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Meglio Cassandra che Pangloss

La storia è piena di oracoli, eretici, scienziati, vecchi saggi e matti che, inascoltati e ingiuriati, hanno previsto sciagure immani che si sono poi effettivamente verificate.

Meglio Cassandra che Pangloss
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23 Aprile 2016 - 14.55


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di Matteo Minelli



I profeti dell’Apocalisse non hanno mai
avuto vita facile. Si sa: chi predice sventure e terrore finisce per
non star simpatico alla gente. Eppure la storia, più o meno mitologica, è
piena di oracoli, eretici, scienziati, vecchi saggi e matti che,
inascoltati e ingiuriati, hanno previsto sciagure immani che si sono poi
effettivamente verificate.


Per prima toccò a Cassandra, sacerdotessa di Apollo e principessa di
Troia. Pregò il padre di uccidere il neonato Paride, futuro distruttore
dell’amata patria, e non fu ascoltata. Urlò ai quattro venti che la
spedizione dei suoi fratelli a Sparta, ove venne rapita Elena, sarebbe
stato l’inizio della fine e nessuno le credette. Si strappò le vesti ed
imprecò per convincere i suoi concittadini che nel famigerato cavallo
erano nascosti i soldati greci eppure, a parte il povero Laocoonte, non
si alzò una voce a sostenere la sua tesi. Ebbene sappiamo tutti com’è
finita la storia: la città in fiamme, i troiani sterminati, Cassandra
stuprata dal barbaro Aiace.



Purtroppo la celebre sacerdotessa non è che la capostipite di una
progenie di profeti senza seguaci. E non stiamo parlando soltanto di
figure epiche o di isterici predicatori medievali, stiamo parlando di
tutti quei piccoli uomini, le cui vicende spesso sono ignote alla grande
storia, che avevano previsto eventi funesti di ogni sorta ma che
dinnanzi alla cieca, stupida sicumera di qualcuno con troppe certezze
non hanno potuto impedire che il disastro avvenisse. Nessuno si ricorda
di loro e talvolta risulta perfino impossibile risalire ai loro nomi,
fagocitati da quell’oblio in cui i medesimi colpevoli dei disastri li
hanno relegati.
 

Ci riferiamo a persone come il telegrafista del mercantile California che
alle ore 23.00 del 14 aprile 1912 avvisò il marconista del Titanic, un
certo Philips, della presenza di pericolosi iceberg sulla rotta del
transatlantico. Fu rimproverato dal suddetto Philips per il suo zelo.

Pensiamo
a donne come Tina Merlin, staffetta partigiana e giornalista, che
denunciò la pericolosità della diga del Vajont ripetutamente per ben
dieci anni prima che si celebrasse la tragedia. Processata per
turbamento dell’ordine pubblico, fu censurata per un altro quarto di
secolo. Ci vengono in mente uomini come l’ingegner Canovale di Genova,
che già nel 1907, stimò la portata del Bisagno in piena intorno ai 1200
metri cubi al secondo. Se invece di deriderlo le autorità lo avessero
ascoltato, il torrente cittadino non sarebbe stato rinchiuso in una
gabbia di cemento incapace di trattenere le sue acque e probabilmente la
tragedia dell’ottobre 2014 si sarebbe potuta evitare.



Potremmo continuare molto a lungo, citare decine di eroi (perché è
questo l’appellativo che meritano) che si sono battuti nel corso dei
secoli, nel silenzio e nella polvere, per raccontare all’umanità
qualcosa che non voleva sentirsi dire. Ed è così che arriviamo ai giorni
nostri e al tentativo, direi disperato, operato da pochi coraggiosi
lungimiranti di far transitare il concetto che, se la nostra specie non
modificherà radicalmente il suo rapporto col pianeta Terra, finirà per
estinguersi in tempi relativamente brevi. Eppure nessuno li prende
seriamente in considerazione. Perché tanto è più grave la denuncia,
tanto più troverai persone che si volteranno dall’altra parte e
alzeranno le spalle disinteressate. Per questo sono convinto che gli
illustri uomini di scienza che portano prove su prove a sostegno della
loro tesi sulla fine della specie umana debbano sentirsi un po’ come la
povera Cassandra. Sai di aver ragione, sai di essere supportato da
schiaccianti prove empiriche, sai di essere tremendamente nel giusto ma
nonostante ciò assumi le sembianze di uno di quegli uccellacci del
malaugurio che vanno zittiti, anche a colpi di fucile, se serve.



Purtroppo oggi come ieri i profeti dell’Apocalisse sono circondati da
una infinità di Pangloss che, convinti di vivere nel migliore dei mondi
possibili, finiranno sempre e comunque per negare l’imminenza del
pericolo. Che i panglossisti moderni siano mossi più da interessi
personali che dallo spirito ottimistico che caratterizzava il
personaggio partorito da Voltaire è sicuramente un fatto, ma è
altrettanto vero che una pericolosa superficialità serpeggia all’interno
della nostra specie.



Chi altri se non un superficiale infatti non considererebbe mortale la
bomba ecologica che abbiamo innescato e irriderebbe gli studi
scientificamente tragici che ci sono forniti? Ogni anno 18 milioni di
ettari di foreste se ne vanno in fumo ( Global Forest Watch), 250.000 km
quadrati di oceani sono diventate aree senza vita (Global Ocean
Commission), il 43% del globo è prossimo alla desertificazione (ONU),
entro quindici anni la disponibilità di fonti idriche calerà di oltre il
40% (World Water Developement), i ghiacciai si sciolgono, la
temperatura sale, l’erosione dilaga e gli ecosistemi collassano.  Tutto
ciò mentre gli uomini da soli consumano metà della produttività netta
primaria del pianeta, ovvero si appropriano della metà di tutti i
composti organici presenti nell’atmosfera o nell’acqua da cui
direttamente o indirettamente dipende tutta la vita sulla Terra.



Giunti a questo punto anche noi potremmo smetterla di parlare di
estinzione della nostra specie, potremmo sederci su quel comodo divano
che non conosce ancora la forma del nostro fondoschiena, potremmo
prendere quel telecomando che non ricorda le nostre impronte e accendere
quel televisore che non ci ha mai visto in faccia. Diventare, anche
noi, tanti piccoli Pangloss che tra una foresta in fiamme, una
contaminazione d’amianto e una discarica a cielo aperto, aspettano col
sorriso dello stolto la dipartita degli uomini.

Ma noi non lo faremo, anzi continueremo a parlare di deforestazione,
zone morte nei mari, desertificazione, impoverimento del suolo e
soprattutto continueremo ad annunciare il collasso dell’umanità. Saremo
ancora Profeti dell’Estinzione, non per emulare la povera Cassandra, ma
semplicemente perché non vorremmo fare la sua stessa fine: morire in
mezzo a coloro che non hanno mai voluto ascoltarci.

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