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La caduta di Bo Xilai: non riguarda solo la Cina, tocca anche noi/ 2

La caduta di Bo Xilai: non riguarda solo la Cina, tocca anche noi/ 2
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24 Marzo 2012 - 11.39


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 bo-xilai-ogusSECONDA PARTE

di Aldo Giannuli.

3. Bo è maoista?

La propaganda di regime ha presentato Bo come un nostalgico dell”era maoista, che stava preparando una nuova Rivoluzione Culturale. In effetti Bo ha promosso in varie forme la rivalutazione del periodo maoista (cori con canzoni di quel periodo, immagini di Mao, diffusione e lettura del suo libretto rosso ecc.) e del suo “modello Chongqing” fa parte integrante il costante appello alla mobilitazione politica che presenta connotati abbastanza simili  quelli della rivoluzione culturale. Ma le similitudini si fermano qui, mentre ci sono diverse ragioni per sostenere il carattere tutto propagandistico del “maoismo” di Bo.

In primo luogo è assolutamente improbabile che, effettivamente, Bo abbia un giudizio positivo di Mao e della Rivoluzione Culturale, durante la quale tutta la sua famiglia (lui compreso) fu epurata e deportata in campo di rieducazione e la madre morì per le bastonate delle guardie rosse. Inoltre, il padre fu riabilitato da Deng Xiaoping e fu il vice di Chou Enlai -il “meno maoista dei maoisti”-.

Non fosse altro che per queste ascendenze familiari, il maoismo di Bo non è del tutto convincente. D”altra parte, si tratterebbe di una svolta ideologica assai recente, dato che prima del suo insediamento a Chongquing non si conoscono sue dichiarazioni in questo senso.

In realtà, la spiegazione più probabile è che Bo, nella sua corsa solitaria verso il potere (abbiamo visto come fosse inviso a tutti tre i principali gruppi del partito) abbia cercato di costruirsi una sua base di consenso, rivolgendosi direttamente all”opinione pubblica (se ci passate questa espressione) e, da questo punto di vista, ha trovato utile cavalcare la mitologia maoista per assimilare queste correnti di sinistra nel suo “modello Chongqing”. Dunque, parlare di “neo maoismo” o di nostalgie per la Rivoluzione Culturale è totalmente fuorviante e rivela notevole superficialità nell”analisi. E questo è ancora più chiaro se si cerca di entrare nel merito delle sue proposte politiche e del  suo “modello Chongqing” contrapposto al “modello Wukan” del suo rivale Wang Yuan.

 

4- Il “modello Chongqing” ed il “modello Guandong”.

La gestione di Bo del partito di Chongquing è andata molto al di là dell”epurazione delle triadi e della corruzione nel partito ed ha generato un vero e proprio modello di gestione politica che ha preso il nome dalla città. In questo modello gli elementi di mobilitazione politica degli strati sociali inferiori, con frequenti ricordi propagandistici ed una buona dose ideologica, sono stati proposti come caratterizzanti, ma lo sono stati solo fino ad un certo punto. Ben più rilevante è stato il tentativo di costruire un abbozzo di welfare, garantendo l”assicurazione sanitaria anche alla popolazione rurale del circondario.

Più in generale, Bo ha sostenuto che è arrivato il momento di dividere il frutto della crescita, riequilibrando la distribuzione della ricchezza. Dunque, il vero cuore del  discorso politico di Bo è la scelta di un modello di sviluppo incentrato sullo sviluppo di un mercato interno. Una svolta determinante rispetto agli orientamenti degli ultimi trenta anni che hanno privilegiato le esportazioni sul consumo interno e, di conseguenza, gli investimenti sui consumi.

Complementare a questo orientamento è la diffidenza costantemente manifestata da Bo verso  la penetrazione dei capitali stranieri in Cina e verso la crescente integrazione nel sistema finanziario mondiale. Quello che caratterizza in senso spiccatamente nazionalista la linea di Bo.

In contrapposizione a questo modello è sorto il “modello del Guangdong”, regione a ridosso di Shanghai, del cui partito è segretario il diretto rivale di Bo, Wang Yang. La diatriba fra i due è stata spiegata in questi termini: dove Bo pensa a come dividere la torta, Wang pensa a come farla più grande, in modo da poterne garantire una apprezzabile fetta a tutti. 

Dunque, l”orientamento del modello Guangdong (il c.d. “socialismo di mercato cinese”) è quello di riforme sempre più accentuatamente liberiste (viste come sicura garanzia di espansione economica), serrato ritmo di esportazioni ed investimenti e crescenti impieghi finanziari dei profitti. Sino a quando la torta non sarà abbastanza grande da essere divisa (quando? Non si capisce). Sullo sfondo, emergono le due questioni chiave del futuro delle imprese pubbliche e della distribuzione delle terre.

Proprio sulla seconda questione, Wang ha dovuto affrontare una forte rivolta contadina nel piccolo centro di Wukan, dove i manifestanti hanno accusato i dirigenti del partito di “furto di terreni agricoli”. Inizialmente la rivolta ha incontrato la consueta risposta repressiva ed uno dei suoi leader è morto mentre era detenuto (infarto miocardico, secondo la spiegazione ufficiale). Ma, dopo l”intensificarsi della protesta, Wang ha scelto un”altra strada: promettere di accogliere le richieste e consentire, nello stesso tempo, nuove elezioni locali caratterizzate da una insolita libertà. Ne sono risultati eletti i leaders della protesta e segretario del locale comitato è stato eletto Lin Zulkuan, un imprenditore iscritto al partito dal 1965.

Tutto questo ha fatto parlare di una “svolta epocale”, dell”avvio di riforme politiche democratiche di cui Wang sarebbe il portabandiera, di “modello Wukan” che aprirà la strada alla democratizzazione del sistema. La mossa di Wang è stata assai abile, ma di qui a parlare di riforme politiche democratiche ne corre:

a – si tratta di elezioni locali (neppure a livello provinciale) di un piccolo centro di circa 10.000 elettori

b – si tratta pur sempre di elezioni di partito e che non si parla affatto di pluralismo politico

c – in Cina esiste un modo di dire “Fare i conti dopo il raccolto” per indicare la prassi costante delle autorità di fare concessioni per placare le proteste e poi, una volta calmatesi le cose, procedere alla repressione.

 

5- Il  nodo del contendere, e che c”entriamo noi?

Sappiamo ancora troppo poco delle circostanze che hanno portato alla defenestrazione di Bo: si sa che tutto è iniziato con l”improbabile fuga di Wang Lijun (capo della polizia di Chongqing e braccio destro di Bo nella campagna contro la corruzione) e con la sua richiesta di asilo presso il consolato americano. Dopo Wang Lijun fu preso in consegna dalla polizia fedele a Hu Jintao e sottoposto ad interrogatorio durante il quale avrebbe fatto accuse a Bo, anzi,  è circolata una lettera nella quale Wang (sempre che non si tratti di un falso) accusa Bo di aver usato la lotta alla corruzione per eliminare i suoi avversari politici ed a fini di arricchimento personale, per estorcere, tramite detenzione, minacce ed addirittura  torture, beni che avrebbe accumulato. Ovviamente ignoriamo quale sia il fondamento di queste accuse ma, pur non volendo idealizzare Bo Xilai, ci ricordano troppo da vicino la consueta prassi di distruzione dell”immagine del dissidente.

Tirando le somme, la defenestrazione di Bo appare come l”operazione concordata da tutte tre le principali correnti del partito per disfarsi dell”ingombrante “lupo solitario” che cercava di imporre la sua presenza nell”Ufficio politico.

Al di là di queste consuete dinamiche di scontro di potere, si intravede un nodo del contendere che è quello del modello di sviluppo che la Cina viole darsi per i prossimi trenta anni: proseguire per qualche nel modello tutto rivolto alle esportazione ed all”accumulazione di crediti o puntare, già da ora, alla crescita di un mercato interno che dia stabilità al sistema. Bo è caduto su questo e tutto fa supporre che il posto in Ufficio politico sarà preso da Wang, che vuole “ingrandire la torta” non si capisce sino a quando, cioè punta sempre su esportazioni e finanza. Ma non è detto che le cose debbano andare necessariamente in questo modo: al di là dello scontro di potere, la questione potrebbe essere riproposta dal gruppo tuanpai, in particolare da Li Keqiang ed il gruppo dirigente potrebbe nuovamente dividersi. Peraltro è da capire con chi si schiererà Wang se dovesse entrare nell”ufficio politico. La provenienza lo vorrebbe a fianco dei tuanpai, ma i discorsi politici sembrano più prossimi al gruppo di Shanghai, d”altra parte, è il segretario del partito di quell”area.

Ma noi cosa c”entriamo con tutto questo? Molto.
Certo noi possiamo fare poco e  nulla per influenzare lo scontro congressuale nel Pcc, ma gli esiti di quello scontro influiranno pesantemente sul percorso della crisi, per cui occorrerà tenerne conto.

In primo luogo, se la linea confermerà il rilancio delle esportazioni questo significa che la posizione cinese sul renminbi resterà invariata, con un cambio molto basso che favorisce le esportazioni cinesi e sfavorisce le importazioni. Vice versa, se, come oggi sembra poco probabile, dovesse affermarsi la linea dello sviluppo interno, questo potrebbe favorire una diversa sistemazione dei cambi.

In secondo luogo, il cambio di mano avviene nel momento in cui si sta profilando una recessione non passeggera (già quest”anno si calcola che l”incremento del Pil scenderà sotto l”8%, per la prima volta in trenta anni). Forse i dati sono ancora meno favorevoli e tenuti nel cassetto sino al congresso, per poi esplodere nel prossimo anno. Se così, dovesse essere, questo avrebbe effetti molto pensanti sulla domanda aggregata mondiale: ad esempio sarebbero pasticci molto seri per l”industria mineraria australiana, così come potrebbero esserci perturbazioni molto forti del prezzo del rame con effetti negativi sui paesi produttori. E dunque non è affatto indifferente capire che scelte farà il nuovo gruppo dirigente (e che compattezza esso avrà) di fronte ad una congiuntura sfavorevole di questa portata.

C”è poi un problema nel problema: dobbiamo ancora spiegarci le ragioni reali che hanno portato la Cina al blocco delle terre rare e capire come questo potrebbe evolvere con i diversi assetti del gruppo dirigente. E non è una questione da poco perché tutto fa intendere che l”industria elettronica occidentale (come la produzione di auto elettriche, radar ecc) stia andando avanti dando fondo alle scorte o ricorrendo al mercato nero. In entrambi i casi, se la situazione non si sblocca, l”avvenire del settore si fa molto fosco.

C”è poi un altro aspetto da considerare: Bo, in qualche modo, si era proposto come canale di trasmissione della domanda politica dei settori di sinistra del partito (o a sinistra del partito) che oggi restano senza referente, ma non è detto che scompaiano. Una ipotesi da prendere in considerazione è quella di una ondata senza precedenti (dalla rivoluzione culturale in poi) della conflittualità sociale. E questo farebbe saltare tutti i calcoli sia del gruppo dirigente cinese che di quanti fuori della Cina ne aspettano le evoluzioni.

Forse dovremmo imparare a collocare anche i nostri problemi di piccola Italia in un contesto mondiale più vasto e capite che, se l”avvenire di Monti può essere in qualche modo determinato dalle nostre scelte e quello di Bo Xilai no, è però vero che un incidente come quello successo a Bo Xilai conta enormemente di più di tutti i decreti di Monti.

 

VEDI PRIMA PARTE.

 

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2012/03/la-caduta-di-bo-xilai-2-parte/.

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