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di Anna Lami – Megachip
“Chi fa manifestazioni le faccia in maniera libera, ma secondo le disposizioni che vengono date: libertà di manifestare nel rispetto della libertà di tutti di vivere una vita serena”. Il Ministro dell”Interno, Annamaria Cancellieri, così commenta la giornata di ieri, carica di significati ed in diversi casi, a Roma soprattutto, degenerata in un unilaterale sfogo di bestiale violenza poliziesca.
Il 14 novembre, l”appuntamento del primo sciopero europeo, ha visto le piazze italiane ricolme di manifestanti, in gran parte giovani e giovanissimi studenti e precari, determinati ad esprimere tanto il dissenso nei confronti di politiche di austerità oggettivamente insopportabili, quanto la rabbia della disperazione di chi non ha davvero più quasi nulla da perdere. Cortei che hanno rappresentato il vero volto del 14 novembre scavalcando le iniziative sindacali di Cgil e Cobas, promotori di iniziative deboli e refrattarie a qualsiasi pratica conflittuale.
A Roma possiamo dire essere stati almeno 50 mila studenti che sono scesi in piazza in sinergia con le altre piazze d”Europa. Una diffusa certezza, resa sopportabile solo dall”istinto combattivo e ridente della giovinezza: la proiezione del nostro futuro si ferma a pochi anni o mesi. Oltre nessuna speranza di un lavoro degno di tal nome, poche pretese di realizzare veramente una minima parte dei tanti sogni che ogni ragazzo riserba nel cuore, e tanta paura di restare prigionieri di un”esistenza da equilibrista, dove persino quel poco che c”è oggi domani potremmo scordarcelo.
Lottare per affermare il bisogno di una vita degna e di una società giusta è una pretesa inaccettabile per chi governa oggi l”Italia e la Ue. Forse è per questo che agli apparati preposti alla gestione dell”ordine pubblico è parsa intollerabile la volontà degli studenti romani di portare la propria protesta sotto ai palazzi del potere, come avviene in tutta Europa, da Madrid ad Atene. Quindi, sul Lungotevere, in un tratto stretto e senza vie di fuga laterali, una precisa volontà politica ha ordinato di scatenare i manganelli del terrore contro le prime file che hanno provato a proteggere il corteo con i libri-scudo.
Studentesse picchiate senza pietà da tutori dell”ordine che potrebbero esser loro padri, ragazzi trascinati per i capelli come animali e colpiti ripetutamente in faccia, un”accanita malvagità che è un avvertimento chiaro: guai a chi osa alzare la testa ed esprimere il proprio dissenso verso le oligarchie dominanti.
Ieri, involontariamente, i tecnici-professori qualcosa di buono ce l”hanno insegnato.
Questa epoca storica non concede l”opportunità di contrattare proprio nulla per quanto riguarda l”intera sfera dei diritti e delle libertà : che a manifestare siano i cittadini della Val di Susa, gli operai dell”Alcoa, i facchini dell”Ikea, piuttosto che gli studenti medi ed universitari, la repressione è brutale e sistematica e destinata ad aumentare di pari passo con l”aggravarsi delle misure politico-economiche richieste dalle istituzioni finanziarie internazionali. Il diritto a manifestare garantito oggi è esclusivamente il diritto a sfilare purché si faccia in fretta, attenendosi strettamente a quanto ordinato e senza pretese di sottrarsi veramente allo strangolamento sociale. All”austerità senza fine non ci deve essere alternativa.
Le soggettività che compongono le piazze hanno, quindi, la necessità , ed il dovere, d”intendere che nella fase storica attuale, agli occhi delle forze dominanti la repressione non sarà mai eccessiva e che le risposte e le pratiche di chi vuole cambiare l”attuale stato di cose, devono adeguarsi in fretta al livello dell”attacco in atto. Il 14 novembre aiuta tutti a capire che ormai non c”è più alcun margine per nessuna mediazione con il potere in tutte le sue varie espressioni. Non è più tempo di invocare un”improbabile pace sociale, è tempo di prepararsi al conflitto.
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