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In questo momento la carta PdN serve a tutti e due i giocatori: a Renzi nella sua partita nel Pd e a Berlusconi in quella con Salvini. [Simone Lombardini]

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8 Dicembre 2018 - 08.07


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di Simone Lombardini

 

Anche gli ultimi due bastioni dell’europeismo liberista hanno cominciato a vacillare: in Spagna alle ultime elezioni dell’Andalusia, storica zona “rossa”, il Partito Socialista e il Partito Popolare perdono insieme 15 punti percentuali dei consensi, quasi tutti catalizzati nel nuovo partito populista nazionalista Vox, nato appena 4 anni fa. In Francia l’esperimento Macron, è stato costretto a subire una battuta d’arresto di fronte alle oceaniche proteste dei “gilet gialli” e potrebbe essere destituito nel giro di poche settimane se i manifestanti non si fermeranno. In tutta Europa soffia il vento del populismo, in aperta contrapposizione al liberalismo dei globalists, dei no borders, dei paladini del mondo sans frontiéres. Da ovest in Spagna ad est in Ungheria, da nord in Olanda al sud in Italia con il primo esperimento di un governo di “coalizione populista”. (Già, perché di populismo non c’è n’è uno solo, ma almeno di due tipi, e la Francia ne è l’esempio più avanzato: populisti socialisti alla Mélenchon e populisti nazionalisti alla Le Pen). Persino il centro Europa, la Germania, sembra ormai in difficoltà a gestire il dissenso interno. Il tutto alla vigilia delle elezioni europee.

Non c’è da stupirsi, allora, che mentre i populismi raccolgono successi,dall’altra parte il nemico si muova e cerchi un ultimo tentativo nella disperata speranza di salvare tutto all’ultimo momento. Le forze liberali, avanguardie della globalizzazione capitalistica, si stanno organizzando per arginare le spinte “eversive” dei populisti, e in Italia, quello che sembrava un cadavere, potrebbe tornare redivivo a far suonare le sue sirene per l’ultima adunata europeista: Matteo Renzi.

È notizia del 1° dicembre, data dal Fatto Quotidiano, l’apertura ufficiosa del senatore FI Paolo Romani al progetto di un “Partito della Nazione”, che dovrebbe comprendere una fetta importante del PD e di FI. Nelle parole di Romani: “Il bipolarismo centrodestra centrosinistra è ormai superato dal nuovo bipolarismo Lega-Cinque Stelle (contro i liberali, n.d.a.). Siamo all’interno di uno scenario diverso dal passato. Servono nuovi strumenti della partecipazione politica, nuovi strumenti di comunicazione della politica. E poi c’è bisogno di un nuovo progetto per la politica e il mercato della politica”.

In realtà non si tratta di un’idea nuova: Renzi aveva iniziato a caldeggiare questa ipotesi ancora prima del referendum sulla modifica della Costituzione. Quattro anni fa, per la prima volta, Renzi parla di questo fantomatico “Partito della Nazione” quando dichiara: “Se il Pd pensa di essere il partito della nazione deve avere strumenti elettorali in grado di contenere anche realtà diverse. Spero che per Gennaro Migliore, con l’esperienza di Led, fino ad Andrea Romano e a quella parte di Scelta Civica o Italia Popolare che vuole stare a sinistra, ci sia spazio di piena cittadinanza” (22 ottobre 2014, Fatto Quotidiano). Successivamente, si erano segnalate indiscrezioni di apertura al medesimo progetto proprio alla vigilia del referendum costituzionale con l’allora senatore Verdini (4 marzo 2016, Fatto Quotidiano).

In questo momento la carta PdN serve a tutti e due i giocatori: a Renzi nella sua partita nel Pd e a Berlusconi in quella con Salvini. Ora, con tutti gli schieramenti liberali in evidente affanno, si spera di fare una grande alleanza che vada dalle forze riconducibili a LEU sino a Forza Italia per resistere all’avanzata dei populismi, ma in politica non vale la somma aritmetica dei voti quando le intese diventano troppo larghe. Peraltro è la solita minestra riscaldata: Per un quarto di secolo Bill Clinton, George Bush, Barack Obama hanno rappresentato il cosiddetto “Partito della Nazione”: Angelo Codevilla per primo lo descrisse in un libro del 2010, “The Ruling Class” prevedendone il fallimento. Infatti altro non era che un fornicare verticistico della destra e della sinistra, che pur di mantenere il potere rinunciavano ai propri ideali politici. 

Nonostante ciò, qualche giorno fa viene pubblicato ufficialmente l’appuntamento per un’assemblea che molto probabilmente vedrà nascere un nuovo soggetto politico(se non sul momento quasi sicuramente nelle settimane successive). Si tratta di un appello intitolato “Cittadini, la Rivoluzione Liberale”, diretto a quel pubblico indifferenziato di “liberali moderati” che non a caso è proprio il bacino in cui FI e il PD pescano ancora voti. La data è per il prossimo 16 dicembre. Il promotore è un certo Gianfranco Passalaqua, nome che dirà poco a molti perché appunto l’intenzione è far percepire l’evento come una democratica assemblea di anonimi cittadini che si raduna preoccupata per l’avanzare dei populismi. In verità, Passalaqua è un assiduo frequentatore di Radio Radicale, è il coordinatore nazionale di Sinistra Liberale e membro di Libreal PD, un circolo culturale del Partito Democratico.

L’appello dell’assemblea si richiama esplicitamente agli ultimi due esperimenti europeisti lanciati proprio in Spagna e Francia per fermare i populismi: “Altrove, in Spagna con Ciudadanos, in Francia con En Marche, in Germania con la rinnovata vitalità di liberali e verdi, altrove con il rilancio dell’iniziativa liberale, si sono gettate le basi per un processo nuovo, che avrà nelle elezioni europee del prossimo maggio il suo passaggio obbligato. L’Italia non può restarne fuori. […] Sono alcune questioni che solo cittadini con solida coscienza civile, visione, retroterra culturale di segno liberale, pienamente figli della società aperta, possono, possiamo, porre, senza compromessi al ribasso. Su queste basi promuoviamo una convenzione nazionale a Roma il 16 dicembre prossimo.” Questo tra l’altro spiegherebbe l’improvviso ritiro della candidatura di Minniti, con sua non poco manifesta rabbia.

In realtà la loro strategia potrebbe anche essere più complessa della semplice formazione di un unico “partitone” anti-populista. Al “Forum per l’Italia”, evento che ha raccolto tutta la segreteria PD in un momento di riflessione dialettica interna, è diventato virale e forse ha segnato la linea del partito, l’intervento di Massimo Cacciari. Durante il suo lungo discorso (visibile su YouTube), in cui è palpabile la paura che aleggia nella sala, Cacciari invita la platea, quasi in una supplica, a trovare la volontà di restare uniti e di resistere per “evitare il disastro” che, in riferimento alle elezioni europee, definisce senza mezzi termini come “un’affermazione dei nazionalismi e dei sovranisti che renda impossibile una coalizione tra le forze tradizionali che hanno sinora retto il parlamento europeo”. E per questo rigetta l’ipotesi di “listoni” accomunati dal solo europeismo, che, in effetti, potrebbero essere più deleteri che d’aiuto. Lancia invece l’idea di presentarsi alle elezioni con “tante punte diverse” (ergo partiti) che partendo da prospettive politiche differenti, da quelle liberali, passando per quelle socialdemocratiche sino a quelle della “sinistra radicale”, siano però tutte legate da una visione europeista comune, dove ogni lista nazionale sia collegata espressamente a quelle sorelle degli altri paesi.

Se si seguisse questa strategia, il nuovo Partito della Nazione avrebbe lo scopo di raccogliere il consenso del nocciolo duro degli europeisti duri e puri così che all’improvviso FI e il PD si troverebbero rispettivamente la prima più a “destra” e la seconda più a “sinistra”, permettendo una rigenerazione d’immagine e forse di consensi per entrambi i partiti. Grazie al PdN si potrebbero riassorbire i voti di chi oggi in FI è scontento di Berlusconi e vota Lega e di chi nel PD è deluso da Renzi e ha votato 5 stelle. La somma dei voti di questa partitura politica potrebbe essere maggiore di quella attuale e forse sarebbe sufficiente a fermare i populismi. Tutti, infatti, in questo scenario, sia il futuro PdN (se così si chiamerà), sia il PD, sia FI e le loro varie propaggini (PiùEuropa, Leu, DC), sarebbero “segretamente” alleati perché tutti avrebbero un nemico comune: il populismo; e un fine comune: l’Unione Europea (liberale).

 

 

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