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Il Tunnel si farà. Punto e basta

La Torino-Lione? un estirpare piante secolari per ricavare dalla roccia un buco, un simbolo di continuità tra spazi geografici.

Il Tunnel si farà. Punto e basta
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27 Giugno 2013 - 22.36


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di Massimo Bonato.

Sono
giorni di attesa e di pronostici in Francia. Il 27 giugno verrà
consegnato nelle mani del ministro francese dei Trasporti, Frédéric
Cuvillier, il rapporto della Commissione Mobilité 21 che, come scritto
(TG Vallesusa – 
La Francia rinvia i progetti per l’alta velocità a dopo il 2030: non ci sono più soldi ), metterà ordine tra i 70 progetti di trasportistica francese in un crescendo di priorità e di fattibilità.

Testate
locali come «Le Parisienne» o «Le Journal du Dimanche» si fanno
portavoce del disagio di amministratori che vedranno posticipata la
realizzazione di linee regionali oltre il 2030. «Les Echos», «Le
Figaro» e «Le Monde» registrano i malesseri politici di chi grida
all’errore strategico, alla brusca frenata nel progresso del trasporto
ferroviario francese. Ma la questione è, appunto, tutta francese,
ancorché rilevante per i riflessi che potrà avere nel nostro Paese.

«Les
Echos» e «Le Monde» propongono nei loro articoli cartine del tutto
simili attraverso le quali emerge chiaramente come l’interesse paia
ormai quello di portare a termine quattro grandi cantieri in opera, e di
metter mano a nodi cittadini come quello di Lione e Marsiglia –
sviluppi indicati già anni or sono dallo SNIT (Schema nazionale delle
infrastrutture dei trasporti). Manca in entrambe un accenno al tratto
della Torino-Lione che però «Le Figaro» ricalca ponendola tra le linee
la cui realizzazione verrebbe posticipata a oltre il 2030. L’articolo de
«Le Figaro» è circolato anche in Italia suscitando equivoci e
speranze.

L’equivoco sorge considerando la linea Torino-Lione come un unicum, un solo itinerario compatto al quale riferirsi globalmente, mentre non è così.

La linea Torino-Lione è composta da almeno tre segmenti fondamentali, la
tratta italiana, la tratta francese (chiamate accessi) e il tunnel. La
questione si sposta quindi dalla politica trasportistica francese e
italiana (i tratti di linea) alla politica transfrontaliera (il tunnel),
determinata da trattati per l’appunto internazionali. È cosa
sottolineata dallo stesso deputato Duron – responsabile della
Commissione Mobilité 21 – nello schema dei criteri usati per la
classificazione dei lavori eseguibili («La Gazette des Communes»),
nella quale si legge: “Per riassumere, la commissione si è concentrata
sull’essenziale, evitando di lavorare su ‘quanto abbia il rilievo di
un trattato internazionale come il progetto Lyon-Turin, o sul progetto
di aeroporto di Note-Dame des Landes, o ancora come il canale
Seine-Nord”.

La Commissione Mobilité 21 in sostanza non si occupa della Torino-Lione.

Come sottolinea Paolo Prieri di Presidio Europa ciò
che a Parigi interessa è mettere in comunicazione Chambery con la
capitale, mentre anche nella vicina Maurienne da tempo si sollevano
richieste di maggiori collegamenti intraregionali.

Rileggere
la mappa de «Le Figaro» allora, significa interpretare una questione
del tutto francese che vorrebbe incentivare i collegamenti con il
capoluogo savoiardo e la capitale.

Ma la Torino-Lione è un’altra cosa. “La Commissione [Mobilité 21] che
dovrebbe pronuncersi giovedì sull’’austerità TGV’ non prende in
considerazione la nostra linea con la scusa che non è AV (LGV come
dicono loro) – sostiene Claudio Giorno, elemento di spicco del movimento
No Tav valsusino e attento osservatore delle politiche
trasportistiche. – Il rischio, anzi, è che venga considerato
“keynesiano” e quindi desiderabile anche solo lo scavo del tunnel
rinviando non solo le linee di collegamento ma addirittura il suo
stesso armamento a ‘dopo’ (posa binari, linea aerea, impianti
tenologici – tutta roba costosissima con cui ci sono anche meno margini
per le tangenti)”.

Lo stesso concetto di Alta velocità in Val di Susa pare svuotarsi di
significato nel tempo, non solo per i francesi. Nel trasformismo
politico, la linea è passata in modo camaleontico da Av – Alta velocità –
ad Ac – Alta capacità –, da linea passeggeri a linea merci, fino a
NLTL – Nuova Linea Torino Lione –, dizione che lascia aperta ogni
possibile interpretazione di quanto verrà fatto a partire dal Tunnel di
base.

Perché in realtà, il nocciolo della questione, “la forza che nella verde
miccia sospinge il fiore” (come direbbe il poeta Dylan Thomas) è il
Tunnel di base. “Poco ci vuole all’impianto ferroviario per adeguarsi”
spiega Paolo Prieri: a Saint-Jean-de-Maurienne la ferrovia c’è già, a
Susa pure. Per una nuova linea, alta o bassa velocità che sia, si tratta
di adeguamenti ininfluenti a confronto di quanto comporta un tunnel di
57 km nella montagna.

E il punto è questo: “Il Tunnel è diventato un’icona” sostiene Prieri.
Il Tunnel di base è un simbolo. Come ogni galleria che nel tempo abbia
varcato un confine naturale per mettere in comunicazione comunità,
regioni e stati; come ogni muraglia che abbia sottratto a un confine
naturale spazio per evitare contatti e incursioni, scambi commerciali e
culturali tra comunità e regioni, il Tunnel di base è diventato un
simbolo. Tanto più, ricorda Prieri, che lo stesso tunnel del Frejus, per
motivi diversi, non nacque come “autostrada” ma come semplice
“galleria”. Ancora oggi l’accesso italiano è autostradale, ma passato il
tunnel, in Francia, la strada si tramuta in semplice superstrada a tre
corsie.

Dunque tutta la Torino-Lione si inaridisce in questo estirpare piante
secolari nei pressi di Chiomonte (Torino) per ricavare dalla roccia un
buco, una galleria, un simbolo di continuità tra spazi geografici
interpretati come linee parallele; forse binari, forse pure no; forse ad
alta velocità, forse no. Forse non se ne farà pure nulla. L’importante
è che il buco ci sia.

A questo punto sarebbe persino interessante chiedere a Freud che cosa ne pensa.

In
conclusione, resta il fatto che il Tunnel di base in Val di Susa “va
fatto” – mercé Sarkozy e Hollande, Berlusconi, Monti, Bersani, Letta,
Lupi&C. Non è contemplato dalla Commissione Mobilité 21 in quanto
determinato da trattati internazionali. I fondi della Comunità europea
per la progettazione trasportistica degli Stati membri sono esigui (i
progetti francesi ammontano a 245 miliardi, i fondi europei a 23, e gli
Stati a cui erogare i fondi sono 28) ma ciò significa anche che “a dare
i numeri” son capaci tutti: auspicare il 40% di intervento europeo per
il Tunnel di base e poi ricevere briciole non farà che profittare
della facoltà, sempre ecceduta, di piangere miseria lamentando il
tradimento della Grande Madre.

Non
resta che attendere la conferenza stampa organizzata a Parigi venerdì 28 giugno da chi si oppone alla
Torino-Lione, per capire quale sarà il futuro del progetto e qual è la
posizione di chi vi si oppone: un’occasione di incontro e di dialogo
fra le parti italiana e francese.

fonte: http://www.tgvallesusa.it/?p=1409

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