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di Franco Fracassi.
Una cena per decidere, una per confermare le decisioni. Primo giugno
2012, primo aprile 2014. Due protagonisti sempre presenti: il presidente
del consiglio Matteo Renzi, l”ex premier britannico Tony Blair. Un
terzo (presente con suoi rappresentanti) è l”organizzatore, il vero
beneficiario dei frutti degli incontri: la banca d”affari JpMorgan.
Scrive il quotidiano britannico “Daily Mirror”:
«Renzi è il Blair
italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze
economiche. Un esempio? La JpMorgan».
Riforma delle Provincie, riforma del Senato, riforma del lavoro, riforma
della pubblica amministrazione, riforma della Giustizia, riforma del
consiglio dei ministri, riforma elettorale. La Costituzione italiana,
quella votata dopo la vittoria sul fascismo e la fine della seconda
guerra mondiale, quella pensata per impedire una futura svolta
autoritaria nel Paese sta per essere stravolta. Così ha deciso il
presidente del consiglio Matteo Renzi. Così ha suggerito la JpMorgan.
I fatti. Il primo giugno 2012 la banca d”affari statunitense organizza
una cena a palazzo Corsini a Firenze. Il padrone di casa Jamie Dimon
(amministratore delegato della JpMorgan) invita l”allora sindaco della
città Renzi e il già ex primo ministro, e da quattro anni consulente
speciale della banca, Blair. Il primo aprile 2014 la scena di sposta
Oltremanica. Questa volta gli onori di casa lo fa l”ambasciatore
italiano a Londra Pasquale Terracciano. Durante la cena a base di pesce
Renzi e Blair discutono in privato.
Il giorno successivo Blair rilascia un”intervista a “La Repubblica”, in
cui afferma:
«I momenti di grande crisi sono anche momenti di grande
opportunità . In tempi normali sarebbe difficile per chiunque realizzare
un programma ambizioso come quello delineato dal nuovo premier italiano.
Ma questi non sono tempi normali per l”Italia. Renzi comprende
perfettamente la sfida che ha di fronte. Se facesse solo dei piccoli
passi rischierebbe di perdere la spinta positiva con cui è partito.
Perciò c”è una coerenza tra il suo programma di riforme costituzionali e
le riforme strutturali per rilanciare l”economia. E la crisi può dargli
l”opportunità per compiere quei cambiamenti che sono necessari al
Paese, ma che finora non sono mai stati fatti per le resistenze di lobby
e interessi speciali».
E ancora:
«A mio parere occorre calibrare tre elementi: la riduzione del
deficit, che è essenziale; le riforme necessarie per cambiare politica
economica; e la crescita non solo per generare occupazione ma anche per
portare più denaro nelle finanze pubbliche. Per fare tutto questo non
serve la contrapposizione destra/sinistra, bensì quella tra giusto e
sbagliato, fra ciò che funziona e ciò che non funziona. Se la riduzione
del deficit è troppo veloce, la crescita non riparte. Ma se non si fanno
le necessarie riforme, il deficit non si riduce. E mi sembra che questo
Renzi lo abbia capito benissimo».
In un”altra intervista, rilasciata al quotidiano britannico “The Times”,
sempre Blair ha detto:
«Il mutamento cruciale, delle istituzioni
politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l”Italia: il
governo ha l”opportunità concreta di iniziare riforme significative».
Ricapitolando. Blair ha confermato il suo appoggio a Renzi sulla strada
delle riforme. Ma come abbiamo ricordato non è più il politico che
parla. Oggi il fu leader dei laburisti riceve uno stipendio di milioni
di dollari l”anno per fare da consulente a una delle più importanti
banche d”affari del mondo (seconda solo alla Goldman Sachs), formalmente
denunciata dalla Casa Bianca di essere stata la «responsabile della
crisi dei subprime», che ha poi scatenato la crisi economica mondiale.
Ha scritto l”economista statunitense Joseph Stiglitz:
«Le banche
d”affari si servono di consulenti come la massoneria si serve dei propri
membri. I consulenti oliano gli ingranaggi della politica, avvicinano i
politici che contano alle banche giuste e promuovono presso di loro
politiche compiacenti a quelle indicate dalle banche».
Che cosa si intende per «politiche compiacenti a quelle indicate dalle
banche»? Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici
pagine dal titolo “Aggiustamenti nell”area euro”. Dopo che
nell”introduzione si fa già riferimento alla necessità di intervenire
politicamente a livello locale, a pagina 12 e 13 si arriva alle
Costituzioni dei Paesi europei, con particolare riferimento alla loro
origine e ai contenuti:
«Quando la crisi è iniziata era diffusa l”idea
che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma
col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura
politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro
Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano
una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la
maggiore integrazione dell”area europea».
«I problemi economici dell”Europa sono dovuti al fatto che i sistemi
politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito
alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell”esperienza. Le
Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in
ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di
sinistra dopo la sconfitta del fascismo», prosegue l”analisi della banca
d”affari.
Andando avanti nella lettura il documento entra più nello specifico:
«I
sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti
caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi
centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei
diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul
clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi.
La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste
caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo
parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo
visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni
(Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di
partiti populisti (Italia e Grecia)».
Riassumendo, la JpMorgan ci dice: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.
«L”idea d”uno Stato dove i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario
appartengano a organi diversi e siamo tutti eguali davanti alla legge» a
esser malvista dalla parte dominante nel Ventunesimo secolo.
Soprattutto, sono malviste le Costituzioni nate dalla Resistenza. Specie
quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo», denuncia
il giurista Franco Cordero.
Per l”economista Emiliano Brancaccio: «Maggiore è il potere del
parlamento, più è difficile ridimensionare lo stato sociale. Un
orientamento di segno opposto, invece, mira a redistribuire il reddito
favorendo il profitto e le rendite, non certo a un ammodernamento del
Paese. Nella Costituzione italiana e in quelle antifasciste ci sono
norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può essere
espropriata per fini di pubblica utilità . Le istituzioni finanziarie
hanno spesso interesse a realizzare acquisizioni estere di capitali
nazionali, e dunque hanno interesse a garantire che la proprietà del
soggetto straniero che acquisisce sia tutelata. Con queste Costituzioni
il soggetto straniero che viene ad acquisire spesso a prezzi stracciati
capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è totalmente tutelato
perché potrebbe essere espropriato. Dietro la parolina magica
“modernizzazione”, spesso pronunciata da JpMorgan, c”è dunque la tutela
degli interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in
Italia e in altri paesi periferici dell”Unione europea».
Scrisse l”ex Cancelliere socialdemocratico tedesco Willy Brandt: «Bisogna correggere la democrazia osando più democrazia».
Fonte: http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=101064&typeb=0&Si-scrive-Renzi-si-legge-JpMorgan.
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