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di Lelio Demichelis – MicroMega
Destra e sinistra? Sono concetti politici superati, appartengono al passato. Il mio – ha detto Mario Monti – è “un movimento civico popolare e responsabile”, non intende collocarsi “al centro” tra una destra e una sinistra ormai superate, bensì costituirsi “come elemento di spinta per la trasformazione dell”Italia, in contrapposizione alle forze conservatrici, prone a interessi particolari, a protezioni corporative o addirittura dichiaratamente anti-europeiste. Questa nuova forza politica sarà certamente moderata nei toni, ma non nel programma perseguito, che si caratterizza invece per l”incisività delle riforme che intende realizzare”.
Definendo gli altri come ”conservatori”, ovviamente Monti si auto-celebra come ”progressista”; nega la distinzione (per lui superata) tra destra e sinistra ma ripropone quella tra conservatori e progressisti. O tra conservatori (soprattutto a sinistra: la Fiom, la Cgil, Fassina e Vendola) e veri riformisti, auto-definendosi come vero riformatore, “anche estremo”. Senza apparentemente rendersi conto che così introduce per sé quel concetto di ”estremismo” che poi usa invece per denigrare le ”ali estreme” degli altri invitando Bersani a tagliarle (sempre la Fiom, la Cgil, Fassina e Vendola). Ma soprattutto Monti non comprende che tra ”estremismo” e ”radicalismo” c”è un abisso di significati:
Beveridge e Roosevelt (e in Italia Gobetti, Di Vittorio, Brodolini, Fortuna&Baslini e molti altri ancora) erano ”radicali” nel loro riformismo volto a ricostruire società , redditi, solidarietà e ad ampliare i diritti, ma non erano certo ”estremisti”; mentre il neoliberismo è ”estremista”, dogmatico e ideologico in sé e per sé e nella sua volontà nichilistica di distruggere società , redditi, solidarietà e diritti sociali e quindi anche politici e civili. Ma poi, come credere che Montezemolo, Casini, Ichino e lo stesso Monti siano riformisti e progressisti? O che il futuro/progresso radioso, felice e quasi mistico sia realizzato e compiuto nella stessa narcisistica e solipsistica persona di Monti, per cui deve essere reale e vero solo ciò che Monti definisce come reale e vero – e non altro? E poi: cosa significa essere riformisti? Tutto dipende ovviamente dagli effetti che le riforme vogliono produrre. Di più: anche le controriforme (come quelle del lavoro e delle pensioni) sono comunque riforme, peccato che siano appunto delle controriforme e invece di fare ”progresso” determinino ”regresso” in termini di benessere, diritti, sapere e conoscenza.
Ma soprattutto, nelle parole di Monti vi è lo stravolgimento della realtà (un altro dei vizi del berlusconismo trapassato nel montismo): definire infatti come ”progressista” l”azione del governo Monti (o la sua Agenda) è quanto di più surreale ci possa essere. Fare una riforma delle pensioni inutile; modificare il mercato del lavoro riducendo i diritti sociali delle persone e non riducendo la precarizzazione (che i diritti li nega); impoverire milioni di italiani abbassando salari e pensioni, per riposizionare più in basso rispetto a prima il sistema produttivo italiano, svalutando il lavoro non potendo più svalutare la vecchia lira per recuperare competitività ; tagliare gli investimenti per scuola e università portandole al collasso (ma aumentando i finanziamenti per le scuole private), negando nei fatti ogni possibilità di vero progresso; tirare per le lunghe le trattative per l”accordo fiscale con la Svizzera; fare poco o niente per l”ambiente; rinviare l”introduzione della Tobin tax, pure decisa a livello europeo, lasciandola in eredità al prossimo governo (a proposito di europeismo.) – fare tutto questo e molto altro ancora è ”progressismo”? Nella logica dei mercati, sicuramente sì. Nella logica neoliberista, altrettanto sicuramente – quel neoliberismo che è (forse) morto nell”America di Obama, ma che in Europa è più vivo che mai.
La Costituzione, allora, che dice (a meno di considerarla conservatrice, vecchia, cosa del passato, anch”essa ”frangia estrema” da tagliare): che il lavoro è un diritto che deve essere reso effettivo (e non ridotto e limitato, come accaduto invece con le politiche di austerità e di deliberata recessione/disoccupazione del governo Monti o con le nuove relazioni sindacali di Marchionne&Monti, più Cisl e Uil); che la Repubblica garantisce i diritti inviolabili dell”uomo (e anche i diritti sociali, quelli che Monti vuole smantellare in nome della sua personalissima idea di ”progresso”, sono inviolabili); che è compito della Repubblica rimuovere (e non crearli o aumentarli, come fatto dal governo, con il sostegno dell”ex-migliorista Napolitano) gli ostacoli di ordine economico e sociale che “limitando di fatto la libertà e l”uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l”effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all”organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; che la Repubblica promuove (e non riduce o cancella) lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico; che la salute è un fondamentale diritto del cittadino; che la retribuzione – oltre ad essere un diritto – deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro e “in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un”esistenza libera e dignitosa”; e che l”iniziativa economica privata (e lo stesso dovrebbe valere anche per la finanza), “non può svolgersi in contrasto con l”utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana” e che ogni attività economica deve essere sempre e comunque indirizzata “a fini sociali”. E non solo.
Ma tutto quanto è scritto a chiare lettere nella Costituzione, impegnando la Repubblica nella sua azione politica è stato negato (anche) dall”azione del governo Monti. Non si poteva fare altrimenti, dicono Monti con Draghi e Merkel. Falso. Monti ha fatto ciò che voleva l”ideologia neoliberista e ciò che volevano i mercati, replicando in forma nuova, ma non nella sostanza, quella vecchia differenziazione di potere messa in luce già cento e più anni fa da Gaetano Mosca, cioè tra ”governanti” e ”governati”, tra oligarchie/èlite e popolo, con i mercati oggi come nuova oligarchia, come nuova èlite, come ”classe” dei governanti contro i governati. Tutto questo è progressista? Solo uno sciocco può crederlo. Si poteva fare diversamente? Certo (e Obama sta cercando di farlo, pur con tutte le sue timidezze), ma occorrevano dei veri ”progressisti”, consapevoli di ciò che è ”progresso” (una volta scritto con la maiuscola) e soprattutto occorreva che la sinistra (italiana ed europea) fosse davvero sinistra e non cedesse anch”essa alle tentazioni nichilistiche neoliberiste e facesse quindi politiche progressiste (e quindi di sinistra, o almeno da New Deal rooseveltiano). Perché è ”di sinistra” e ”progressista” aumentare il benessere della gente, dare quella sicurezza sociale che permette poi agli individui di scegliere la loro vita; perché è ”progressista” e ”di sinistra” accrescere conoscenza e cultura, diritti individuali e diritti sociali, tutelare l”ambiente e accrescere la democrazia. ”Regressista” e ”controriformista” è invece ridurre tutto questo – e questo è stato il governo Monti/Napolitano, con Pd e Pdl. Perché tra destra e sinistra (e si potrebbe andare a rileggere il Bobbio di Destra e sinistra, il Giddens di Oltre la destra e la sinistra e in particolare il Revelli di Sinistra destra) non è solo un problema di uguaglianza e disuguaglianza, ma di diritti da accrescere, di autonomia da valorizzare uscendo da ogni forma di eteronomia specie se economica e tecnica.
Sì perché Monti è e resta un ”tecnico” anche se oggi cerca di declinarsi in ”politico”, messosi per di più a capo di una autentica ”armata brancaleone”, impresentabile, oligarchica e in profondo conflitto di interessi. Un Monti che usa il neoliberismo in economia e in politica come grimaldello per modificare – in termini biopolitici – la società e l”economia. Sulla base della biopolitica – diventata tanato-politica, visti gli effetti sociali che ha prodotto – del neoliberismo. Una biopolitica poi tanatopolitica fatta di: egoismo, edonismo e godimento (quando è possibile, altrimenti penitenza e recessione), solipsismo, fare da sé, essere imprenditori di se stessi e soprattutto vivere la vita come una perenne competizione. Sempre più al lavoro, in una sorta di totalitaria ”mobilitazione totale” al lavoro (o alla ricerca del lavoro). Perché gli apparati tecnici funzionano in sé e per sé e il loro scopo è togliere ogni ”intralcio” politico e sociale al loro funzionamento, apparato che infatti deve essere a produttività , a flessibilizzazione, a individualizzazione e a velocizzazione crescente, tutto però accompagnato da un”altrettanto crescente integrazione/connessione di tutti nell”apparato, oggi grazie alla rete.
Il tecno-capitalismo – la grande biopolitica/tanatopolitica che governa le nostre vite – non ama distinguere tra destra e sinistra ma chiede che destra e sinistra assecondino le sue esigenze di funzionamento (oggi grazie al neoliberismo). Se questo è ”progresso” e ”riformismo”, Dio o la Ragione ci liberino da questa manipolazione del dizionario e della logica. Ma soprattutto, la sinistra torni ad essere sinistra, ma ”radicale”, marchi la sua differenza (eccome se esistono) con la destra e soprattutto con le tecnocrazie. Oggi serve il massimo di conflitto ”politico” rispetto al neoliberismo e al tecno-capitalismo. In nome di una Europa diversa. Un”Europa che è invece ancora ferma al ”conservatore” Hoover, presidente degli Stati Uniti ai tempi della crisi del 1929 e che invocava politiche ”riformiste” fatte di salvataggio della banche e di obbligo di pareggio di bilancio. Insomma, la sinistra rovesci l”Agenda Monti, migliori la propria e soprattutto inventi un nuovo New Deal.
(4 gennaio 2013)
Fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/progressista-o-regressista/
Grafica: webcong
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