di Pierluigi Fagan
Il primo problema della complessità è dato dal numero di variabili che bisogna tenere interagenti nel discorso. Per fotografare le situazioni complesse occorrerebbe tener conto di molte variabili e seguire gli effetti non lineari delle loro interazioni, il che porta via molto spazio di scrittura e molta attenzione in chi legge, requisiti che non si possono trovare su questo media. Darò quindi una descrizione molto sommaria delle difficoltà che si presentano nell’anno di tempo che parte da oggi.
Tenete conto almeno di tre variabili. A maggio 2019 ci sono le elezioni europee, a settembre scade Mario Draghi alla BCE, a novembre ci sono le elezioni di mid-term in USA.
Partiamo da queste ultime. Trump ha due caratteristiche inedite: la prima è che ha un programma “rivoluzionario” che vuole muovere molte variabili del sistema USA (interne ed esterne); la seconda è che ha un potere decretato dal consenso popolare ovvero un rapporto diretto con il suo elettorato, non intermediato ed anzi palesemente avversato dai corpi intermedi del Deep State e della grande stampa. Conditio sine qua non, per lui, è avere una solida maggioranza in entrambi i rami del legislativo, vincere le elezioni di mid-term è quindi essenziale. Se Trump dovesse perdere uno dei due rami (o entrambi o andare troppo vicino alla parità), la sua presidenza sarebbe sostanzialmente segnata. A nessun presidente USA piace essere una “anatra zoppa” ma per Trump, è semplicemente inaccettabile. I suoi avversari che sono molti e trasversali, ovviamente, proprio a questo puntano, azzopparlo ad un piede, una gamba o entrambe.
Ne consegue che Trump ha recentemente fatto una riforma fiscale, ha annunciato un piano di investimenti infrastrutturali per rilanciare lavoro e logistica interna al Paese e ieri, ha lanciato un primo piano di dazi commerciali. Quest’ultimo, è stato lanciato come flessibile e trattabile. Trump vorrebbe trattare con ogni singolo Paese le condizioni del rapporto. I rapporti tra Paesi sono di varia natura e in essenza, benché composti di molti fatti, non possono essere ridotti a questo o quel fatto. Tant’è che ha motivato la sua azione che riguarda il commercio, appellandosi alla sicurezza nazionale che non è un fatto commerciale. Ci sono varie questioni sottese a questo capitolo: i saldi molto negativi della bilancia commerciale USA, la protezione dell’autonomia produttiva in settori strategici, i rapporti geopolitici (la divisione del mondo in “amici” e “nemici”), la ricostruzione della potenza USA secondo uno schema ben diverso da quello sviluppato sino ad oggi. Ma al di là di questi aspetti che ci portano ad altre ed ancor a più complesse questioni, Trump deve produrre risultati o concreti fatti a supporto di promesse, per vincere le elezioni di mid-term. Ad esempio ridurre il deficit e recuperare fondi da investire nel piano infrastrutturale, quindi occupazione.
La questione geopolitica è un denso capitolo in cui si segnala il post rilasciato ieri sulla firma del trattato TPP senza gli USA, la rinegoziazione del NAFTA, questioni relative all’Asia, quindi Cina, quindi la notizia di oggi su un possibile incontro con Kim Jong un. Ma noi dovremmo concentrarci sul capitolo Europa, perché è quello che ci riguarda con più urgenza ed impatto.
Il fine mandato di Draghi a settembre pone la questione della successione e la successione verrà decisa nei rapporti di forza tra l’area nord-est capitanata dalla Germania e l’area sud-ovest capitanata dalla Francia, discussione che andrà a giudizio finale dopo le elezioni europee. Non è solo la poltrona che pure è decisiva, è che qualche riforma dell’euro va fatta (e già se ne sta discutendo) e come ben sapete qualsiasi cosa attiene la forma di questa valuta comune, è decisiva per gli equilibri europei. Tenetevi poi Draghi lì a lato, libero e disponibile per fare qualcos’altro.
A maggio ci sono le elezioni europee che senza spreco di enfasi possiamo definire “decisive”. Mentre alcuni si dedicano ignari a fotografare buche, a scrivere di Balotelli e del CAF di Bari o di Calenda o della crisi della sinistra occidentale, molte cose si stanno muovendo verso questa scadenza decisiva. Poiché l’Italia non potrà avere un governo propriamente detto, si dovrà rivotare e senz’altro si rivoterà facendo coincidere le nuove elezioni politiche con le europee, appunto, a maggio 2019. Le nuove elezioni saranno un referendum sull’Europa e sull’euro con tutte le truppe pro e contro schierate di tutto punto. Poiché non sarà un sondaggio d’opinione ma questione storica e decisiva, aspettiamoci di tutto di più.
Trump ha applicato dazi flessibili e contrattabili invitando ogni Paese ad andare a trattare one-to-one ma noi siamo vincolati da patti europei che ci impongono di devolvere anche questo diritto sovrano all’Europa che tratta per tutti. Ma Trump non tratterà mai con l’Europa intera, vuole il one-to-one in genere e nello specifico, vuole disarticolare l’Europa e ridimensionare la potenza della Germania.
Noi ci troveremo in biforcazioni. Gli USA hanno con noi un deficit meno della metà di quello che hanno con la Germania e quello con la Germania è molto segnato da produzioni sulle quali Trump vuole recuperare potenza interna. La nostra trattativa o quella della Francia sarebbe su piani e punti molti diversi da quella con la Germania, decideremo di farci carico gli uni dei problemi dell’altro e staremo uniti o cercheremo di salvare le nostre Alcoa o ILVA, sacrificando le BMW e le Mercedes? O viceversa? Visto che Trump chiede di riequilibrare i contributi NATO, l’UE ci esenterà dai vincoli di bilancio per dare più soldi a gli USA o andremo a litigare tutti compatti facendoci una NATO per conto nostro? Ma una euro-NATO che risponde a chi?
Che rapporti intercorrono tra l’amministrazione Trump ed il cdx italiano o il M5S o tra Macron e Merkel ed il PD? Cosa è venuto a fare Steve Bannon a Roma la scorsa settimana o cosa è andata a fare G. Meloni in Ungheria a due giorni dal voto? Meglio una Italia che torna in alcuni aspetti sovrana ma del tutto asservita e schierata con la rinnovata potenza USA o meglio rimanere alleati della diarchia franco-tedesca ma con tutto ciò che questo comporta dato che conosciamo come la Germania intende i rapporti di integrazione europei? A quale lupo far guidare il branco e quale pecora verrà sacrificata?
Fermiamoci qui, la matassa è grossa e la indagheremo meglio in seguito. Se volete un modesto consiglio, evitate di perdervi nel ginepraio delle opinioni “a fette”, quelle solo degli economisti, quelle solo dei geopolitici, quelle dei sovranisti, quelle dei globalisti, degli euroasiatisti, gli ossessionati dai migranti, dal neo-liberismo o altro. Non perché ognuno di questi punti non sia legittimo e importante ma perché non può essere trattato al netto di tutti gli altri. La realtà è una e non risponde alle nostre preferenze e sensibilità di attenzione settoriale. Sopratutto, non è più l’epoca delle libera preferenza, sono in ballo questioni serie, gravi e decisive, le opinioni sono gravide di conseguenze, gli atti pure. Noi non siamo gli spettatori o i critici, noi siamo lo spettacolo. Stay tuned.
Fonte: Pierluigi Fagan