L'Oms alza il livello d'allarme Panico globale costruito ad arte? | Megachip
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L'Oms alza il livello d'allarme Panico globale costruito ad arte?

L'Oms alza il livello d'allarme Panico globale costruito ad arte?
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1 Maggio 2009 - 12.15


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febbre-suina-megada ilGiornale.it

 

Il primo bimbo contagiato dall”influenza suina si chiama Enrique Hernandez e oggi gioca a calcio, si arrampica sugli alberi. Un monello vispo e sorridente che davanti ai giornalisti giura: «Mi sento bene». Difficile non credergli. A Ginevra l”Organizzazione mondiale della Sanità continua a giocare con i livelli d”allarme.

Era tre, poi è diventato quattro, ieri ha toccato il cinque su una scala di sei. Ma leggendo attentamente i suoi ansiogeni comunicati si scoprono dati tutt”altro che preoccupanti. I morti accertati per il virus dei porci sono sette. Anzi, otto, calcolando l”infante messicano morto ieri in una clinica del Texas. Otto? Ma non erano 159 solo in Messico? E i casi sospetti non erano duemilacinquecento?

 

gripeporcinaQualcosa non torna. Il dubbio che la vicenda sia stata ingigantita ad arte è sempre più forte, sempre più concreto. Anche perché le analogie con l”influenza aviaria sono evidenti, innanzitutto considerando come è sorto il contagio. Il focolaio del virus degli uccelli fu individuato nel sud della Cina in un allevamento di oche, tenuto, come consuetudine da quelle parti, in condizioni igieniche disastrose. E oggi? Nel villaggio di La Gloria, 2500 abitanti nello stato Veracruz, in Messico, celebre per la sua povertà e per i giganteschi allevamenti di maiali, non certo esemplari per pulizia e rispetto delle norme di tutela della salute.

E chi morì allora? Coloro che vivevano a contatto con gli animali infetti senza adottare le dovute precauzioni e il cui fisico era debilitato da un”altra malattia o con carenze immunologiche che abbassavano il livello degli anticorpi; guarda caso, come oggi. Ad ammalarsi non erano (e non sono) persone in salute, bensì predisposte, per un verso o per l”altro.

Questo, evidentemente, non significa che un”influenza mutuata dagli animali debba essere trascurata. Al contrario, ma un conto è monitorare una situazione e prendere le precauzioni nella giusta proporzione; un altro è ingigantire un problema locale e trasformarlo in un allarme mondiale, alimentando lo spettro di una pandemia.

Quando ciò accade è consigliabile diffidare. C”è odore di spin ovvero di quelle tecniche che consentono di orientare e talvolta di manipolare l”opinione pubblica. A vantaggio di chi e perché? Sull”aviaria – come dimostrò, tra l”altro, una splendida inchiesta di Sabrina Giannini per Report – a beneficiarne furono una società di ricerca americana, la Gilead Science, a lungo presieduta dall”ex capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, che aveva creato il Tamiflu. E la Roche, come noto, produce e commercializza l”ormai famosissimo antivirale, le cui vendite esplosero. Non si è mai saputo chi fu il regista; ma il film di allora assomiglia assai a quello di oggi, perché diffondere il panico collettivo è meno complicato di quanto si creda. A condizione di coinvolgere le istituzioni, che, spesso inconsapevolmente, garantiscono l”effetto leva.

L”operazione richiede: primo, un committente, che resta sempre nell”ombra. Secondo, specialisti della comunicazione che sanno usare a proprio vantaggio le dinamiche della moderna società dell”informazione. Terzo, Una prova, vera o apparente: qualche morte sospetta, alcuni contagiati. Quarto, un angosciante mistero: la malattia sconosciuta e capace di evocare paure ataviche come quella dell”influenza spagnola. Finché l”allarme è confinato a una realtà locale, l”opinione pubblica resta quieta; ma non appena un governo o un istituzione internazionale si accorge del problema, il panico inizia a diffondersi e si auto-alimenta.

L”allarme per la suina è scattato quando il governo messicano ha parlato al Paese con toni drammatici, seguito a distanza di poche ore da quello americano. A quel punto l”Oms è entrato in fibrillazione e, a ruota, tutti i governi del mondo. Quale Stato può correre il rischio di essere accusato di aver sottovalutato la «peste del Duemila»? E allora via con comunicati e conferenze stampa, che inviano messaggi spesso contraddittori. Il virus c”è, ma non è grave. Anzi sì, e presenta «potenziale pandemico». Il vaccino manca? Aiuto, ma sta per arrivare; anzi, no e comunque ci sono gli antivirali. La gente è confusa. Meno capisce, più ha paura. Una paura che a qualcuno giova e tanto. Per ragioni che noi, ancora, non sappiamo.

 

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