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La strategia di Grillo

Grillo poteva ottenere risultati senza precedenti a costo zero. Non lo ha fatto: perché? La spiegazione sta nell’analisi molto drammatica che lui fa della situazione.

La strategia di Grillo
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23 Maggio 2013 - 23.59


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di Aldo Giannuli.

Nelle settimane immediatamente
successive al voto, Grillo ha avuto l’occasione straordinaria di far
ballare il sistema politico al suono della sua musica. Bersani era
pronto ad accettare (quasi) tutte le condizioni che gli avesse posto:
legge anticorruzione, riforma Rai, abolizione del finanziamento pubblico
dei partiti, reddito di cittadinanza, legge sul conflitto d’interesse. E
con ogni probabilità, in un quadro di intesa, avrebbe anche accettato
di concordare il nome del nuovo Presidente. Se Grillo gli avesse chiesto
di fare la danza del ventre, Bersani ci si sarebbe messo il tutù. E non
gli si chiedeva di entrare al governo o in maggioranza, ma
semplicemente di astenersi (uscire dall’aula) al Senato.

Insomma avrebbe dovuto sostenere
Bersani, ma come la corda sostiene l’impiccato
: alla minima uscita
sgradita avrebbe potuto ritirare la fiducia e far cadere il governo.
Insomma, aveva la possibilità di ottenere risultati senza precedenti ed a
costo zero
. Non lo ha fatto: perché?

Alcuni hanno pensato ad oscuri complotti
internazionali, altri ad una eccessiva rigidità ideologica.
Personalmente credo che la spiegazione sia diversa e risieda
nell’analisi che lui fa della situazione e che, a tratti, manifesta
nelle sue interviste.

Grillo è convinto di tre cose:

a. che la crisi finanziaria
internazionale
stia per portare a breve l’Italia al crollo (la sua
previsione è che già a novembre il governo non sarà in grado di pagare
le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici);

b. di conseguenza, che la crisi del sistema dei partiti sia sul punto di precipitare fragorosamente;

c. che, quindi, la scelta che si impone è
fra l’affermazione del suo movimento politico e quella di una soluzione
autoritaria
come un regime militare (anche nel recente comizio a
Corato, in Puglia, ha sostenuto che il M5s è quello che trattiene la
gente dal fare barricate);

Ovviamente, tutto ciò presuppone che il
M5s possegga sia la linea politica adatta che la formula organizzativa
idonea ad esprimere la nuova classe dirigente di cui il paese ha
bisogno.

E questo spiega la grande facilità con
cui parlamentari e consiglieri regionali sono espulsi al minimo cenno di
dissenso: a Grillo non interessa avere 10 o 20 parlamentari in più o in
meno, perché è convinto che ciò sia irrilevante, mentre, in vista
dell’imminente scontro frontale, quello che conta è  che il suo
movimento sia compatto, di una compattezza militare che non ammette la
discussione di quelli che, a tutti gli effetti, sono ordini.

Vale la pena di verificare quanto sia
fondata questa analisi partendo dall’andamento della crisi. Sicuramente
l’analisi di Grillo sulla crisi parte da dati di fatto su cui si può
concordate:

a- più o meno a giugno avrà fine la
tregua dei mercati finanziari
verso l’Italia (come ha detto Soros 
13.5.13) e lo spread riprenderà a salire a salti, probabilmente sino a
tutto l’autunno;

b- a luglio si inizierà a constatare che
il gettito fiscale sarà inferiore all’anno scorso e non solo per la
probabile sospensione della rata Imu, ma anche e soprattutto per
l’effetto della recessione causata proprio dai rincari fiscali decisi da
Monti fra fine 2011 e primi 2012. Con il risultato di un ulteriore
disavanzo e di una crescita sensibile del peso del debito sul bilancio
statale e sul Pil (facile prevedere che sfonderemo a passo di
bersagliere il 130% avviandoci al 140% sul Pil) e questo non farà che
rilanciare lo spread;

c- Dopo la pausa estiva è plausibile che una fetta di aziende non riapriranno i battenti o chiederanno la Cassa Integrazione.

Dunque, che l’autunno che viene si
prospetta molto scuro è cosa non solo possibile ma largamente probabile.
E su questo non possiamo che concordare, constatando come questo
governo di cialtroni non stia dicendo nulla ai cittadini e si rivelerà
tragicamente inadeguato al momento più difficile
.

Poi, però, molto dipenderà da quali
saranno i numeri
: un conto è se la flessione degli introiti dello Stato
sarà del 3% e tutt’altro conto è se dovesse essere del 20%. Così come,
un conto è se le aziende che chiudono sono il 5% e c’è una richiesta di
cassa integrazione per 30.000 unità e ben altra situazione è se a
chiudere i battenti sono il 15% delle aziende ed i nuovi cassintegrati
sono 400.000. Allo stato delle conoscenze è lecito aspettarsi dati
piuttosto severi, ma non immediatamente pre-crollo. Vedremo.

Ma va detto anche che ci sono anche elementi in controtendenza che vanno considerati:

a- abbiamo appena assistito ad una
erogazione a pioggia di denaro a bassissimo tasso di interesse
e, se
anche è vero che (come era prevedibile) solo pochi spiccioli stanno
andando ad investimenti industriali e consumi, però è anche vero che le
banche hanno denaro fresco da investire in titoli di Stato anche se a
sostanziosi interessi.

b- Draghi ha appena finito di dire che è
pronto a nuove operazioni di quantitative easing  nel caso fossero
necessarie, per cui ci sono ancora generosi margini per operazioni
finanziarie che consentano operazioni di bailout, interventi di
ammortamento della Bce, ecc.

c- A settembre, finalmente, finirà la
campagna elettorale tedesca
ed è ragionevole che la Germania diventi
meno rigorista (già oggi la Merkel parla di fine austerità)

C’è poi da considerare il possibile
effetto della svendita dei beni pubblici. Intendiamoci, sono convinto
che una offerta così concentrata nel tempo, porterà ad una svendita
rovinosa e che questa classe politica di gaglioffi (Pd incluso, sia
chiaro) ne approfitterà per far concludere lucrosi affari agli amici ed
agli amici degli amici (esattamente come accadde con la smobilitazione
delle Ppss negli anni Novanta, cosa sulla quale non si è mai voluta fare
una commissione parlamentare di inchiesta). Dunque, in definitiva, la
vendita avrà effetti molto limitati sulla possibilità di compensare il
debito e segnerà un impoverimento secco dello Stato. Però un flusso di
denaro fresco
, per quanto limitato, verrà e, nel breve periodo, la cosa
avrà un effetto calmierante.

Dunque, salvo che i dati su fisco e
disoccupazione siano irrimediabilmente catastrofici, non mi sembra che
la situazione, per quanto molto seria, sia destinata a tracollare nel
giro di pochi mesi.

Anche qui occorre intendersi: lo
scenario prospettato da Grillo di un crack di vaste proporzioni con
effetti devastanti non è affatto irrealistico
ed, anzi, è uno degli
scenari possibili verso cui ci stiamo allegramente incamminando grazie
all’ostinazione dei poteri politici e finanziari, di non rimettere in
discussione nulla di un sistema che evidentemente sta producendo
implacabilmente la sua crisi.

Dunque, su un periodo medio o medio lungo
mi aspetto esattamente la possibilità (possibilità non è certezza, sia
chiaro) di scenari drammatici e non solo per l’Italia, ma non è la
stessa cosa se questo accade fra sei mesi, fra tre anni o fra cinque
anni
. Le traiettorie dei processi storici sono determinate anche dal
momento in cui si incrociano le varie tendenze in atto. Ad esempio, in
tre anni, potremmo trovarci di fronte ad una soluzione autoritaria
preparata con grande meticolosità e che sia ben più raffinata di un
governo in divisa, oppure la crisi potrebbe aver travolto prima gli Usa o
il Giappone o chissà che altro ancora.

E’ tipico dei movimenti di protesta e/o
rivoluzionari un certo iper ottimismo che induce a sopravvalutare le
proprie capacità di successo e sottovalutare costantemente le capacità
di reazione dell’avversario
e l’intervento di terzi. Anche noi
sessantottini (lo dico autocriticamente, anche se già dall’epoca non ero
esattamente fra i più ottimisti) pensammo che la base di consenso
dell’avversario si stesse rapidamente sfaldando, che lo stesso Pci
avrebbe rapidamente perso la sua base perché non stava capendo che
eravamo nella fase pre rivoluzionaria che sognavamo. Appunto: sognavamo,
come hanno poi dimostrato i fatti successivi. E potremmo fare anche
molti altri esempi anche molto più importanti storicamente. Ad esempio
(si parva licet….) anche Lenin e Trotskij sognarono un rapido dilagare
della rivoluzione socialista in tutta Europa nel giro di pochi anni. Poi
le cose, mi pare, andarono molto diversamente: la socialdemocrazia non
perse la sua presa maggioritaria sulla classe operaia, i ceti medi si
radicalizzarono a destra, le “spallate” rivoluzionarie in Germania,
Italia, Ungheria ecc si risolsero in sconfitte disastrose, la borghesia
seppe riconquistare la capacità di comando e l’esito finale non fu la
rivoluzione socialista ma ben altro. E già nel 1923 il progetto di
rivoluzione mondiale di Lenin era bello e liquidato.

Né andò molto diversamente ai giacobini
francesi; ma, tornando alle dimensioni storicamente tanto più modeste
del nostro presente, mi pare che Grillo sottovaluti grandemente la
capacità di tenuta del blocco avversario
. E’ la stessa illusione di
Occupy Wall Street per la quale noi siamo il 99% e loro l’1%, Sarebbe
bello ma non è così: un sistema di potere ha sempre la capacità di
coagulare intorno a se settori consistenti di società
, forse non
maggioritari, ma sicuramente rilevanti. Ci sono interessi comuni a
discesa, poi motivi ideologico-culturali, poi ancora timori del nuovo,
pigrizie intellettuali ecc.

Mettetela come volete, ma anche la classe
politica peggiore al colmo del suo disastro, ha sempre con sé almeno un
quinto o un quarto della società
: nonostante il disastro di una guerra
perduta, di un ventennio di fascismo, della prova di viltà offerta con
la fuga a Pescara, la monarchia ebbe per sé il 45% degli italiani nel
referendum del 1946. Certo, perse, ma poco meno della metà degli
italiani era ancora disposta a difenderla oltre ogni limite di
ragionevolezza. Ricordiamolo sempre. Qui, poi, i partiti, per quanto in
crisi, possono ancora far leva sulla loro reciproca opposizione, per cui
ci sono quelli che votano Pd in odio a Berlusconi e quelli che votano
Berlusconi in odio al Pd.

Volete spiegarmi come è che il Pdl è in
piena ripresa?
Magari i sondaggi sono sbagliati (e non ci
meraviglierebbe) ma tutti sentiamo nell’aria il ritorno di fiamma del
tifo per Silvio, almeno per ora, anche grazie alle performances da circo
equestre offerte dal Pd
.

Dunque, andiamoci piano a vendere la pelle dell’orso prima che sia morto.

Infine: il M5s ha oggi una occasione
d’oro di espandersi a causa del governo di super inciucio appena
formato, ma non è detto che le cose vadano in questo modo. Ad esempio il
M5s sta rivelando numerose fragilità in buona parte dovute al carattere
assai composito del suo corpo militante ed, ancor più, del suo seguito
elettorale. Si avvertono già i segni di una certa decantazione del
grande miscuglio del 26 febbraio e non è detto che il M5s sarà in grado
di cogliere l’occasione  che gli si prospetta. E nemmeno che l’eventuale
crescita vada oltre certi limiti ancora sotto maggioritari.

In definitiva, Grillo punta su una
strategia dei tempi brevi
, mentre io penso che è più probabile che si
debba misurare con uno scontro di lunga durata
. In ogni caso, vediamo
cosa succederà domenica prossima a Roma, Brescia, ecc. E’ un test che
può cambiare molte cose.

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2013/05/la-strategia-di-grillo/

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