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di Giulietto Chiesa.
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Sono andato a votare. Credo che molti, come me, abbiano provato la stessa sensazione: quella che preavverte della prossimità di grandi cambiamenti.
Ho citato, in un tweet recente, una frase di Friedrich Dürrenmatt, che qui ripeto: «Anche un ordine apparente, quando viene distrutto, produce disordine». Ne aggiungo ora un”altra, dello stesso scrittore: «Nulla è necessario. Il gioco può interrompersi ad ogni momento».
Poi sono entrato nella cabina di voto e ho aperto le schede. Ho guardato per un attimo i colori e la scomposta confusione d”idee che rappresentavano. Mi è venuto in mente il titolo che Eugenio Scalfari ha dato al suo editoriale: «Tramonta un sistema di patacche e di bugie».
Più vero di quanto non immagini il suo autore, un tempo spirito libero e ora, ai miei occhi trasformato in un freddo, insopportabile conservatore. Anzi reazionario.
Poi ho contato le decine di simboli su quelle schede. Quella “democratica” (un po” comica) molteplicità è – ho pensato – il risultato di un furto. Furto di democrazia reale, perpetrato anni fa, con il consenso quasi unanime dei partiti, in primo luogo del giornale allora diretto da Eugenio Scalfari, in buona compagnia con gli antesignani dell”attuale Partito Democratico.
Il passaggio al bipartitismo “anglosassone” fu l”inizio della fine della democrazia in Italia.
E avvenne con la benedizione e il consenso dei derubati.
Fu fatto convincendoli che, in tal modo, si sarebbe andati verso una maggiore governabilità . E i derubati acconsentirono.
Ma non era questo l”obiettivo. Coloro che lo promossero non volevano governare: volevano comandare.
Hanno comandato, infatti, contro il popolo.
Ora è il popolo che deve riprendersi la democrazia che gli è stata tolta. Per riuscirci dovrà capire che è stato ingannato.
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