Ancora due righe su Giulietto Chiesa e Di Pietro | Megachip
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Ancora due righe su Giulietto Chiesa e Di Pietro

Ancora due righe su Giulietto Chiesa e Di Pietro
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24 Giugno 2010 - 18.09


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chiesa-di-pietro-megadi Alessandro Gilioli
(Due righe in senso autoironico: è una roba lunga e quindi chi non è interessato molli qui)

Questa mattina avevo appuntamento con Antonio Di Pietro – per farlo replicare all”intervista di Giulietto Chiesa qui sotto – ma mi ha dovuto paccare perché come vedete ci sono un po” di casini in aula: ed è giusto così perché un parlamentare deve prima fare il parlamentare e poi semmai parlare con i giornalisti. Comunque, se in giornata o anche domani ha tempo, il diritto di replica qui è sempre aperto, compatibilmente con i saggi di fine anno di mio figlio.

Ne approfitto quindi, nell”attesa, per fare un po” di considerazioni (e un piccolo appello) a margine del casino in questione, che chiamo casino nel senso di caso piccolo piccolo, con tutto quello di più importante che succede in questo benedetto paese.

Quello che emerge dalle parole di Giulietto Chiesa Рsempre in attesa di replica Рnon ̬ in alcun modo un problema di ordine giudiziario, ma etico e politico.

Contrariamente a molti, penso che Di Pietro non abbia commesso alcun reato nella gestione dei rimborsi parlamentari, e comunque non è di questo che ha parlato Chiesa.

Dalla cui intervista esce invece l”immagine di un signore che, prima di tutto, vede la poltrona di europarlamentare non come un difficile servizio e un lavoro per la collettività, ma come una prebenda e una poltrona: «Qui ti ci ho messo io, sei tu che mi devi tutto».

Ora, dopo tanto (giusto) parlare degli onorevoli come nostri dipendenti, quelle frasi (se vere) mi paiono orrende.

A me, se mi proponessero un posto in Parlamento, lo dovrebbero chiedere per favore: proprio perché (se ben fatto) è un lavoro faticoso, pesante e, da quel che capisco, veramente molto ma molto palloso. Invece per il Di Pietro raccontato da Chiesa, uno che diventa europarlamentare deve ringraziare in ginocchio il demiurgo che l”ha beneficiato con quella poltrona. Non ci siamo proprio, è un modo di ragionare da Mastella, questo.

Poi c”è la questione delle carte firmate con la delega a tenersi tutto il finanziamento pubblico, e anche qui, per ora, posso basarmi solo su una campana: quella di Chiesa. Che non ha avuto paura di far la figura dell”ingenuo (avendo firmato la carta senza leggerla) ma ha fatto tuttavia notare che forse Di Pietro avrebbe potuto rendergli nota quella clausola a voce, quando gli ha proposto la candidatura, anziché nasconderla in un mucchio di fogli da firmare dal notaio.

Come vedete, da un punto di vista giudiziario il (presunto, sempre) comportamento di Di Pietro è comunque ineccepibile. Da un punto di vista politico, però, tenere il silenzio su una questione di tale importanza con quelli che sono i tuoi alleati non è affatto un buon segno. Significa che non ti fidi di quelli che ti porti dentro. E se non ti fidi tu, non si capisce bene perché dovremmo fidarci noi, votandoli.

Infine, c”è la questione della democrazia interna nell”Italia dei Valori, che mi pare il problema più importante: visto che qui si è votato e si continuerà a votare per un”alleanza in cui l”Italia dei Valori è determinante, e si vorrebbe quindi che tutti i partiti di questa alleanza fossero davvero democratici.

Come si è visto anche nell”ultimo congresso dell”Idv, il carisma personale di Di Pietro è devastante e chi prova a intonare una dissonanza viene stirato immediatamente.

Ora, purtroppo, qui tutti giorni che Dio manda in terra raccontiamo i danni che il personalismo carismatico sta portando alla coscienza dell”Italia, con il suo massimo interprete a Palazzo Chigi: e sarebbe molto bello non replicare lo stesso paradigma anche da questa parte. Anche perché i discorsi politici di Di Pietro – per chi scrive – sono quasi tutti condivisibili: ma perdono autorevolezza e credibilità se chi li propone esercita un potere quasi bonapartistico nel suo partito.

E qui purtroppo si inserisce un tema di cui Di Pietro non è responsabile, ma su cui forse potrebbe utilmente intervenire, e cioè la tendenza tutta italiana a cercare sempre l”Uomo della Provvidenza.

Basta vedere alcuni dei commenti all”intervista di Chiesa, intrisi di un fideismo assoluto verso il leader e – di conseguenza – di un complottismo tanto sciocco quanto pericoloso (“perché attacchi il mio idolo? chi ti paga? dove vuoi arrivare?”) unito all”insulto gratuito verso chi (in questo caso Giulietto Chiesa) ha fornito la sua versione su alcuni fatti oggi al centro della cronaca.

Ecco: questa tendenza alla ricerca dell”uomo perfetto, del leader che non sbaglia mai da sovraccaricare anche affettivamente, a me pare una sindrome un po” “sudamericana” (con tutto il rispetto dei sudamericani, ci siamo capiti) che rivela una dose di infantilismo molto alta nelle passioni politiche (rendendole forse un po” troppo prepolitiche, appunto).

E” lo stesso meccanismo fideistico (di nuovo) che accompagna Berlusconi, ma anche Bossi e – purtroppo – dalle nostri parti viene replicato con Di Pietro, con Grillo e anche con Travaglio (le scene delle ragazzine impazzite per Marco che ho visto un paio di volte nei teatri mi hanno fatto molta impressione, roba da Beatles anni Sessanta: duole dirlo, ma in Italia abbiamo anche le travagline – ma guai a parlarne, sennò ti rispondono subito che è tutta invidia).

Ecco, io mi rendo conto che in politica i leader sono importanti, ma affidarsi ciecamente a una persona senza avere non dico il coraggio di sottoporla ad analisi critica, ma almeno quello di accettare come legittime e non prezzolate le critiche altrui, probabilmente sarebbe un discreto passo avanti per diventare un po” più adulti anche dalla nostra parte.

E forse lo stesso Di Pietro potrebbe lavorare un po” di più per spersonalizzare il suo partito e soprattutto per far capire a tutti che le battaglie politiche dovrebbero prevalere sulla sua persona, sul suo carisma, sull”attesa messianica che lo circonda.

Sbaglio?

Tratto da: gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

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