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da il manifesto
Un referendum contro il Fiscal compact e gli effetti della spending review. È su questo obiettivo che una rete di associazioni, movimenti, amministratori locali e sindacati sta convergendo, con la massima urgenza, visto che il pareggio di bilancio è stato già inserito nella Costituzione, mentre il governo Monti continua a tagliare la spesa sociale e a svendere il patrimonio dello Stato.
Ieri, durante un incontro al Teatro Valle occupato a Roma, anche la Fiom e il Forum «Salviamo il paesaggio», composto da 780 associazioni, hanno espresso un interesse rispetto a un percorso che intende inserire nella Costituzione il principio dei beni comuni e la difesa dei diritti sociali. Associazioni come A Sud, il Forum dei movimenti per l”Acqua, Ya Basta e Wwf, il Valle, il Cinema Palazzo di Roma, gli studenti della Rete della Conoscenza e i Cobas Scuola, realtà politiche e partiti come Alba, Prc o Idv, ma anche giuristi, urbanisti, archeologi e movimenti contadini non escludono l”ipotesi di raccogliere le firme insieme al comitato promotore del referendum contro la riforma del lavoro.
I tempi però sono molto stretti. Dal punto di vista del regolamento parlamentare esistono due “finestre”. La prima si chiuderà entro pochi giorni. Il quesito unico, composto da cinque norme, deve essere presentato entro la prossima settimana per iniziare la raccolta delle firme il 20 ottobre. La seconda finestra si aprirà tra fine luglio e settembre 2013, mentre i comizi elettorali verrebbero convocati nella primavera successiva. Martedì 2 ottobre è stato convocato un nuovo appuntamento al Valle per sciogliere questi nodi. Verrà inoltre stabilito se utilizzare la prima o la seconda finestra, fermo restando che i soggetti che compongono la rete per i beni comuni hanno espresso un consenso rispetto all”ipotesi referendaria da molti giudicata come uno strumento efficace di opposizione.
Nella discussione che sta procedendo a tappe forzate è emersa anche un”altra ipotesi, quella di accompagnare il referendum con una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per modificare gli articoli 42, 81 e 119 della Costituzione. Nell”articolo 42 si vuole introdurre la categoria di “bene comune”, mentre nell”articolo 81 si vuole rovesciare il fondamento dell””agenda Monti” inserendo l”obbligo per lo Stato di destinare non meno del 50% delle sue entrate a favore dei diritti sociali. Infine, nell”articolo 119 si vuole inserire un comma che obbliga gli enti locali a destinare la metà delle loro entrate sempre a favore dei diritti sociali.
«Questa rete – afferma Giuseppe De Marzo dell”associazione A Sud, una delle realtà che hanno promosso l”iniziativa – è l”espressione di cittadini che non vogliono restare in silenzio davanti al saccheggio dei beni comuni. Siamo consapevoli che le forze politiche che sostengono il governo Monti non diranno nulla in una campagna elettorale che rappresenta già oggi una truffa per gli italiani. Il cappio al collo dell”austerity ci impedisce di immaginare un paese diverso. Stiamo provando a costruire insieme un”alternativa».
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