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WTO: Tirchio con i poveri, generoso con i ricchi

'C’è baruffa nei negoziati del WTO che preparano la Conferenza di Bali. Le regole per l''agricoltura: sussidi per i paesi sviluppati, penalità per i coltivatori dei paesi poveri.'

WTO: Tirchio con i poveri, generoso con i ricchi
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10 Ottobre 2013 - 23.58


ATF

di
Martin Khor (*)

GINEVRA,
ottobre 2013 (IPS) – C’è baruffa nei negoziati del WTO che
preparano la Conferenza Ministeriale di Bali, e il conflitto in atto
mostra come le regole del WTO per il settore agricolo permettano ai
paesi sviluppati di continuare a beneficiare di alti sussidi,
penalizzando al contempo i coltivatori dei paesi in via di sviluppo.

La
sicurezza alimentare costituisce una delle questioni chiave tra
quelle oggetto di negoziato al WTO in preparazione della Conferenza
di Bali di dicembre. Per i paesi in via di sviluppo, la sicurezza
alimentare e la sopravvivenza dei coltivatori sono le priorità
assolute.

Ridurre,
e tendenzialmente eliminare la fame nel mondo è uno degli Obiettivi
di Sviluppo del Millennio
(MDG) adottati dai Governi delle
Nazioni Unite. Nei negoziati attualmente in corso a New York per la
formulazione di questi obiettivi, la sicurezza alimentare, la
nutrizione e l’agricoltura costituiscono uno dei principali gruppi
di questioni sul tavolo.

Su
questo sfondo, è in corso una forte discussione, al WTO, nel quadro
dei lavori di preparazione per Bali.

Il
Paesi in via di sviluppo che fanno parte del G33 stanno chiedendo che
ai loro governi sia consentito di acquistare cibo dai propri piccoli
coltivatori e che questi alimenti possano essere stoccati senza
incorrere nelle limitazioni e nelle regole disposte dal WTO in tema
di sussidi all’agricoltura. Alcuni governi stanno progettando piani
di distribuzione gratuita o a prezzi ridotti da meccanismi di
incentivazione statale a favore delle famiglie più povere.

Tuttavia,
le loro proposte stanno incontrando una forte resistenza,
principalmente da parte di alcuni paesi sviluppati, e specialmente
gli Stati Uniti d’America, la cui posizione ufficiale è quella per
cui simili politiche «creerebbero un enorme circolo vizioso per
meccanismi di sussidio potenzialmente illimitati aventi effetti
distorsivi sul commercio».

Lo
scontro in atto costituisce un esempio lampante di come le regole
sull’agricoltura previste dai trattati del WTO favoriscano i paesi
più ricchi penalizzando i paesi in via di sviluppo, e specialmente
la parte più povera delle loro popolazioni.

E’
ben noto che i più grandi meccanismi di distorsione nel sistema
degli scambi internazionali si trovano proprio nel settore agricolo.
Ciò deriva dal fatto che i paesi più ricchi chiesero, ed ottennero,
nel 1950, una forma di esenzione dalle regole introdotte con il
General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), ossia l’antesignano
dell’attuale WTO.

A
tali paesi fu consentito di dare alti sussidi ai propri agricoltori,
e di mantenere sistemi tariffari molto alti come barriere alle
importazioni. Ciò accadde a scapito dei paesi in via di sviluppo,
che in campo agricolo godono di un forte vantaggio competitivo.

Quando
il WTO fu fondato, si giunse a un nuovo accordo agricolo che,
fondamentalmente, consentì di mantenere questo forte sistema di
protezione. I paesi sviluppati furono solamente obbligati a ridurre i
loro “sussidi distorsivi” del venti per cento, ma poterono
cambiare la natura di tali sussidi, che furono inseriti nella “Green
box” che poteva contenere incentivi definiti “non distorsivi o
minimamente distorsivi”.

Non
sono previsti limiti quantitativi per queste tipologie di sussidi. E
numerosi studi hanno dimostrato che molti dei sussidi della categoria
“Green Box” sono in realtà di carattere distorsivo.

Con
questa manovra, i sussidi utilizzati in agricoltura dalle economie
più forti sono stati mantenuti, o addirittura sono aumentati. Ad
esempio, i dati del WTO dimostrano come gli interventi di supporto al
settore agricolo negli Stati Uniti siano cresciuti dai 61 miliardi di
dollari del 1995 ai 130 miliardi nel 2010.

Una
più ampia modalità di misurazione dei livelli di protezione
dell’impresa agricola, nota come “stima del supporto
complessivo”, che è utilizzata dall’OCSE, mostra come i sussidi
all’agricoltura dei paesi membri sviluppati siano cresciuti dai 350
miliardi di dollari del 1996 ai 406 miliardi del 2011.

Gli
effetti di queste mai interrotte politiche di sostegno sono stati
devastanti, per i paesi poveri. Prodotti alimentari venduti sotto il
costo di produzione continuano a inondare i paesi più poveri, spesso
mangiandosi redditi e livelli di sussistenza dei produttori e delle
famiglie locali. Ironicamente, la maggior parte dei paesi in via di
sviluppo sono nella condizione di non poter utilizzare le stesse
politiche di sostegno.

La
ragione è che le regole del settore agricolo stabiliscono che tutti
i paesi siano tenuti a tagliare il livello dei propri interventi di
sostegno “distorsivi”. Così, se un paese in via di sviluppo non
ha mai, in passato, utilizzato lo strumento dei sussidi ai
produttori, non gli è consentito di adottarli oggi, se non nel
limite di una piccola percentuale (il dieci per cento del valore
della produzione agricola totale) noto come il supporto “de
minimis”. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo aveva ben
pochi interventi di sostegno – o non ne aveva del tutto – al
momento della propria adesione al WTO, data la cronica mancanza di
fondi.

Questa
è la situazione nel momento in cui la controversia in seno al WTO è
sorta. I paesi in via di sviluppo che aderiscono al G33 chiedono che
il cibo acquistato dai contadini poveri ed immagazzinato dai governi
dovrebbe essere considerato, senza condizioni, come compreso nella
“Green box”.

Le
regole attualmente in vigore stabiliscono delle condizioni inique.
Anche se i piani di accumulo di riserve di cibo per scopi di
sicurezza alimentare fossero ammessi come compresi nella “Green
box”, esiste una disposizione che prevede che l’elemento di
sussidio presente in una simile politica di acquisto di scorte
dovrebbe essere considerato come parte della “misura aggregata di
supporto” (AMS) di quel paese. Tale grandezza costituisce la
principale categoria di sussidi che i trattati WTO considerano ad
effetto distorsivo, e per i quali per la maggior parte dei paesi in
via di sviluppo l’ammontare concesso è limitato alla cosiddetta
quota “de minimis” pari al dieci per cento della produzione
complessiva.

Altre
forme di sussidi comprese nel “Green box”, incluse quelle che più
comunemente vengono utilizzate dai paesi ricchi, non sono soggette a
tale limite.

L’iniquità
di questa condizione è resa ancora maggiore dal modo in cui gli
interventi di sussidio sono misurati nell’ambito degli accordi WTO
sull’agricoltura, ossia come differenza tra il prezzo di acquisto
dei prodotti e il “prezzo esterno di riferimento”.

Il
problema nasce dal fatto che il prezzo di acquisto corrisponde al
prezzo corrente, mentre il “prezzo esterno di riferimento” è
definito come la media dei prezzi a livello mondiale nel biennio
1986/1988 (si tratta del periodo in cui si negoziava il c.d. “Uruguay
Round” in vista dell’approvazione definitiva degli accordi del
WTO).

Dal
1986/1988, i prezzi del cibo e dei prodotti agricoli, a livello
globale e locale, sono cresciuti tremendamente. Il prezzo del 1986/88
è un riferimento obsoleto, e troppo basso per poter essere
utilizzato per determinare se un paese in via di sviluppo stia
effettivamente fornendo sussidi ai suoi agricoltori.

Tra
i paesi che sono oggi a rischio di superamento della soglia di AMS, o
del livello massimo della soglia del “de minimis” c’è l’India.
Il Parlamento indiano ha appena approvato una legge che dà diritto
ai poveri (ossia ai due terzi della popolazione indiana) ad ottenere
cibo da un programma di intervento governativo che prevede l’acquisto
del cibo dai produttori locali.

Ma
la stima di 20 miliardi di dollari che il governo indiano ha in
programma di spendere annualmente potrebbe eccedere le soglie AMS e
“de minimis”, perché l’India, al momento dell’entrata in
vigore delle regole del WTO, non aveva in atto programmi di incentivi
significativamente grandi.

Altri
paesi in via di sviluppo che attualmente forniscono sussidi ai propri
agricoltori ed ai consumatori poveri, come Cina, Indonesia e
Thailandia, potrebbero anch’essi, un giorno, trovarsi in una
situazione di non conformità agli accordi del WTO.

Per
i paesi più ricchi, che stanno pagando un totale di 407 miliardi di
dollari all’annuo sotto forma di interventi di sussidio ai propri
agricoltori, vietare ai paesi più poveri la possibilità di adottare
la stessa politica nei confronti dei propri piccoli coltivatori è
realmente una delle peggiori forme di discriminazione e ipocrisia.

Che
la controversia in atto possa essere risolta in modo equo prima della
prossima Conferenza di Bali è tutto da vedere.

Traduzione
per Megachip a cura di Giampiero Obiso.

*
Martin Khor
(executive director
of the South Centre)
.

ISP
COLUMNIST SERVICE, SETTEMBRE 2013

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