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Caso Fini 1/ Gianfranco il Temporeggiatore

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24 Maggio 2010 - 09.41


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fini_berlusconi-prfldi Aldo Giannuli – 19 aprile 2010.

Sin dall”autunno, avevamo previsto che Fini non avrebbe fatto la scissione prima delle regionali: il timore di immediate elezioni anticipate e la speranza di un tonfo elettorale del Pdl gli suggerivano di temporeggiare. E prevedemmo anche le possibili mosse successive:

 

scissione, accordo con Udc e Pd (benedetto da Napolitano) per un governo tecnico che durasse un anno in modo da : a- riformare la legge elettorale, b- fare la legge sul conflitto di interessi, c- aspettare le sentenze su Berlusconi d- organizzare il suo partito e le sue alleanze in modo da andare al voto in condizioni ottimali e sconfiggere una volta per tutte il Cavaliere.
Però, avevamo detto, tutto questo sarebbe stato possibile ad una condizione: che le regionali segnassero una sonora sconfitta per il Pdl. Infatti, è evidente che un successo del Pdl (in un momento in cui i governi occidentali sono puniti dagli elettori) avrebbe scoraggiato molti seguaci del Presidente della Camera, consigliando una più prudente navigazione nella flotta berlusconiana.

Poi sono venute le elezioni: il Pdl ha perso una barcata di voti ed è sceso al suo minimo storico, però è stato salvato dalla Lega e dalle molte liste civiche di appoggio ai candidati governatori. E quel maledetto 0,014% (di cui si è detto), ha trasformato la sconfitta in vittoria per Berlusconi. Paradossalmente, la conquista del Lazio con la “finiana” Polverini è diventata un problema in più proprio per Fini, sia perchè ha ingigantito il successo della coalizione di destra, sia perchè la Polverini non pare abbia la più remota intenzione di seguire il suo ex mentore infliggendogli, quindi, il peggiore smacco.

Dunque, secondo la logica politica elementare, Fini avrebbe dovuto prendere atto della piega presa dalle cose e rientrare nei ranghi, in attesa di tempi migliori. Ma in politica, spesso, si è costretti a fare quel che non si vorrebbe e nel momento peggiore: ormai il Presidente della Camera si era spinto troppo oltre nella polemica con il Cavaliere e, per di più, le riforme istituzionali prospettate, avrebbero reso ancora più difficile una scissione successiva, senza contare che l”asse Berlusconi-Bossi lo avrebbe umiliato, rendendo manifesta la sua assoluta irrilevanza nella coalizione. Morale: Fini è stato costretto a fare, in condizioni ben peggiori, ad aprile quello che avrebbe dovuto fare a novembre.
Infatti, a novembre, dopo la bocciatura del lodo Alfano, nel momento di calo della popolarità di Berlusconi, nel pieno delle rivelazioni di Spatuzza, con le truppe del cavaliere in stato confusionale, una scissione avrebbe avuto la possibilità di registrare la massima ampiezza, magari determinando anche la caduta del governo. Si andava a nuove elezioni? Forse si, ma con un Berlusconi in serie difficoltà a giustificare il rapido fallimento della sua maggioranza e con un pezzo di partito in meno. E che il Cavaliere stesse perdendo consensi lo dice il risultato delle regionali: pur sommando al Pdl i voti delle varie liste “per i governatori”, il Pdl perde circa un milione di voti.
Forse Berlusconi avrebbe vinto lo stesso, ma si sarebbe potuto giocare la partita.
Ma Fini è un temporeggiatore per natura e spesso manca di coraggio. Il suo non è mai un gioco rettilineo “pulito”, spesso si perde in ghirigori, attese, rinvii, meline. Cose che, forse, sarebbero andate bene in piena Prima Repubblica, in uno scenario animato da più schieramenti, con giochi di corrente ed un ricorso costante alle mediazioni più complicate, nelle quali eccelleva un politico come Aldo Moro. Ma dopo la fine della Prima Repubblica, la politica è andata sempre più assomigliando al calcio: due squadre, niente mediazioni ma confronto duro e vince chi fa più spettacolo. Soprattutto, vince chi tira in porta approfittando dell” “attimo-finestra”, passato il quale l”occasione goal sfuma. Bisogna riconoscere che in questo tipo di gioco Berlusconi eccelle: non media mai, sa caricare la sua squadra ed i suoi tifosi e, soprattutto, non perde occasioni, perchè è un ottimo tempista (non a caso, prima di quelli della politica, ha mutato gli schemi del gioco del calcio con il suo Milan “a “tre punte”).
Fini, al contrario non è affatto tempista e spesso sbaglia proprio la mossa decisiva. La sua prima mossa sbagliata fu nel febbraio 2008: da poco c”era stata la sua clamorosa rottura con Berlusconi in occasione del “discorso del predellino” ( ricordate? “Con Berlusconi ho chiuso. Ho quindici anni meno di lui.”). Sembrava il riscatto dell”eterno delfino, finalmente deciso a mettersi in proprio.

Poi, neanche tre mesi dopo, con la caduta del governo Prodi e le elezioni anticipate, eccolo di nuovo in coalizione con il Cavaliere. Certamente, si sapeva che la coalizione di centro destra avrebbe vinto le elezioni, mentre, se lui avesse deciso di andare da solo o con il solo Casini non avrebbe avuto possibilità di vincere. Ma a volte una battaglia persa può far vincere una guerra: la sua scelta di andare da solo, probabilmente gli sarebbe costata ed a vincere sarebbe stato il centro-sinistra, ma Berlusconi ne sarebbe uscito definitivamente battuto e lui sarebbe stato l”unico leader della destra restato in piedi. Vice versa, la vittoria della coalizione di centro destra fu soprattutto una vittoria del Cavaliere che lo metteva di nuovo nell”ombra di eterno delfino di un re che non muore mai.
Poi il secondo e più incomprensibile errore: andare a fare il Presidente della Camera: un ruolo notabilare che ha sempre “ucciso” chi non vivesse quel ruolo come coronamento e fine di una carriera politica (dalla Pivetti a Casini, da Violante a Bertinotti quella carica non ha mai portato fortuna). Per di più, la pretesa di continuare a fare politica facendo il notaio (anzi, di usare la carica di notaio per fare politica) si è rivelata presto illusoria: gli irrequieti “colonnelli” hanno sentito che era avvitata la loro grande occasione e lo hanno indotto al catastrofico errore finale: sciogliere An e confluire nel Pdl. Con Berlusconi non si fanno patti: a Berlusconi si obbedisce e basta. E si può anche concordare una divisione in quote 70%-30%, tanto è il 100% che non conta nulla: decide solo lui.

La guerriglia fatta dallo scranno più altro di Montecitorio è risultata molto fastidiosa per il Cavaliere, ma non ha mai messo seriamente in pericolo la sua posizione.
Ora a Fini restano due strade per nulla agevoli: arrendersi o andare avanti sino alle estreme conseguenze. La resa non sarebbe affatto onorevole e avverrebbe “senza condizioni”. Berlusconi, l”abbiamo detto, non sa cosa sia la mediazione politica, la sua unica filosofia è quella di “parcere subiectis et debellare superbos”: potrebbe mostrarsi magnanimo ma alla sola condizione che Fini ed i suoi si adattino a fare doppia genuflessione e recita dell”atto di dolore almeno tre volte al giorno. In altre parole: Fini dovrebbe rinunciare definitivamente ad esistere politicamente e ad aspirare a qualsiasi ruolo che non sia quello graziosamente concesso dal suo Signore.
Allora, andare avanti sino alla scissione. Quasi un suicidio politico: non so in quanti lo seguirebbero, molto probabilmente meno di quelli necessari a far cadere il governo e dar vita ad una maggioranza alternativa (per quanto “tecnica” e momentanea) che è l”unico scenario positivo per Fini ed i suoi, ma, credo, anche il più improbabile allo stato dei fatti. A quel punto Berlusconi potrebbe valutare se gli conviene andare avanti da solo, data l”esiguità del seguito di Fini o, nel caso esso fosse di qualche consistenza e minacciasse di potersi ingrandire, andare subito ad elezioni anticipate che stritolerebbero Fini con la tenaglia del “voto utile”. Con chi si potrebbe alleare Fini? Con la sinistra sarebbe un triplo salto mortale, che potrebbe costare l”osso del collo a lui ed alla sinistra. Con l”Udc, sarebbe anche un”altra capriola: fra lui e Casini difficilmente andrebbero oltre il 10% e, per di più, i cardinali di Santa Romana Chiesa non credo che abbiano dimenticato la sua posizione referendaria in materia di fecondazione assistita e le sue frequenti uscite troppo “laiche”. Da solo non prenderebbe neppure il 4% per rientrare il Parlamento.
Comunque, nonostante queste poco rosee prospettive, la scissione resta il meno peggio che gli resta da fare, almeno avrebbe qualche probabilità che la cosa possa andargli bene. Magari un sostegno “esterno” potrebbe incoraggiare quella trentina di incerti a seguirlo.

C”è poi il cosiddetto “terzo scenario”: rimanere nel Pdl ma come corrente organizzata di opposizione. Scelta auspicata da diversi dei suoi che giocano a fare le “colombe”. Ma si tratterebbe solo di una variante del primo scenario: apparentemente i finiani salverebbero la faccia, ma solo per finire in un ghetto di meno del 15% del partito, in attesa di essere comprati uno per uno dal Capo. E se in natura i falchi sono uccelli molto più veloci delle colombe, qui le colombe batterebbero ogni record di velocità nell”andare a posarsi sui rami berlusconiani. Poi, una volta ridotto il manipolo di fedelissimi ad un gruppetto di sette o otto persone, nessuno verrebbe confermato in lista alle prossime elezioni.

Insomma, Fini sta messo molto male per aver troppo aspettato, però, anche l”opposizione che sta lì ad aspettare cosa farà Fini, mica sta tanto bene in salute.

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/?p=1100.

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