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Sul ciglio delle (loro) elezioni

Oltre a quelli internazionali, nascono gravi conflitti interni anche in seno alla Superpotenza, che non è immune dalla crisi sistemica. Primo segno: queste elezioni USA [Piotr]

Sul ciglio delle (loro) elezioni
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6 Novembre 2016 - 22.48


ATF

di Piotr.

La
Russia sta cercando in tutti i modi – sia nei negoziati diplomatici sia nel suo
appoggio pratico – di unire in un unico dossier tutti i conflitti, dal quello
nella Novorussia, a quello in Siria, nell’Iraq a quello nello Yemen e ora anche
quello in Libia. Il motivo dovrebbe essere evidente anche: sono tutti legati
e parte della stessa strategia
.

Una
strategia che ha visto tre tappe:

2)
pianificazione tra il 2006 e il 2008)

3)
implementazione a partire dalle “primavere arabe” (benedetta dal
discorso al Cairo di Obama). A cui si è aggiunto l’«inserto» ucraino, ad uso e
consumo dell’Europa; una sorta di fuori programma offerto dalla coppia
Clinton-Nuland.

Il
fatto che l’Arabia Saudita sia impresentabile sotto tutti i punti di vista,
permette agevolmente di indirizzare gli sforzi dei pacifisti (mi riferisco qui a
quelli sinceri, non ai doppiopesisti) su battaglie focalizzate contro di essa [1].
E’ quanto sta succedendo da alcune settimane. Ma se è giusto attaccare appena
si può i Saud, è tuttavia impossibile scollegare lo Yemen dalla Siria e dagli
altri teatri di crisi.

Io
personalmente devo anche capire compiutamente perché parte del mainstream se la stia ora pigliando con
l’Arabia Saudita dopo anni di assordante e inammissibile silenzio. Per
cavalcare le emozioni per motivi giornalistici e/o di audience? Forse, ma non
può essere l’unico motivo. Tremendi fatti che generano (o dovrebbero generare)
emozione, avvengono tutti i giorni nei Paesi che abbiamo menzionato. Penso quindi
che ci siano ragioni più ampie. Ad esempio, negli USA è da tempo attiva una
parte dell’establishment che vorrebbe balcanizzare l’Arabia Saudita e gli statunitensi
sono spesso veramente stufi dell’infezione wahhabita. Un’altra ragione è che
scaricare responsabilità sui Saud è agevole e fa comodo.

Come
al solito negli USA regna l’usuale confusione, che ormai ha assunto i tratti di
un dualismo di potere.

Considerate
questa sequenza:

1)
Bombardamento del funerale nello Yemen.

2)
Indignazione popolare amplificata anche dai media mainstream col concorso delle solite “ONG governative” (altra
definizione non mi viene in mente).

3)
Dichiarazione governativa che gli USA rivedranno il loro sostegno ai Sauditi.

4)
Bombardamento su postazioni degli Houthi direttamente da parte di una nave da
guerra statunitense.

Ovviamente
gli eventi 3 e 4 sono in contraddizione tra loro e sono avvenuti a distanza di tre
giorni. Addirittura la metà del tempo trascorso tra gli accordi Lavrov-Kerry e
il bombardamento di Deir Ez-Zor.

Insomma,
lo scontro tra le strane posizioni accomodanti di Donald Trump in politica
internazionale e le cristalline posizioni guerrafondaie della Clinton, che
vediamo agitarsi sul palcoscenico del teatrino delle elezioni presidenziali
statunitensi, è già in atto in modo crudo nella realtà. E’ uno scontro che passa
anche all’interno del Partito Repubblicano, e questo lo si sa perché ne parlano
tutti i media (pro domo clintoniana). Ma passa anche attraverso quello
Democratico (e ciò sembra fuori dal radar dei commentatori).

Da
una parte le posizioni della Clinton rischiano seriamente di alienare
totalmente i voti che erano andati a Sanders, dall’altro nonostante Obama appoggi
formalmente la Clinton ho l’impressione che cerchi di farle un po’ il prato
inglese sotto i piedi, con inserimenti last minute qua e là in posti
chiave di persone a lui fedeli che la potranno intralciare nei suoi progetti e
nelle sue velleità da presidente. La nuova bordata dell’FBI contro Killary
potrebbe far parte di queste mosse. La Clinton potrebbe arrivare alla Casa
Bianca già azzoppata, se ci arriva. E anche le botte ai sauditi, sodali della
Clinton, potrebbero essere mosse di questo gioco.

Dietro
a ciò ci sono molte cose, di tipo anche assai differente. Intanto, a Obama
piacerebbe rendere alla Clinton pan per focaccia, dopo che lei direttamente o
con le persone che a lei fanno riferimento, lo ha intralciato almeno dalla metà
del primo mandato e pesantemente nel secondo. In secondo luogo, come si è detto,
il Partito Democratico si sta spaccando non meno di quello Repubblicano, come
dimostra il fatto che hanno dovuto fare un colpo di mano per escludere Sanders dalla
corsa alla Casa Bianca rischiando però così milioni di voti e disgustando
migliaia di militanti; e Obama e i suoi ne stanno tenendo conto [2].

In
terzo luogo sembra che Michelle sia stata l’anima politica moderata dietro la
confusa e ondivaga politica internazionale del marito Barack e – qui sta un
ulteriore punto Рnon ̬ escluso che Michelle stia preparando tramite il marito
il terreno per una sua futura candidatura. E Michelle non deve amare molto
Hillary, visto che ha preso al balzo la nuova inchiesta dell’FBI per cancellare
ogni riferimento della Clinton dai suoi accounts Twitter.

In
termini sistemici cosa significa tutto ciò, ammesso che le cose stiano andando
come le ho descritte? Significa che la marcia trionfale neocon post
Torri Gemelle si sta sempre più inceppando, perché il ruolino di marcia non è
stato rispettato.

Ricordo
i sette Stati che secondo la testimonianza del generale Clark, il Pentagono
aveva deciso nel 2001 di far fuori (“take out”) in cinque anni,
ovvero entro il 2006: Iraq, Siria, Libano, Libia, Sudan, Somalia e Iran
(ovviamente con l’Afghanistan come apripista).

E
siamo nel 2016, dieci anni dopo la scadenza, con i rottamatori impantanati in
Novorussia, Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Yemen e fuori dai piedi dell’Iran.
E questo ha dato il tempo a Russia e Cina di diventare temibili sia
militarmente sia economicamente. Molto temibili.

Significa,
come conseguenza, che la finanziarizzazione a guida occidentale, deve fare i
conti a scadenze sempre più frequenti con la realtà, ovvero col fatto che è un cumulo
di carta straccia
.

Significa
che la politica, ovvero il Potere del Territorio, ha perciò necessità di
sganciarsi dal Potere del Denaro nella sua forma finanziarizzata per affrontare
la crisi sistemica facendo prevalere un punto di vista squisitamente
politico
. Un punto di vista che deve obtorto collo adeguarsi a una configurazione
multipolare del mondo
. Cosa che, a sua volta, vuol dire tra le altre cose
che i capitali che, per trilioni di dollari, sono tenuti in vita artificialmente
dovranno essere macellati, con tutte le conseguenze politiche e sociali che ne
seguiranno e che richiederanno una gestione pesantemente politica (da cui l’importanza
sempre maggiore dell’allerta democratica – vedi Referendum costituzionale
).

Non
è la prima volta nella storia del capitalismo che la politica si sgancia dall’economia
(con buona pace dei marxisti economicisti).

Durante
lo sgretolamento dell’egemonia britannica (che era basata in Occidente sul
gold-standard e il libero mercato unilaterale britannico, e in Oriente e in
Africa sulla forza) il New Deal negli Usa e i fascismi in Europa fecero la
stessa cosa. E ovviamente lo faceva lo stalinismo in Russia, con tutt’altro
progetto in testa.

La
spiegazione ultra sintetica e ultra sintetizzante di quei fenomeni è questa,
pur con tutte le loro evidenti differenze politiche e le loro differenti motivazioni.

Non
sto assolutamente equiparando i tre fenomeni, sto dicendo che furono tutti
espressioni di una supremazia della Politica sull’Economia e specialmente sulla
finanza, nonostante la classica interpretazione di sinistra del fascismo come
alleanza tra finanza e potere agrario. E’ anche evidente che ciò non significa
automaticamente un allontanamento della guerra, come la Seconda Guerra Mondiale
è infatti lì a dimostrare. Ma significa che l’ottica potrebbe cambiare e di
molto e che oltre a quelli internazionali, sono destinati a nascere gravi
conflitti interni, anche in seno alla Superpotenza che non è certo immune dalla
crisi sistemica e dal suo conseguente caos, visto che proprio da lì nasce.

EXCURSUS.
E’ importante sottolineare una cosa. Quando l’Impero Britannico decise di non
adeguarsi alla multipolarità che stava emergendo nel mondo ed ebbe inizio la Prima
Guerra Mondiale (che fu il primo atto della tragedia che si concluse con la Seconda),
le ultime grosse guerre che si erano combattute in Europa erano state quella di
Crimea con circa 150.000 morti in battaglia (molti di più per malattie) e la
guerra Franco-Prussiana con circa 160.000 caduti. Era a quei tipi di guerre che
i Comandi e gli Stati pensavano, perché quella era la loro esperienza. La
Guerra di Secessione americana era stata un enorme massacro con circa 600.000
morti. Era un campanello d’allarme, ma era pur sempre considerata una questione
interna [3].

Oggi
tutti sanno perfettamente che cosa significherebbe una Terza Guerra Mondiale.

Insomma,
in questo caos è più che logico che spesso non si possa procedere che a tentoni.
E se è già difficile che noi ci si raccapezzi nel caos (per lo meno parlo per
me), figuriamoci quando dobbiamo esporci all’esterno, prendendo posizione. E’
ben difficile prendere e soprattutto motivare posizioni durante il caos
sistemico, quando le alleanze internazionali assumono sempre più una geometria
variabile che a volte nemmeno ̬ nettamente individuabile e quando Рper lo meno
in questa fase – sono gli Stati (anch’essi affetti dal caos sistemico) a condurre
i giochi e sono questi giochi a dettare le forme della risposta popolare e non
il contrario.

Dobbiamo
tuttavia ad ogni costo sforzarci di collegare ciò che le persone sentono,
provano, vivono e subiscono, con le grandi linee di tendenza, se possibile
anticipando le mosse dell’avversario. Dobbiamo cercare cioè di orientarci e poi
orientare. Dobbiamo quindi evitare di rispondere di rimessa e, meno che meno,
dimenticarci del quadro generale. E lo possiamo fare solo facendo due cose che
sembrano in contraddizione tra loro: mandare al diavolo i dogmi e
contemporaneamente non cadere nell’eclettismo.

NOTE


[1] Ciò non toglie che recentemente la Russia sia stata
esclusa dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU  (UNHCR) dove invece è stata rieletta l’Arabia
Saudita. Penso che ciò illustri chiaramente la misera fine che ha fatto questo
concetto (nella pratica reale, non nel mondo dei bei sogni). E’ sorprendente
che Alessandro Di Battista se la pigli non per questo ma perché nell’UNHCR è stato
eletto l’Egitto il cui governo è ossessivamente ed erratamente visto come il
mandante dell’assassinio Regeni.

[2] Adam Walinsky, da sempre democrat, collaboratore
di J. F. Kennedy, assistente legislativo e speechwriter di Bob Kennedy, ha
dichiarato che per il bene della pace mondiale voterà Donald Trump.

[3] La maggior parte degli storici continua a
considerarla una mera questione interna statunitense, ma io non finirò mai
d’insistere che invece sarebbe ora che si iniziasse a riconoscere che è stata
proprio la Guerra Civile Americana a segnare il passaggio all’Epoca
Contemporanea.

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