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Lisbona, la festa triste dei PIGS

Manifestazioni sottotono e partiti in penuria di idee e di alternative. In Portogallo la politica si è arenata, il popolo è stanco o emigra.

Lisbona, la festa triste dei PIGS
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2 Giugno 2013 - 21.49


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di Marcello Sacco

LISBONA – Dopo un lungo
inverno e una primavera capricciosa, piovigginosi come nella ricca
Mitteleuropa, ma senza lo stesso PIL, il primo fine settimana di giugno nel
Paese tra i più colpiti dalla crisi dell’eurozona è stato radioso dal punto di
vista climatico, nebuloso sul piano politico, malgrado le previsioni degli
ottimisti della volontà.

Prima ancora della
manifestazione antitroika del 1º giugno, il lungo weekend era iniziato giovedì
30 maggio, proprio all’insegna della buona volontà (e forse un pizzico di cattiva
coscienza) con la grande assemblea delle
sinistre
(plurale d’obbligo), intenzionate a far cadere il governo di
socialdemocratici e popolari e dire basta al rigore che sta strangolando l’economia
nazionale.

Le aveva chiamate
a raccolta, nell’Aula Magna dell’Università di Lisbona, il grande vecchio del
Partito Socialista Portoghese, Mario
Soares
. Però sia i socialisti che i comunisti ci avevano inviato
osservatori di secondo piano, guardandosi bene dal farci entrare i loro leader ufficiali,
mentre lo stesso Soares sembrava voler corteggiare più i possibili dissidenti
dei partiti della maggioranza che i potenziali alleati “naturali” a sinistra
del PS, partito che d’altronde ha
sempre rifiutato di coalizzarsi a sinistra sin dai tempi della clandestinità,
quando per piacere all’Europa democratica bisognava dimostrare di saper sottrarre
militanti al PCP. Risultato: anni di equilibrismo trasformistico, “rotativismo”
(come si suol dire da queste parti) con gli antagonisti socialdemocratici e un orizzonte via via più povero di
alternative
. Una penuria di idee e pratiche politiche che la recente perdita di sovranità causata dal debito
ha solo accentuato.

Dopo il convegno,
è arrivato il pomeriggio del 1º giugno e la manifestazione annunciata. Non
solo geograficamente
agli antipodi
da Istanbul
, il corteo di Lisbona non è stato semplicemente pacifico (cosa
di cui giustamente la maggioranza degli attivisti portoghesi si è sempre vantata),
ma ha marciato stanco, arrancando e
andando a morire nell’Alameda Dom Afonso Henriques, un grande parco verde dove
i manifestanti si sono confusi e dispersi tra bimbi sulle altalene e gente stravaccata
sull’erba. Insomma il punto più basso di adesione popolare da quando, il 15
settembre scorso, il movimento civile “Que
se lixe a troika
!”
aveva riversato centinaia di migliaia di cittadini
nelle strade della capitale. Sembrava l’apertura di una nuova pagina nella
storia politica del Portogallo, quella, e invece il movimento nato allora in
rete sembra essersi spento nell’arco di un anno scolastico. Arreso ai primi
caldi e alle lusinghe del mare? Sia pure in negativo, potrebbe essere una buona
fotografia del destino di certe
piattaforme virtuali,
votate all’ecumenismo
ma poi incapaci di tradursi in
progetti politici reali e costruttivi
.

Non è da escludere
che, per ora, il ritorno alle formazioni tradizionali non riscuota un successo maggiore
e all’antica. Il prossimo appuntamento con la protesta lo hanno fissato guarda
caso i sindacati, con lo sciopero del 27
giugno
prossimo, forse straordinariamente unitario, vista la probabile
adesione (che dovrebbe essere formalizzata nelle prossime ore) della UGT, sindacato socialista che ultimamente
aveva deciso di civettare col governo, lasciando la CGTP sola a governare la piazza.

Intanto Lisbona ci
ragiona e ride. È un riso amaro, ma sembra godere di qualche simpatia in più. Si
è infatti aperto ufficialmente il mese di giugno – che in tutto il Portogallo è
una lunga stagione di festività cittadine, religiose e popolari, da
sant’Antonio a san Pietro – con “PIGS in
festa”
, ossia attori, musicisti e artisti di strada provenienti proprio dai
paesi “porci”: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Hanno riempito per sei ore
una delle piazze più grandi e belle del centro distribuendo maschere da maialini
di cartone e tanto buon umore. È una classica valvola di sfogo, si sa. L’altra, la segnalano da tempo le
statistiche e qui va molto forte, si chiama emigrazione.

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