reali sauditi

'E'' la Sunna che fa il totale'
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8 Settembre 2016 - 05.13


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di Pierluigi Fagan.



Incredibile notizia dal mondo islamico: incredibile in sé e incredibile non sia stata riportata dai principali mezzi d”informazione: al momento nessuna traccia, non solo in Italia – a parte Libero che l”ha ripresa da Asia News, assieme a Remocontro – ma neanche all”estero). 


Circa 200 alti dignitari religiosi islamici sunniti si sono riuniti in Cecenia, a Grozny, sotto gli auspici del presidente russo Putin e di quello egiziano al-Sisi, per deliberare il vero senso del sunnismo e la sua stessa ammessa composizione. 


Il comunicato finale enumera come facenti parte della comunità sunnita: ashariti, maturiditi, sufi e le quattro scuole giuridiche tradizionali


Chi manca? 


Secondo alcune fonti di informazione (di cui riportiamo in primo luogo la più autorevole, essendo Asia News collegata col P.I.M.E. – Pontificio Istituto Missioni Estere), mancherebbero i wahhabiti, i quali sarebbero – a questo punto – considerati takfiriti (sostanzialmente apostati, miscredenti). 


Altresì, sarebbe ora sdoganata l”affermazione a noi nota da anni che wahhabismo, Sauditi-Stati del Golfo e salafiti vari (incluso l”IS) sarebbero lo stesso sistema


Russia, Egitto, al-Azhar, wahhabiti apostati, nuova tv satellitare contro Al Jazeera con sede in Russia? 


Una cosa sembra certa, non dovrebbe finire qui…

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Conferenza a Grozny: Wahhabismo escluso da comunità sunnita. Ira di Riad


di Bernardo Cervellera.


Circa 200 personalità musulmane da Egitto, Russia, Siria, Sudan, Giordania, Europa rifiutano la dottrina dell’Arabia saudita. Un programma di riforma: una catena televisiva (in alternativa ad al Jazeera), un centro “scientifico” per condannare le interpretazioni fondamentaliste, borse di studio per studenti. L’apprezzamento di p. Samir Khalil. 

Lo studioso Kamel Abderrahmani: Non c’è differenza fra sunnismo e wahhabismo.


Roma (AsiaNews) – La notizia è passata sotto silenzio, ma è foriera di importanti sviluppi: il wahhabismo, la dottrina alla base dell’islam praticato in Arabia saudita e finanziata in molte parti del mondo grazie a Riyadh, non fa parte del sunnismo. Esso sarebbe una “deformazione” dell’islam che porta all’estremismo e al terrorismo. È necessario perciò “un cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo”. In Arabia saudita si passa già al contrattacco nel timore che questo sia il primo passo per “mettere al rogo” il Paese e i suoi imam.

La stupefacente dichiarazione è emersa nel comunicato finale di un congresso tenuto a Grozny (Cecenia) il 25-27 agosto scorsi.  Il congresso ha radunato circa 200 dignitari religiosi islamici, dottori coranici e pensatori islamici da Egitto, Siria, Giordania, Sudan, Europa. Fra questi vanno citati personalità come il grande imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb; il gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam; il consigliere del presidente egiziano e rappresentante del Comitato religioso al parlamento del Cairo, Cheikh Oussama al Zahri; il gran Mufti di Damasco Abdel Fattah al Bezm; il predicatore yemenita Ali al Jafri; il pensatore Adnan Ibrahim e molti altri.

Lo scopo dell’incontro era cercare di definire l’identità “delle genti del sunnismo e della comunità sunnita”, davanti alla crescita del terrorismo takfirista-wahhabita che pretende di rappresentare l’islam e che soprattutto si vuole affermare come il rappresentante legittimo del sunnismo.

Nel comunicato finale, i partecipanti hanno precisato che “le genti del sunnismo e coloro che appartengono alla comunità sunnita sono gli Ashariti e i Maatiriditi, sia a livello della dottrina che al livello delle quattro scuole della giurisprudenza sunnita, e anche i sufi, sia a livello di conoscenza che a quello della morale dell’etica”. Come si vede dalla lista delle “genti del sunnismo” viene escluso il wahhabismo salafita predicato dall’Arabia saudita.

L’esclusione di questo ramo dell’islam – si spiega – è dovuto alla necessità di “un cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo, sapendo che questo concetto ha subito una pericolosa deformazione in seguito agli sforzi degli estremisti di svuotare il suo senso per impossessarsene e ridurlo alla loro percezione”.

Una posizione così dura ed esclusiva non è nuova anche se è la prima volta che appare in modo esplicito la posizione anti-wahhabita. Il grande imam di Al Azhar, lo scorso anno, proprio alla Mecca, aveva domandato che si iniziasse una riforma dell’islam per escludere le interpretazioni fondamentaliste e i loro “concetti falsi e ambigui”, oltre che violenti.

Le vie per riformare l’islam

Al congresso di Grozny sono emerse anche alcune indicazioni per correggere la piega attuale che pesa sull’islam. Si propone di creare una catena televisiva in Russia [in contrasto con al Jazeera] per “far giungere ai cittadini un messaggio veridico dell’islam e per lottare contro l’estremismo e il terrorismo”. Si raccomanda anche di istituire “un centro scientifico in Cecenia per sorvegliare e studiare i gruppi contemporanei… che permetterà di rifiutare e criticare in modo scientifico il pensiero estremista”. La proposta è che il centro venga chiamato col nome di “Tabsir” (chiaroveggenza).

Si suggerisce pure di “ritornare alle scuole della grande conoscenza” (la prestigiosa Al Azhar, la Qarawiyinne e Zaytouna in Tunisia, la Hadermouth), escludendo le istituzioni religiose saudite, in particolare l’università islamica di Medina. Infine si mettono a disposizione delle borse di studio per coloro che sono interessati a studiare la sharia, cercando di contrastare i finanziamenti che l’Arabia saudita eroga in questo campo.

L’Arabia saudita al contrattacco

Il wahhabismo è nato nel XVIII secolo ed è una dottrina sunnita radicale e letteralista fondata da Mohammad ibn Abd al-Wahhab, e utilizzata dall’iniziatore del regno saudita, Mohammed bin Saoud. Esso propone l’uso della violenza contro tutti i nemici dell’islam, compresi i musulmani che non condividono quella interpretazione (takfirismo). L’Arabia saudita, soprattutto dagli anni ’70 in poi, ha lanciato campagne di proselitismo in Asia e in Africa (e in seguito anche in Europa) per diffondere tale interpretazione dell’islam, costruendo moschee e scuole coraniche, e inviando i suoi predicatori.

La reazione dell’Arabia saudita non si è fatta attendere. Il giornale al-Manar (libanese) cita il lancio di una campagna mediatica senza precedenti che fa leva sul patriottismo, per difendere “l’attentato alla nostra nazione”. Si cerca di umiliare anche Ahmed al-Tayeb, ricordando che il grande imam di Al Azhar “si è abbeverato per molto tempo” della sapienza degli ulema sauditi” e ora “in alleanza con Putin… vuole escludere l’Arabia saudita dal mondo musulmano”.

Il congresso di Grozny è bollato come “deludente” e il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, che l’ha ospitato, è accusato di essere “un sufi delirante”. L’imam e predicatore della moschea del re Khaled a Riyadh ha commentato: “La conferenza della Cecenia ci deve servire da campanello d’allarme: il mondo sta per accendere il rogo per bruciarci”.

I commenti

Interrogato da AsiaNews sulla conferenza di Grozny, p. Samir Khalil Samir, gesuita e islamologo non nasconde la sua soddisfazione: “Finalmente! È un fatto davvero straordinario. L”Egitto sembra essere stato l”iniziatore. Comunque è finalmente l”applicazione della richiesta fatta nel dicembre 2014 dal presidente al-Sisi all”Università Al-Azhar del Cairo, che non aveva avuto nessuna applicazione finora.

“E’ anche interessante – continua – il fatto che si sia tenuto a Grozny: una città islamica di meno di 300mila abitanti, capitale della Cecenia, facendo parte della Russia, di tendenza laica. Ma cosa più straordinaria è la costituzione di quest”assemblea, molti dei quali sono legati proprio al wahhabismo!”

Agli occhi dei musulmani, forse proprio quest’ultimo aspetto rende meno credibile il “divorzio” fra sunnismo e wahhabismo. Kamel Abderrahmani, musulmano, linguista e studioso dell’islam, commenta ad AsiaNews: “Se si guarda bene e si analizza in modo minuzioso la corrente sunnita, non vedremo alcuna differenza fondamentale fra l’uno e l’altro. Malgrado il divorzio proclamato la settimana scorsa, io rimango fermo nel dire che la corrente sunnita e la corrente wahhabita sono identiche. La sola differenza sta nel nome”.


Anatema sull’Islam del medioevo saudita: wahhabismo terrorista

di Ennio Remondino.


Anatema dell’Islam Sunnita. Il wahhabismo, la dottrina alla base dell’islam praticato in Arabia saudita e finanziata in molte parti del mondo grazie a Riyadh, non è parte legittima del sunnismo. Sarebbe una “deformazione” dell’islam che porta all’estremismo e al terrorismo. Isis come sua filiazione militare. In Arabia saudita si passa già al contrattacco nel timore che questo sia il primo passo per “mettere al rogo” il Paese e i suoi imam.


L’Islam del medioevo saudita sotto processo. La notizia passata sotto silenzio in occidente, ci arriva per fortuna da AsiaNews. Il wahhabismo, la dottrina alla base dell’Islam praticato in Arabia saudita e finanziata in molte parti del mondo grazie a Riyadh, non fa parte del sunnismo. Esso sarebbe una “deformazione” dell’islam che porta all’estremismo e al terrorismo. È necessario perciò “un cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo”. Allarme nel regno saudita.

La stupefacente dichiarazione, nel comunicato finale di un congresso tenuto a Grozny, in Cecenia, il 25-27 agosto scorsi. 200 dignitari religiosi islamici, dottori coranici e pensatori islamici da Egitto, Siria, Giordania, Sudan, Europa. Fra questi, personalità come il grande imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb; il gran Mufti d’Egitto; il gran Mufti di Damasco; il predicatore yemenita Ali al Jafri; e molti altri. Insomma, il sunnismo fuori dall’Arabia Saudita e dintorni petroliferi e integralisti.

Obiettivo dell’incontro in Cecenia, definire l’identità “delle genti del sunnismo e della comunità sunnita”, di fronte alla crescita del terrorismo takfirista-wahhabita che pretende di rappresentare l’islam e il sunnismo. Nel comunicato finale, definita la identità storica dei sunniti: “Gli Ashariti e i Maatiriditi, le quattro scuole della giurisprudenza sunnita, e anche i sufi, a livello di conoscenza che a quello della morale dell’etica”. Delle “genti del sunnismo” viene escluso il wahhabismo salafita dall’Arabia saudita.

Al congresso di Grozny non solo teologia, ma azioni concrete per correggere la piega attuale che pesa sull’islam. Esempio, creare una catena televisiva in Russia in alternativa ad ‘al Jazeera’ per “far giungere ai cittadini un messaggio veritiero dell’islam e per lottare contro l’estremismo e il terrorismo”. Non solo scuole coraniche dunque, ma anche (e soprattutto) propaganda via Web, come sta insegnando la deviazione wahhabita di Isis-Daesh o Califfato come ogniuno preferisce chiamarlo.

Per nostra memoria, il wahhabismo nasce nel XVIII secolo ed è una dottrina sunnita radicale utilizzata dall’iniziatore del regno saudita, Mohammed bin Saoud. Essa propone l’uso della violenza contro tutti i nemici dell’islam, compresi i musulmani che non condividono quella interpretazione. L’Arabia saudita ha lanciato campagne di proselitismo anche in Europa – Bosnia, Kosovo, Albania – per diffondere l’interpretazione integralista dell’Islam, costruendo moschee, madrase, inviando i suoi predicatori e i suoi soldi.

La reazione dell’Arabia Saudita non si è fatta attendere. “Attentato alla nostra nazione”, gridano da Regno; una trama occulta gestita “in alleanza con Putin… che vuole escludere l’Arabia saudita dal mondo musulmano”. L”inferno per l’imam della moschea del re Khaled a Riyadh: “Il mondo sta per accendere il rogo per bruciarci”. Ovviamente opposta la lettura dell’islamologo Khalil Samir, padre gesuita sentito da AsiaNews. “Finalmente! È un fatto davvero straordinario”, attribuendo all’Egitto di al-Sisi la svolta.





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