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Una questione di priorità

Ripensare le priorità del Paese: è più importante la Tav o mettere in sicurezza il territorio? [Massimo Ragnedda]

Una questione di priorità
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25 Novembre 2013 - 11.40


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di Massimo Ragnedda

Con l’investimento pubblico oggi destinato alla costruzione della Tav si rimedierebbe al dissesto geologico del 50% del territorio italiano. Dopo la tragedia che ha colpito la Sardegna (16 morti e migliaia di sfollati) sarebbe necessario che il governo ripensasse alle priorità del paese. È doveroso per un governo chiedersi come debbano essere gestite le risorse pubbliche.

Chi governa deve essere in grado di capire quali sono le necessità di un paese. E allora, la priorità è investire 20 miliardi di euro per costruire una rete ferroviaria che sarà pronta tra 20 anni e che accorcerà i tempi di 30 minuti per raggiungere Lione (manco fosse il centro del mondo) o la priorità è la messa in sicurezza di interi paesi e città?

Inoltre, cosa non secondaria in un momento di grave crisi economica, con quei soldi si attiverebbero migliaia di micro cantieri (dalla Sardegna alla Liguria, dal Piemonte alla Calabria) dando lavoro alle piccole e medie imprese che sono l’ossatura economica del nostro paese. Sarebbe un’opportunità unica per rilanciare l’economia. Le piccole imprese artigiane, spesso a conduzione familiare e ora schiacciate dalle tasse, respirebbero e si darebbe un forte incentivo all’occupazione.

Nei mega appalti, come la Tav, i soldi pubblici vanno a finire nelle casse delle solite poche e note imprese legate ad alcuni partiti e ad alcuni dirigenti. Non facciamo finta di non sapere. Dietro ai mega appalti si celano interessi personali, favoritismi, corruzioni e tangenti.

Meno di due mesi fa l’ex presidente della regione Umbria, Lorenzetti (PD), è stata messa agli arresti domiciliari. L’accusa, formulata dalla Procura di Firenze, è di aver ricevuto tangenti per i lavori della Tav in Toscana.

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Senza contare il rischio di infiltrazione mafiosa. Come scritto da Saviano più un anno fa: “bisogna avere il coraggio di comprendere che l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie”.

Dobbiamo dunque ripensare le priorità del Paese. Priorità che non possono essere gli interessi di pochi, ma la messa in sicurezza del 50% del territorio italiano. Bisogna avere il coraggio, ma diffido che questo governo ce l’abbia, di destinare quei soldi pubblici alla protezione del territorio e delle persone che ci vivono. Bisogna allora avere il coraggio di destinare quei soldi per aiutare i comuni italiani che hanno problemi geologici e idraulici e che sono a rischio frana e alluvione.

Secondo alcune stime, come quelle prodotte da il presidente di Publiacqua spa, Erasmo D’Angelis, autore con Alberto Irace del libro “Come riparare l’Italia. Rilanciare l’economia e salvare il territorio con la Blue Economy”, il dissesto idrogeologico interessa 6.633 comuni, l’82% del totale. Secondo la sua analisi, metterci in sicurezza da bombe d’acqua e frane, e depurare le acque dei nostri fiumi e laghi, può creare da 160mila a 500mila nuovi posti di lavoro.

Perché se è vero che certi eventi atmosferici sono imprevedibili e di portata eccezionale, è altrettanto vero che è l’incuria dell’uomo, la cementificazione selvaggia, il disboscamento e il taglio dei fondi destinati alla protezione del territorio che amplificano il disastro. Se non possiamo impedire alla natura di fare il suo corso, possiamo almeno decidere come i soldi pubblici devono essere gestiti e quali sono le priorità da affrontare.

(25 novembre 2013) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]
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