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Milioni di maschere, ma pochissimi volti

Come sarà dunque la vita nell’era del riconoscimento facciale? [Rosanna Spadini]

Milioni di maschere, ma pochissimi volti
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7 Maggio 2018 - 14.05


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di Rosanna Spadini

 

Uscito nelle sale nel settembre 2017 sotto licenza Creative Commons, il documentario «Nothing to Hide» di Marc Meillassoux è una risposta problematica ad una domanda cruciale per il nostro futuro «Non ho fatto nulla di sbagliato o illegale, quindi non importa se sono spiato», «Non ho nulla da nascondere».

«Non c’è un argomento valido per tutti. Alcuni reagiscono ai rating finanziari temendo di dover pagare di più per il loro mutuo o assicurazione sanitaria. Altri sono sensibilizzati da tabù riguardo la sfera privata, se una persona della famiglia è affetta da una malattia mentale.» dice Marc Meillassoux «Altri potrebbero temere che le autorità fiscali abbiano accesso ai loro dati personali»… un potere, che passa attraverso un’aggressione fisica o una sorveglianza di massa, rimane sempre un potere, per di più la sorveglianza da parte della polizia è il fondamento di uno stato di polizia. Dobbiamo chiederci allora cosa vuol dire vivere in una società in cui le persone, qualsiasi persona, ma anche magari giudici, avvocati, ricercatori e giornalisti sono potenzialmente supervisionati e messi sotto controllo. È il trionfo del Panopticon di Foucault.

Tutti i meccanismi di monitoraggio sono già in azione, anche se sono ancora nelle mani delle cosiddette «democrazie», dunque è forse eccessivo parlare di cyberdittatura ?

E poi non avendo «nulla da nascondere» si accetta di fornire tutti i dati a Facebook, Google e ad una moltitudine di servizi «gratuiti», pur sapendo, soprattutto dalle rivelazioni di Edward Snowden, che questi feed di dati rispondono direttamente alla sorveglianza di massa?

Nel giugno 2013, dalla camera di un albergo di Hong Kong, Edward Snowden osservava scoppiare in diretta tv lo scandalo della NSA, dopo aver rivelato tutto ai giornalisti davanti alla telecamera di Laura Poitras (Citizenfour).

La pubblicazione da parte di Custode Washington Post  riguardava informazioni sui metodi di spionaggio on-line utilizzati da FBI e da National Security Agency (NSA). Chiamato anche US-984XN, questo programma di sorveglianza creato nel 2007, aveva permesso la raccolta di dati personali online su persone identificate come sospette dai servizi di intelligence statunitensi. Avevano collaborato anche i giganti Web Facebook, Microsoft, Google e Apple, al fine di recuperare tutte le tracce dell’attività online, e-mail, file scambiati, estratti di conversazioni online, ecc. Alle società interessate era stato vietato parlare pubblicamente di questi scambi di dati. Il governo degli Stati Uniti in seguito aveva affermato che Prism era destinato all’antiterrorismo, diretto contro i sospettati che vivevano fuori dagli Stati Uniti e dal controllo giudiziario americano.

Lo stesso Snowden ha spesso ribadito che «Dire che il tuo diritto alla privacy non ha importanza perché non hai nulla da nascondere è come dire che la tua libertà di espressione non ha importanza, perché non hai nulla da dire. Perché anche se non usi i tuoi diritti oggi, altri ne hanno bisogno. Come dire, gli altri non mi interessano».

Del resto basta ricordare quella scena di «Minority Report» in cui Tom Cruise, rientrato in un negozio di prêt-à-porter Gap, subisce la scansione della retina e un ologramma gli offre i prodotti più adatti. Individui controllati e identificati ovunque, per la strada, nei grandi magazzini, sui mezzi pubblici, in auto, al lavoro, a casa.

Introdotto da Apple nel suo iPhone X, il riconoscimento facciale sta oggi per invadere la nostra vita quotidiana. Può trattarsi di identificare le persone sui social network o di pagare con un sorriso piuttosto che con una carta di credito, comunque lo sviluppo di questa tecnologia sembra necessario, nel mondo del surveillance capitalism e della pubblicità ad personas.

La rete si sta adeguando, e manco farlo apposta, anche Facebook oggi ti richiede il riconoscimento facciale. Nel 1492, Colombo scoprì l’America, più di 500 anni dopo Mark Zucchino, il giovane “geek” ideatore di Facebook, sta creando un nuovo continente, stavolta virtuale, che ha due miliardi di abitanti. Facebook infatti è un grande continente, con la sua costituzione, i suoi valori, i suoi cittadini, la sua politica estera, i suoi sogni di espansione, al punto che ora abbiamo tutti la doppia nazionalità, quella del nostro paese di nascita e quella di Facebook.

Negli ultimi tempi ha impostato un algoritmo ad hoc, chiamato DeepFace, in grado di identificarci in base ad una qualsiasi foto pubblicata sui social, con la scusa del miglioramento della sicurezza e per evitare la pirateria degli account.

Fabien Benoit, specialista della rivoluzione digitale e autore di «Facebook», racconta di questo moderno Leviatano, a metà strada tra il modello americano ultraliberale e il modello russo, sottoposto all’autoritarismo della sua classe dirigente.

Tutto ciò può sembrarci ancora un po’ distante, tuttavia, le tecnologie di riconoscimento facciale e l’uso della biometria stanno iniziando ad invadere la nostra vita quotidiana. Apple offre già oggi ai fortunati possessori del suo iPhone X di sbloccare il telefono grazie al suo sistema di Face ID, o di convalidare i pagamenti tramite il proprio volto. «È incredibile quello che può fare la tua faccia», lo slogan iper-amichevole del marchio.

Google, da parte sua, dispone di FaceNet, utilizzato per versioni non europee di Google Foto, in grado di riconoscere volti con una precisione del 99,63%.

La China Construction Bank, una delle banche statali cinesi, permette di prelevare denaro attraverso il riconoscimento facciale. AliPay, una filiale del gigante cinese di Internet AliBaba, sta testando il sistema nei suoi supermercati per regolare gli acquisti, mentre la catena Usa di fast food KFC ha installato lo stesso dispositivo in uno dei suoi ristoranti di Hangzhou.

Il sistema è ormai in grado di identificarci ovunque, profilo Facebook, account Instagram, gli ultimi acquisti, i siti web frequentati, tutto centrifugato nella spirale del desiderio onanista compulsivo. «Puoi ancora lasciare a casa il tuo telefono oggi, ma la tua faccia sarà più difficile».

Il governo cinese, re della sorveglianza con oltre 176 milioni di telecamere installate in tutto il paese, ha appena adottato un nuovo software, che oltre a monitorare i cittadini, mira a prevedere e prevenire il crimine, come raccontano le serie «FlashForward» e «Person of Interest».
Un sistema di riconoscimento facciale installato su oltre 176 milioni telecamere di sorveglianza, secondo  Forbes, contro 50 milioni negli Stati Uniti.

In un’intervista con il  Financial Times, il portavoce di Cloud Walk Technology con sede a Guangzhou ha dichiarato: «Certo, se qualcuno compra un coltello da cucina, non sarà sospettabile». Il software valuterà il potenziale rischio e avviserà automaticamente le autorità affinché possano intervenire rapidamente «La polizia usa un sistema di classificazione basato su grandi dati per classificare gruppi di individui sospetti sulla base di dove vanno e cosa fanno».

Da diversi anni Baidu, il motore di ricerca nazionale, ha lavorato sull’argomento. In particolare, gli ingegneri cinesi hanno sviluppato  un programma di ricerca per bambini scomparsi  che mette a confronto le foto dei genitori con i figli rapiti. Secondo Baidu, il software ottiene risultati rilevanti nel 99,7% dei casi.

In Russia poi l’applicazione FindFace consente da una foto di trovare il profilo di qualcuno su Vkontakte, l’equivalente russo di Facebook.

L’app mobile FindFace infatti consente di trovare la pagina social media di una persona dopo averne scattato una foto in strada. Il corrispondente speciale di Meduza  Daniil Turovsky si è seduto con gli autori della tecnologia FaceN e ha incontrato alcuni dei clienti. Si scopre che FindFace è solo l’inizio e l’algoritmo sottostante è basato su una rete neurale che può effettivamente aiutare a identificare qualsiasi persona in qualsiasi foto o video, creando opportunità illimitate per un sistema quasi invisibile di sorveglianza totale.

Tuttavia, la promessa originale di Internet, prima della sua vivisezione da parte del mercato e quella di GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft), erano diametralmente opposte: rompere con il mondo reale, lasciarci alle spalle le nostre pesanti identità, immergersi in un nuovo mondo che avrebbe potuto finalmente spezzare il peso di pregiudizi e di altre discriminazioni.

Come sarà dunque la vita nell’era del riconoscimento facciale? Passeggiare lungo le strade di una città potrebbe diventare improbabile, negato l’accesso a edifici o negozi magari a causa delle nostre attività online, la nostra storia, le nostre frequentazioni, la nostre opinioni politiche, o lo stato del nostro conto banca. Potremo scansionare i volti delle persone prima di parlare con loro, solo per controllarne i loro precedenti. Cosa accadrà quando la biometria verrà presentata come l’unico baluardo contro il terrorismo o l’unica risorsa per garantire la nostra sicurezza?

Perché non considerare anche la conservazione di un «diritto alla vita offline», vale a dire la garanzia di poter condurre una vita «normale» al di fuori delle reti? Avere il diritto di condurre un’esistenza sconnessa. Questo «diritto offline» alla fine confinerebbe semplicemente nel diritto di scelta, quello di registrarsi, oppure no, nel mondo digitale, ma soprattutto nel diritto di mantenere una sola faccia, libera da simulazioni e simulacri di sorta.

Come diceva Pirandello, sebbene il sentimento del contrario ci consenta di leggere il rapporto tra l’immagine e il reale, ci capiterà comunque d’incontrare milioni di maschere, ma pochissimi volti.

(2 maggio 2018)

 

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