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'Il ''piano'' di Schaeuble: devastare i sistemi bancari del resto d''Europa'

'La UE: un dispositivo ''comunitario'' costrittivo senza alcuna regola uguale per tutti. Più sei piccolo e/o debole, meno potere contrattuale ti spetta. [Claudio Conti] '

'Il ''piano'' di Schaeuble: devastare i sistemi bancari del resto d''Europa'
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30 Dicembre 2015 - 00.43


ATF

di Claudio Conti.


L”Unione Europea è un
dispositivo “comunitario” costrittivo senza alcuna regola uguale per
tutti. Più sei piccolo e/o debole, meno potere contrattuale ti spetta.
Peggio ancora, è una fisiologia che non funziona e che produce anticorpi
potenti. 


È noto che non esiste un
metodo di risoluzione dei problemi e dei contrasti. O meglio, un metodo
si è affermato nel tempo, nella prassi. Consiste nell”arrivare a un
punto di crisi quasi devastante e a quel punto “trovare una quadra” tra
interessi anche nazionali divergenti, sotto la spinta dei
capitali multinazionali più forti che devono necessariamente imporsi
attraverso soggettività politiche dominanti nell”Unione. Il ruolo della
Germania si è rafforzato in questo modo, sul piano
politico-istituzionale, di pari passo con la ristrutturazione di molte
filiere produttive intorno alle imprese o alla finanza “based in
Germany”.

In filosofia politica
questo metodo ha avuto – non per caso – un teorico naturalmente tedesco e
decisamente reazionario. Il Carl Schmitt di “sovrano è chi decide nello stato di eccezione”. Nel momento di massima crisi, in altri termini, la soluzione è imposta (orientata, suggerita, preparata) dal più forte. Non dal più giusto, più “corretto”, più “rispettoso delle regole”. 


La contraddizione
originaria della costruzione europea è del resto quella tra una tensione
politica unificante e una realtà fatta di notevoli differenze sul piano
economico, sociale, istituzionale. 

Il “trasferimento di sovranità”
verso le istituzioni sovranazionali è dunque avvenuto a pezzi, partendo
dalla creazione prima di un mercato comune, poi di una moneta unica (ma
non condivisa da tutti i paesi membri), sotto la vigilanza di
istituzioni che solo formalmente possono esser definiti “comunitarie”,
visto che i pesi nazionali relativi sono lì dentro quasi sempre
predominanti. 

Si può insomma vedere una Unione Europea durissima, ai
limiti delle ferocia, nei confronti della piccola Grecia; ma
difficilmente si andrà oltre qualche mugugno nei confronti delle
violazioni tedesche o francesi.

Il passaggio sull””unione
bancaria” sta oggi dominando l”agenda europea più delle minacce di
guerra, e mostra che il cosiddetto “terzo pilastro” – con molta
probabilità – non potrà più esser costruito, lasciando così
pericolosamente squilibrata una costruzione che anche completata avrebbe
avuto comunque grossi problemi. Stiamo parlando della “condivisione dei
rischi”
in caso di crisi bancarie, con l”assicurazione europea sui depositi.


La recente querelle tra l”italietta renziana e la Ue sul
“salvataggio” delle quattro banche dello scandalo d”autunno (più una
quinta, TerCas, su cui si è ripetuto il contrasto) ha messo a nudo il
fatto che non ci sono affatto “regole europee comuni” per casi come
questo. Il sistema bancario tedesco – e anche quello francese – ha
problemi enormi, probabilmente superiori a quelli italiani, ma lì si è
proceduto con iniezioni di denaro pubblico anche in tempi recentissimi.


Le contraddizioni e i contrasti su questa materia si vanno insomma
addensando, prefigurando un momento di crisi in cui tutta l”Unione
Europea sarà chiamata a un capezzale per definire quali siano le regole
da applicare anche in futuro.


Non è che non ci siano idee in proposito, soprattutto nel governo
tedesco, ma si tratta di soluzioni che aprono la strada all”esplosione
del sistema bancario europeo, ovvero alla sua “ri-nazionalizzazione”.
Una lettera inviata da Wolfgang Schaeuble al
capo della Commissione Finanza e Bilancio del Parlamento tedesco è
stata al centro di un preoccupato articolo di Carlo Bastasin,
editorialista de
IlSole24Ore,
apparso in due versioni leggermente differenti – ma con due titoli di
assai diversa drammaticità – sul quotidiano di Confindustria e sul sito
di
Brookings Institution, considerato il miglior think tank globale.

Il
“piano” di Schaeuble è semplice e “automatico” come tutti i piani che
sono stati partoriti fin qui. “Automatico” perché non deve poter essere
più oggetto di interpretazione o sottoposto a condizioni di
applicabilità che potrebbero variare col tempo. “Semplice” per
l”identica ragione.
Del resto, premette lo stesso Bastasin, ”Il governo tedesco sembra aver perso fiducia verso qualsiasi forma di governance
centralizzata, e potrebbe ora cercare solamente di proteggere i
contribuenti tedeschi da qualsiasi condivisione dei potenziali costi
delle crisi dei debiti pubblici negli altri paesi.
”


L”idea
di fondo è antica: i sistemi bancari nazionali sono strettamente
irrelati con i titoli del debito pubblico nazionale, visto che è prassi
ovunque che le banche private facciano incetta di titoli di stato,
piazzandoli poi in gran parte presso la propria clientela al dettaglio
(Il famoso “popolo dei Bot”). Dunque, visto che i debiti pubblici
nazionali sono molto diversi per dimensione e rischiosità, invece di
procedere in direzione della “condivisione dei rischi” secondo Schaeuble
bisognerebbe delineare “
meccanismo
automatico di ristrutturazione del debito pubblico per qualsiasi paese
europeo che richieda assistenza finanziaria. Una volta che un paese ha
chiesto aiuto tramite il Meccanismo Europeo di Stabilità (un fondo
creato ad hoc nel 2012), quale che sia la ragione, i tempi di scadenza
dei titoli pubblici saranno automaticamente prolungati, riducendo il
valore di mercato di questi titoli e provocando gravi perdite a chi li
detiene”.


Tradotto per i non addetti ai lavori: se chiedi aiuto ti ammazzo.


Un assaggio di questa terapia di fine vita lo si è avuto con le crisi di Grecia e Cipro. In quest”ultimo caso ha preso corpo il bail in,
per cui le perdite di una banca vanno addebitate ad azionisti e
obbligazionisti, ma anche ai correntisti al di sopra dei 100.000 euro.
Però, se viene a mancare una “garanzia comunitaria”, non è detto che
anche i correntisti ben al di sotto di quella cifra – i normali operai,
impiegati, pensionati costretti ad aprire un conto corrente per poter
ricevere lo stipendio – possano dormire sonni tranquilli. Anche
l”eventuale “garanzia nazionale”, fornita fin qui dallo Stato di
appartenenza, potrebbe facilmente esser considerata “aiuto di stato” e
quindi vietata.


Ma
anche a prescindere dall”identità di chi viene chiamato a pagare per un
fallimento bancario, questo meccanismo “nazionalizza” i problemi nel
mentre stesso rende impossibile qualsiasi soluzione. Più è debole lo
stato nazionale, infatti, meno margine di manovra avrà per salvaguardare
gli istituti di credito “basati” sul proprio territorio ed anche i
risparmiatori relativi.


In
realtà una soluzione, secondo questo piano, c”è, anche se resta sullo
sfondo. Le ondate di fallmenti e impoverimento di grandi fette di
popolazione lascerebbe campo aperto a “soluzioni di mercato”, come –
senza troppa fantasia – l”irruzione di istituti di credito “comunitari”
(mgari gli stessi salvati a forza di denaro pubblico “in patria”) in una
terra desolata e ormai fortemente indebolit sul piano dell”eutonomia
finanziaria. Dunque anche economica.


Il rischio, evidente, è che
in questo modo l”Unione Europea venga “rotta dall”alto”, dai soggetti
più forti. Mentre qui ancora ci si balocca con concetti ormai vuoti come
“l”Europa”.


*****


Titolo su Brookings: La soluzione finale di W. Schäuble: ristrutturare i debiti pubblici europei


Titolo sul Sole24Ore: Il piano tedesco su debito e aiuti Ue


Carlo Bastasin, 15 dicembre 2015


Un piano tedesco per
riformare l’eurozona propone un meccanismo automatico di
ristrutturazione dei debiti sovrani. Questo meccanismo, progettato dal
Ministro delle Finanze tedesco, ha lo scopo di impedire qualsiasi forma
di condivisione dei rischi tra i paesi dell’eurozona, e di confinare i
costi dell’instabilità finanziaria e fiscale il più possibile
all’interno dei paesi più deboli. Dal punto di vista dei default sul
debito, il piano può imporre maggiore disciplina, però rischia anche di
esacerbare qualsiasi futuro episodio di instabilità finanziaria.


I 18 paesi dell’area euro
stentano ancora a riprendersi dopo sette anni di difficoltà finanziarie
che hanno minacciato la sopravvivenza stessa della moneta unica. Dal
2010 si è assistito ad una sfilza di proposte su come migliorare la
centralizzazione della governance dell’area economica dell’eurozona, o
al contrario su come decentralizzare i rischi e limitarne la
condivisione. Il governo tedesco sembra aver perso fiducia verso
qualsiasi forma di governance centralizzata, e potrebbe ora
cercare solamente di proteggere i contribuenti tedeschi da qualsiasi
condivisione dei potenziali costi delle crisi dei debiti pubblici negli
altri paesi.


Il piano è descritto in una
lettera inviata fine novembre dal Ministro delle Finanze al capo della
Commissione Finanza e Bilancio del Parlamento tedesco. La lettera, non
pubblicata, prescrive un meccanismo automatico di ristrutturazione del
debito pubblico per qualsiasi paese europeo che richieda assistenza
finanziaria. Una volta che un paese ha chiesto aiuto tramite il
Meccanismo Europeo di Stabilità (un fondo creato ad hoc nel 2012), quale
che sia la ragione, i tempi di scadenza dei titoli pubblici saranno
automaticamente prolungati, riducendo il valore di mercato di questi
titoli e provocando gravi perdite a chi li detiene.


Il meccanismo
trasformerebbe i titoli pubblici dell’eurozona in asset finanziari più
rischiosi — è questo anche l’obiettivo di un’altra proposta del governo
tedesco, che mira a eliminare l’eccezione normativa che permette alle
banche di detenerli senza dover possedere riserve di capitale per
coprire le eventuali perdite. Secondo un’interpretazione piuttosto
astratta del modo in cui funzionano le economie europee, rendere
esplicitamente più rischiosi i titoli sovrani incoraggerebbe banche e
famiglie a evitare di sottoscriverli alla leggera. I governi avrebbero
meno incentivi ad accumulare debito. Le banche eviterebbero a loro volta
di investire in titoli pubblici e forse si impegnerebbero maggiormente a
prestare denaro all’economia reale. L’efficienza economica in tutta
l’eurozona aumenterebbe.


Purtroppo però stabilire un
meccanismo automatico per sanzionare le situazioni economiche
problematiche che si vorrebbero evitare può, nei fatti, renderle ancora
più probabili. I titoli pubblici hanno un ruolo unico e fondamentale per
il sistema finanziario dell’eurozona. Pertanto, una volta che i titoli
sovrani nei paesi dell’eurozona sono diventati più rischiosi, l’intero
sistema finanziario potrebbe diventare più fragile, e questo potrebbe
influenzare negativamente la crescita e la stabilità finanziaria. Da
ultimo, anziché imporre una sana disciplina ad alcuni paesi membri, il
nuovo regime potrebbe ampliare i differenziali di rendimento dei titoli
di stato e rendere impossibile la convergenza dei debiti, aumentando la
probabilità di rottura dell’eurozona.


Il piano di Berlino va in
parallelo all’idea che il contenimento della crisi sia solo una
questione che riguarda i paesi più colpiti. Si basa inoltre
sull’assunzione che qualsiasi forma di condivisione del rischio fornisca
ai governi gli incentivi sbagliati, producendo moral hazard.
Comunque, come la crisi ha dimostrato, la vulnerabilità finanziaria può
avere origini non fiscali ed essere il risultato di problemi comuni;
sanzionare i singoli paesi può generare un’instabilità che potrebbe
degenerare in una nuova crisi.


Il documento del governo
tedesco dimostra una sfiducia fondamentale verso gli atteggiamenti
fiscali degli altri governi. L’applicazione ripetuta delle “clausole di
flessibilità” per sottrarre alcune spese con finalità specifiche dal
conteggio del deficit sta facendo storcere il naso a Berlino. Il governo
tedesco guarda con disprezzo la Commissione Europea, considerandola
troppo esposta ai ricatti dei governi nazionali, con particolare
preoccupazione per l’ascesa dei movimenti populisti e anti-europei.
Negli anni passati la cattiva gestione della crisi ha reso l’idea di una
governance fiscale centralizzata sempre meno attrattiva anche per gli
altri paesi dell’eurozona. L’applicazione asimmetrica delle regole, le
decisioni fuori luogo e al momento sbagliato, la tendenza ad applicare
la “legge del creditore” anziché gli interessi comuni, nonché certe
propensioni ideologiche, hanno fatto venire meno la fiducia verso le
decisioni comuni. I governi nazionali, ciascuno a suo modo, stanno
passando da una timida propensione a condividere il rischio a una decisa
volontà di decentralizzare qualsiasi rischio, come unica ed esclusiva
modalità di gestione dell’unione monetaria.


Nel considerare la minaccia
di una ristrutturazione del debito come politica efficace per imporre
la disciplina, Berlino chiede che i titoli di debito pubblico perdano la
loro condizione di asset considerati privi di rischio. Quest’ultima
“eccezione normativa” faceva in modo che le banche accumulassero titoli
di debito sovrano nel loro bilancio senza la necessità di incrementare
il proprio capitale. Nel documento inviato al Bundestag, il Ministro
delle Finanze propone che l’eurozona anticipi la regolamentazione
internazionale nel riconoscere la specifica rischiosità dei titoli di
debito sovrano. Una volta che sia stato stabilito che i titoli pubblici
sono a rischio come tutti gli altri, le banche saranno incoraggiate a
ridurre l’ammontare di titoli di Stato che detengono, rompendo il
circolo vizioso che ha caratterizzato la crisi, col finanziamento del
debito pubblico che minacciava la stabilità bancaria e viceversa.
Secondo il documento di Berlino, i paesi dell’eurozona dovrebbero anche
ridurre in modo permanente i loro livelli di debito pubblico su PIL. Per
poterlo fare, Berlino vuole impedire che ciascun paese invochi clausole
di flessibilità. In particolare, la richiesta italiana di flessibilità
ha ottenuto un certo cedimento da parte della Commissione Europea
durante i negoziati. La Francia non si pone nemmeno il problema di
ottenere l’autorizzazione per le sue generose politiche fiscali. Nelle
trattative coi primi ministri dell’eurozona, il presidente della
Commissione Europea Juncker è stato costretto a scegliere tra
autorizzare i governi in carica ad ampliare i loro deficit per ogni
sorta di ragioni oppure fomentare i movimenti populisti anti-europei che
vogliono mandare all’aria l’intera unione monetaria. Questa specifica
debolezza nella coordinazione delle politiche fiscali a livello
centralizzato ha convinto le autorità tedesche a chiedere la
decentralizzazione dei rischi e un controllo depoliticizzato.



“Il ruolo di sorveglianza della Commissione” – dice il documento sottoscritto dal Ministro delle Finanze “non deve limitarsi a degli obiettivi politici“.
Per rendere il giudizio di Bruxelles indipendente dalle convenienze
politiche, Berlino mira a separare la funzione di supervisione svolta
dalla Commissione dal suo ruolo nell’orientare le scelte politiche. In
alternativa, il controllo delle politiche fiscali potrebbe essere
consegnato a una nuova istituzione tecnica e indipendente. Se questi
meccanismi dovessero ancora fallire nel tenere a freno il debito
pubblico, allora la minaccia di un semplice meccanismo automatico di
ristrutturazione del debito farà il trucco: i mercati diventeranno
subito estremamente sensibili alla mancanza di disciplina fiscale, e
puniranno ciò che i politici perdonano.

Fonte: http://www.contropiano.org/economia/item/34485-il-piano-di-schaeuble-devastare-i-sistemi-bancari-del-resto-d-europa.

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