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Conosci te stesso

La sovranità mentale è il presupposto di tutte le altre. Sappiate che non sono pochi coloro che si stanno affannando a conoscere voi stessi, ma nell’elenco mancate proprio voi. [Pierluigi Fagan]

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13 Agosto 2018 - 07.14


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di Pierluigi Fagan 

 

L’antica sapienza greca, precedente l’inizio di quella che poi Platone chiamerà “filosofia”, giunse a distillare questo pensiero, poi attribuito a Socrate e dato come etichetta al dire dell’oracolo di Delfi. Si può ben dire che così, il pensiero antico, intuì l’essenza del pensiero umano: la riflessione.

Riflessione s’intende come un circolo in cui un soggetto si dà come oggetto a se stesso, il pensiero si pensa. “Pensiero che pensa se stesso” era proprio la definizione del divino che Aristotele dette alla fine della collezione di libri poi da altri disgraziatamente chiamati “Metafisica” e virgolettando un suo celebre passo, così Hegel terminò l’ultima pagina della sua Enciclopedia delle scienze filosofiche che è il blueprint dell’intero edificio concettuale del tedesco. Alcuni filosofi hanno seguito la prescrizione (meno del dovuto), riflettendo non su cose del mondo ma proprio sul come riflettiamo, sul come pensiamo le cose. Sembra però che questa antica intuizione non abbia ricevuto l’attenzione che sembrerebbe meritare anche perché molti hanno avuto interesse a distogliere l’attenzione dal compito.

È sintomatico che gli studi sul sottostante materiale del pensiero, il cervello, si siano sviluppati con molta difficoltà, solo da pochi decenni. Iniziati tardi e continuamente strattonati in interpretazione da chi vuole il cervello figlio della natura e chi lo vuole figlio della cultura, tra chi lo vuole razionale e chi lo vuole emotivo, tra chi lo vuole preciso e riducibile e chi lo vuole impreciso ed olistico, genetico o epigenetico, fisso o cangiante, in una vasca o embodied (incorporato, inserito in un corpo), tra chi l’ha incastonato nell’immagine di mondo dominante che ci vuole calcolatori razionali dell’utile egoistico e chi a fatica ha fatto presente che il cervello non è un computer, è al servizio di un corpo di animale sociale tanto emotivo che razionale e svolge come organo primario, la funzione adattativa a condizioni che cambiano continuamente, cambiando egli stesso topologia e funzionalità.

Per lo più, queste questioni che di loro sembrerebbero imporsi come primario interesse universale, sono state confinate negli angusti e difficilmente penetrabili ambiti della biologia molecolare e della scienze cognitive. La stessa psicologia che pure Freud poco prima di morire invitava ad evolversi seguendo i progressi delle scienze biologiche, nonché la filosofia rancorosamente chiusasi nel suo eremo di regina della conoscenza, decaduta e senza regno ormai balcanizzato in feudi disciplinari sempre più minuti, se ne tengono alla larga favorendo il monopolio non solo conoscitivo ma anche ermeneutico di personaggi imbarazzanti come i psicobiologi e gli ingegneri dell’AI e da ultimo i “tecnici” dei Big Data. Che poi, in tempi in cui si eleva a tiranna la competenza sarebbe come farsi operare al cuore da un idraulico, tanto – in fondo – è una pompa.

Uno dei più precoci studiosi del cervello, Ramòn y Cajal (1852-1934), riteneva che “ogni essere umano, se è incline a farlo, può essere scultore del proprio cervello”, l’organo centrale del nostro essere che, riflettendo su se stesso, può imparare a gestirsi e darsi forma e funzione non solo -come in genere accade- in forma irriflessa, ma seguendo la sua stessa intenzione. Se volessimo dare un po’ di numeri tanto per farci un’idea della quantità e qualità della complessità del sistema, potremmo dire che i neuroni sono approssimativamente 85 miliardi circa con circa più di 200 forme diverse ed altrettante o poco più le cellule gliali, 150 mila miliardi sono le connessioni (sinapsi) tra neuroni, il cervello intero può svolgere approssimativamente 38 milioni di miliardi di operazioni al secondo, gli assoni del vostro cervello cuciti assieme farebbero un filamento di circa 150.000 chilometri, la velocità dell’impulso elettrico che trasportano può toccare i 720 km/h, le onde sono di cinque diversi tipi di frequenza, i neurotrasmettitori sono più di cento tipi diversi, ma poi ci sono anche i neuro modulatori e gli ormoni. Ma le varietà contano poi anche le loro aggregazioni sistemiche, i tre cervelli evolutivi (rettile, limbico-mammifero, primate-corteccia ed in particolare, la corteccia umana) le sue varie parti più o meno “specializzate”, i due emisferi. Tante varietà, tante interrelazioni, per lo più non lineari, treni di feedback, logica adattativa tra cervello e corpo e tra corpo ed ambiente, il tempo che segna il come è fatto il cervello, nonché la variabilità temporale dell’ambiente in cui deve aiutare il suo corpo ad adattarsi, mantenere l’identità mentre si cambia, un timing biologico che porta all’inesorabile collasso finale di sistema, oltretutto essendone consapevole, ben si capirà come tutto ciò possa dirsi “la madre di tutte le complessità”.

La sovranità mentale è il presupposto di tutte le altre. Sappiate che non sono pochi coloro che si stanno affannando a conoscere voi stessi, ma nell’elenco mancate proprio voi. La scienza non è democratica, infatti, nelle sue intenzioni, essendo forma della polis come ogni altra forma umana, è o monarchica o oligarchica. Forse sarebbe il caso di riascoltare gli antichi sapienti greci? Ah già “i Greci”! quegli inguaribili pazzerelloni che per ultimi (il tempo non inizia coi Greci, gli antichi Greci furono gli ultimi dell’antichità profonda) praticarono l’antico istituto democratico…, quantomeno “inattuali”.

 

 

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