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C'è da fare una rivoluzione!

C'è da fare una rivoluzione!
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20 Gennaio 2011 - 07.46


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pitzinnamalada femminismo-a-sud-noblogs.com.

Che significa concretamente che una donna su due non ha un lavoro e ha perfino smesso di cercarlo?

Significa che le donne sono sempre più dipendenti dalle famiglie di provenienza, dai partner, senza più la speranza di una autonomia, a riadattare le proprie esigenze ad un modello di vita che poteva essere forse quello delle nostre nonne ma di sicuro non è il nostro.

Significa essere di peso perché chiunque sborsi gli euro per darti una mano a tirare avanti comunque non ce la fa. Perché il lavoro delle donne non è neanche un vezzo ma una necessità.

Significa totale assenza di prospettiva, con la necessità di reinventarsi senza sapere da dove iniziare per farlo.

Significa essere senza futuro, accontentarsi di niente, in un paese dove l”unica possibilità sembra essere quella di darla via a pochi o molti soldi al primo che passa. Dove l”unico bene mercificabile sembra essere solo il nostro corpo. Dove il nostro destino è unito a quello di tanti giovanissimi uomini e giovanissime donne che sanno di non avere prospettive e perciò manifestano e si arrabbiano, così come dovremmo fare noi.

C”è una intera generazione di donne che va dai 35 ai 45 anni che non rientra più nei contratti di apprendistato, viene guardata con sospetto se non ha ancora un figlio perché potrebbe sfornarlo di lì a poco, viene liquidata con giudizi crudeli che non lasciano alcuna via di scampo.

Hai lavorato per dieci anni immaginando di poter mettere fine alla precarietà e invece la precarietà c”è ancora e come se non bastasse perdi perfino l”unico lavoro che hai. E bisogna fare uno sforzo terribile per non reagire con violenza quando il tizio che ti fa il colloquio ti dice che se non hai trovato qualcosa di stabile fino ad ora evidentemente deve esserci qualche motivo.

E certo che c”è un motivo, maledetto idiota. E” la precarietà, è quello il motivo, sono i datori di lavoro come te che hanno prorogato contratti a progetto per anni e che meriterebbero tutti mille vertenze al giorno.

Poi ci sono quelli che ti dicono che sei troppo qualificata e per quanto tu dica che non importa, che hai bisogno di lavorare, allora ti dicono che sicuramente non hai più il fisico per andare su e giù come una trottola. Perché i lavori che danno alle donne sono un po” sul modello delle marce forzate, la scrivania lì, il computer là, il timbro da mettere due chilometri più giù e bisogna essere pimpanti, felici, gioviali, soprattutto se hai a che fare con quei lavorini da chiacchiera con il cliente, che devi raccontargli un sacco di balle e devi essere anche tanto felice di farlo.

Quanti sono i sorrisi fasulli che regalano le donne? Quante volte alle donne viene chiesto di prostituire i pensieri e le parole? Come mai su venti licenziati in azienda 18 sono donne e solo due sono uomini?

E non puoi neppure dire questo perché già ti fanno sentire in colpa ché a desiderare le pari opportunità nei licenziamenti si fa una figura di merda in ogni caso. E non è giusto neppure prendersela con chi resta perché tanto lo sai che tutti hanno bisogno dello stipendio e che i nemici sono quegli altri e non i tuoi colleghi.
Ma è quello che vogliono, perché chi ti riduce a fare l”elemosina scommette tutto sul fatto che ti concentrerai ad alimentare la guerra tra poveri e non capisce quando tu gli dici che stai andando al sindacato per fargli un culo così.

Le donne che si ribellano alla perdita del posto di lavoro l”abbiamo visto come sono trattate. I ministri in televisione che dicono che devono sapersi arrangiare, che è peggio per loro se non hanno fantasia e capacità d”iniziativa. E grazie al cappero che l”iniziativa non ce l”hai perché ti mancano quei venti mila euro al mese che guadagna un parlamentare che non fa assolutamente niente di niente per nessuno a parte se stesso.

E così si spiega anche perché i maschi mirano a sistemare altri maschi e perché in parlamento ci vanno tanti deficienti mezzi poeti e tanto papponi invece che donne capaci e intelligenti che potrebbero fare bene anche quel lavoro.

Metà della popolazione femminile che non ha un lavoro è il collasso dei nostri diritti, è la nostra piena ricattabilità, è la nostra sovraesposizione a qualunque genere di violenza, è la minaccia che ci fa piegare le ginocchia e che ci fa dire di si a tutto pur di avere da mangiare, un tetto, e da campare per i nostri figli se ne abbiamo.

Le donne dovrebbero fare un gran casino, sciopero ad oltranza in tutte le case perché la loro esclusione dal mercato del lavoro le costringe a fare le schiave in casa a tutte le ore facendo risparmiare un sacco di soldi a chi ha fatto del welfare la nostra trappola.

Le donne dovrebbero mostrare tutta la loro rabbia, non perché c”è un puttaniere che usa i suoi soldi per fare dei corpi femminili un bene privato ma perché ci hanno tolto il reddito, ci hanno tolto i diritti, ci hanno tolto tutto.

Possibile che siete ancora lì a chiedervi cosa fare? Che altro devono togliervi per farvi incazzare come si deve? Non vi fa male sentirvi dire che avete l”indole da schiave? Che state bene a casa a farvi mantenere da qualcuno? Non vi fa arrabbiare da morire che qualcuno possa sindacare sulle vostre scelte perché voi non siete in grado neppure di aprirvi un conto corrente alla posta?

Chiedetevelo e quando ne avrete abbastanza fate un fischio. Magari è già ora di fare una bella rivoluzione.

E nel frattempo, mentre state ancora lì a rimuginare, cominciate a comprare di meno. Comprate quasi niente. Mandate in frantumi i consumi, smettete di farvi prendere in giro dalle pubblicità per comprare quella cosa di marca che costa il triplo e vale tanto quanto il prodotto da discount. Mandate in crisi chi vi manda in crisi perchè se non ci sono soldi non possono perfino pretendere che vi indebitiate per mandare avanti l”economia.

Smettete di comprare. Smettete di alimentare un capitalismo che vi sfrutta e vi butta via quando non servite più. L”unica cosa che vi serve è il cervello. Non fatevi rubare anche quello.

 

Fonte: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/01/19/ce-da-fare-una-rivoluzione/.

 

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